Luciachiara Palumbo - Via D'Aquino
La via
che spacca in due metà il borgo umbertino prende il nome di Via D’Aquino,
confluente, dopo la Piazza Maria Immacolata, in Via di Palma.
Essa rappresenta
il centro di Taranto, costeggiata da negozi storici e nuovi, fulcro di
attenzione dei cittadini che amano “fare shopping” o solo guardare le vetrine.
Io, piuttosto, preferisco considerarla la strada delle Processioni e dei
cortei, la strada che meglio si presta come palcoscenico della cultura e della
tradizione tarantina. In Settimana Santa, Via D’Aquino viene adornata dai
cordoni verdi che, da un lampione all’altro, separano la folla numerosa dai
riti, garantendo la sicurezza per chi partecipa attivamente e non.
I momenti
che la vedono scenario delle nostre tradizioni pasquali sono molteplici, per
cui uno stesso isolato, fotografato in diversi istanti, assume sfaccettature
diverse, date dal colore del cielo che fa da sfondo. Rossicci pomeriggi, serate
offuscate da qualche nuvola e mattine soleggiate la vedono percorsa da
confratelli diversi, che la rendono una nuova Gerusalemme per il passaggio dei
simulacri rappresentativi della Passione di Gesù.
Giunti in Piazza, poi, la
strada si biforca in corrispondenza della fontana ed è noto che qualche
“folle”, come me del resto, tenda sempre a percorrere il lato destro, in
direzione arsenale, perché è proprio da lì che passa la Processione dei
Misteri. Allora ogni qualvolta si cammini per la bella via D’Aquino la mente
viaggia nel passato e nel futuro, tra ricordi e desideri relativi a ciò che
verrà. Quando poi le giornate si allungano, passato il Natale, la strada si
illumina di quella luce tipica del nostro periodo, motivo per cui ci si
sofferma di più immaginando di vedere già davanti a noi le poste di perdune in
pellegrinaggio ai Sepolcri.
I bambini piccoli, più che mai curiosi e timorosi,
si avvicinano ai “fantasmi”, mentre i ragazzi più grandi si fermano a guardare
e talvolta, purtroppo, amano ridere e scherzare di quello strano e
incomprensibile sacrificio. Generazioni e generazioni si sono assiepate ai
cordoni e alle transenne, segnandosi con la croce e rivolgendosi in preghiera
alle bellissime Statue che rendono il Mistero della Morte e Resurrezione di
Gesù più vicino a noi e a tratti comprensibile.
Oggi, come si può leggere in
alcune considerazioni spiacevoli sui nostri social network, il popolo non
accoglie più tanto devotamente i nostri riti, commentando di continuo e
“spettegolando” al passaggio della Processione… Si cerca ostinatamente di dare
un volto ai tanti cappucci bianchi e si biasima la loro scelta di offrire in
dono i loro risparmi per partecipare a questo momento di Fede.
Chi è dentro al
corteo non si cura minimamente delle chiacchiere inutili, segno che vi è una
reale motivazione alla base di questo durissimo sacrificio.
Così la notte dei
Misteri, lunghissima e brevissima notte, si estende all’orizzonte mentre il troccolante
raggiunge l’angolo di Via Acclavio e piano piano l’intero corteo si allinea
sulla Via. E’ questo il momento di massima confluenza della gente ai bordi
delle strade, a tal punto da apparire realmente impossibile camminare e si ha
la percezione di restare intrappolati tra la folla. Sono questi gli istanti che
costruiscono nella mente dei più piccoli “l’immagine” della Settimana Santa: la
confusione, il passaggio davanti a tutti per poter vedere meglio la
Processione, il pavimento freddo quando ci si siede a terra e questi strani
signori che camminano a passo normale nonostante abbiano l’abito e siano
incappucciati esattamente come gli altri.
Una decina di anni fa anche io e mio
fratello eravamo due bambini dietro una transenna o un cordone. Lui, fortissimo
e coraggioso salutava i mazzieri e io ogni volta indietreggiavo, spingendo chi
era dietro di me. Paura? No… inquietudine, che ancora provo nonostante abbia un
incappucciato per fidanzato.
Quando
poi anche l’Addolorata si volge sulla via principale, il
grosso palco, allestito in Piazza della Vittoria per i turisti, inizia a
svuotarsi e la fiumana di gente popola i corridoi aldilà dei cordoni. Il nostro
Arcivescovo, dal balcone della Chiesa del Carmine, invita il popolo tarantino
ad un momento di preghiera e riflessione, nel mentre in cui le ultime due
statue, vera origine della nostra Processione, si dispongono proprio sotto di
esso.
Terminato il discorso, si riprende il lento cammino, desiderato
fortemente da chi indossa l’abito e da chi osserva, partecipando emotivamente.
“La notte è ancora lunga”, solo questo pensiero addolcisce e conforta
l’immagine di un domani malinconico che già si insidia nella mente di chi ha
tanto atteso questo magico momento
lunedì 9 aprile 2018