martedì 30 settembre 2014



Simone Russo

Entrare nelle nostre amate confraternite è da sempre un momento importantissimo ed emozionantissimo per chiunque faccia questa scelta. 

Del cosiddetto noviziato entrano a far parte sia nella confraternita dell’Addolorata che in quella del Carmine uomini e donne di tutte le età, ma nonostante le differenze anagrafiche tutti siamo accomunati dagli stessi sentimenti che acquistano sfumature particolari in ognuno di noi. 

Da sempre esiste una disputa destinata forse a rimanere aperta per sempre e che divide i confratelli in due categorie: da una parte i fedelissimi, che si legano ad uno solo dei due sodalizi, dall’altra chi decide di legarsi ad entrambi. 

La mia decisione di appartenere alla confraternita del Carmine nasce non solo da una passione per i nostri amati e preziosi Riti della Settimana Santa, ma anche da una voglia di consolidare a vita l’attaccamento alla mia parrocchia, nella quale ho tutti i migliori ricordi legati all’infanzia. 

Realizzato questo sogno il 16 Luglio 2013, ho sentito però che mi mancava ancora qualcosa, avevo bisogno di sentirmi parte anche di quell’altra realtà che apparentemente aveva avuto un ruolo marginale nella mia vita di cristiano e di appassionato della nostra pietà popolare.

Presa la decisione di lanciarmi in questa nuova esperienza, cominciava l’attesa e si faceva più forte la curiosità di sapere di come avrei vissuto questo secondo noviziato, arrivando a farmi porre le domande più disparate: Sarà diverso? Sarà lo stesso? Lo vivrò con la stessa intensità? Saprò poi dedicare il giusto tempo ad entrambe le confraternite? Tutte queste domande hanno trovato risposta con il tempo, tutte le preoccupazioni sono come di incanto svanite quando ho cominciato a frequentare quell’ambiente meraviglioso custodito nel cuore della città vecchia a pochi passi dal luogo dove il mio bisnonno aveva la sua bottega.

 Dopo quasi un anno di preparazione il 15 Settembre 2014 le cose erano cambiate e molto, avevo stretto nuovi legami di amicizia fraterna e avevo consolidato quelli vecchi, l’emozione era palpabile sull’oratorio, eravamo tutti tesissimi e molto emozionati con le fronti bagnate dal sudore e con l’impazienza di scendere stringendo quel fagotto che i collaboratori avevano sistemato con cura piegando la mozzetta, sistemandoci sopra il cappello e adagiando il tutto sulle nostre braccia. 

Entrando in Chiesa lo sguardo è inevitabilmente rivolto a Lei che con il suo dolore ci invita a farci forza anche nei momenti più bui della nostra vita, un inchino dinnanzi all’altare e poi a sedere pronti a pronunciare la nostra promessa con voce decisa ed unanime e finalmente ad indossare quella mozzetta nera tanto attesa e desiderata. 

Quando tutto è terminato non restano che gli abbracci fraterni gli auguri e la bellezza di una sensazione di felicità talmente forte da farmi rivedere tutto ciò che avevo vissuto in quell’anno che tutto sommato era volato. 

Tirando le somme posso dirmi orgoglioso di far parte di queste splendide realtà confraternali, che in due anni circa mi hanno dato la possibilità di crescere sia come persona che come cristiano e che mi auguro possano continuare a farlo anche in futuro, perché dal punto di vista degli affetti e dello spirito non si finisce mai di crescere.