Si avvicinava il 15 e il mio cuore era gonfio di emozione … stava per realizzarsi uno dei miei più grandi sogni. Chi mi era stato accanto durante l'anno era arrivato ad un limite di sopportazione veramente basso. Non parlavo di altro se non del giorno in cui finalmente sulle mie spalle sarebbe calato lo scapolare. Costringevo i miei amici ad accompagnarmi nella dura ricerca di una giacca idonea per la gonna e, una volta trovata, appesa ad una gruccia con la restante parte di quello che sarebbe stato il mio abito di rito, la accarezzavo e toglievo via quei peli del cane immaginari che potevano rovinarla.
Ero partita per il campo scout con la testa completamente immersa in altro ma il giorno della partenza avevo preso l'abitino della Vergine e lo avevo infilato nella taschina di sinistra di quella fantastica camicia azzurra. Così in tutte le attività, che in quei dieci giorni mi avevano portato lontano da casa, la Mamma, con cui avevo stretto un rapporto ancor più intimo, era stata con me e lì sul cuore lo gonfiava di gioia.
Con la voce rotta dal pianto, il giorno del rientro a casa, avevo invitato la mia famiglia scout a partecipare alla cerimonia che segnava un nuovo inizio e il raggiungimento di un'altra tappa fondamentale della mia vita.
Ed ecco giunto il fatidico giorno… Tra novena, prove e mare erano trascorsi i giorni e Maria iniziava a bussare alla porta del mio cuore sempre più forte. Ero pronta per aprirLe, ero pronta per abbracciarLa e desideravo stringerLa a me con una tale forza che sarebbe stato difficile separarci.
Dopo pranzo, appoggiarsi sul letto era stato inutile, mi giravo, mi voltavo e il caldo si faceva sentire ancora di più. Allora mi ero alzata, avevo preso l'abito e lo avevo sistemato sul letto, avevo preso le scarpe e le avevo pulite (ma non le avevo mai calzate prima) e infine a furia di guardare tutte queste cose pronte, avevo finito per indossarle ad eccezione della giacca troppo calda.
Mi agitavo per casa, mi osservavo allo specchio e … era incredibile… era proprio ciò che desideravo. Cosa potevo fare per calmarmi? "Mamma vado dalla nonna", avevo esclamato. Ero entrata nello studio del nonno e avevo fissato quella poltrona vuota, immaginando il suo volto e il suo sorriso.
Ma neanche ciò mi aveva tranquillizzato. E allora basta, si va al Carmine. Davanti al portone la banda intonava "Orientale" e finalmente, ascoltando quelle note, ero entrata in uno stato di pace, di cui nessuno poteva privarmi. Ultime parole in cappellina e poi tutte in ordine avevamo attraversato quell'enorme porta marrone. E' difficile ora provare a spiegare le emozioni…
Il suono dell'organo, io avanzavo verso di Lei e intorno a me vi erano tutte le persone care, i miei genitori, la nonna, la zia, i miei amici scout che sorridevano… Piangevo, piangevo dentro di me perché ero troppo emozionata per mostrare le lacrime.
E quando era toccato a me, quando dopo aver ricevuto l'abbraccio caloroso della Vergine del Monte Carmelo mi ero voltata indietro per tornare al mio posto, avevo letto l'emozione delle persone che mi avevano accompagnato in questo percorso. Gli occhi lucidi di mamma, le lacrime nascoste del mio migliore amico, l'occhiolino di mia zia … "Mamma grazie, perché non hai solo abbracciato me ma hai toccato il cuore di chi mi circonda", dicevo dentro di me.