domenica 29 dicembre 2013

Giovanni Schinaia
Corriere del Giorno del 20/12/2013


Musica, luce, profumi, poesia: i frutti della genialità umana e della bellezza della natura preparano alla celebrazione del Natale. Gesti e simboli che parlano direttamente al cuore e, di rimando, all’intelligenza dei fedeli, e preparano così a fare memoria della nascita del Salvatore.

La musica è quella liturgica e popolare. Sono le note e le imperiture sonorità del canto gregoriano e della polifonia che risuonano nelle funzioni liturgiche; è quella musica che, come insegna il Magistero, non si limita a corredare la liturgia, ma ne costituisce parte essenziale. E sono le note delle pastorali e dei mottetti della tradizione, ma anche delle composizioni “alte” di quei grandi autori che sono tornati spesso, nella propria vita artistica, a visitare le tematiche natalizie. Tutta musica “popolare”, nel senso migliore del termine: una musica conosciuta e immediatamente riconosciuta nell’esecuzione da chiunque a qualunque livello. È la musica che ogni anno torna nel tradizionale concerto nella chiesa del Carmine eseguito dal Coro e Orchestra del Monte Carmelo.

La luce è metafora stessa del Cristo, la Luce che viene nel mondo, significata dal fuoco delle candele: le sei candele che ornano il nostro Altare e che fanno corona al Crocifisso, non relegato in un cantuccio del presbiterio, ma al centro, seguendo l’amorevole esempio dei papi Benedetto XVI e Francesco, quasi a significare una nuova menorah, quella della Chiesa di Cristo, “Novus Israel”; e così la luce delle quattro candele della tradizionale Corona dell’Avvento, una per ogni settimana di preparazione al santo Natale. La fila delle candele, nella chiesa del Carmine, si dipana sul presbiterio fra l’altare del sacrificio, da un lato, e il leggio, dall’altro, il trono della Parola; una parola che la notte di Natale, quando ormai le quattro candele saranno tutte accese, sarà significativamente sostituita dalla statua di Gesù Bambino, la Parola che si è fatta carne. Prima di essere riposto sul presbiterio, sulle note del “Tu scendi dalle stelle” di Sant’Alfonso Maria de Liguori, il bambinello sarà portato in processione in chiesa, dal parroco mons. Marco Gerardo, accompagnato, per consuetudine ab immemorabili, dal Priore della Confraternita, Antonello Papalia, con l’ombrellino processionale. L’altra statua del bambinello sarà collocata invece nel Presepe, al centro della navata, allestito quest’anno dai giovani e giovanissimi dell’Azione Cattolica parrocchiale.

Il profumo è quello che si sprigiona dai grani di incenso bruciati sui carboni ardenti; è il profumo che dai turiboli fumiganti sale verso l’alto a significare le preghiere dei fedeli che si innalzano al cielo. L’uso dell’incenso nella liturgia, col suo valore squisitamente sacrificale – si arde qualcosa di prezioso come offerta a Dio – ricorda ai fedeli la natura stessa della Messa come rinnovazione incruenta sull’altare del sacrificio cruento di Cristo in Croce. Nel contesto del Natale quindi ci ricorda l’inscindibile rapporto fra il mistero dell’Incarnazione e della Nascita di Cristo, e i misteri della Passione, Morte e Resurrezione. L’amato papa Giovanni Paolo II insegnava che “il levarsi delle volute di incenso esprime con grande potenza evocativa l’anelito dello spirito umano a librarsi verso l’alto, a superare le angustie quotidiane, per riconoscere il senso della propria esistenza e ricongiungersi con Dio. Con l’incarnazione, il Verbo ha voluto assumere la natura umana ed è entrato in un nuovo rapporto anche con il cosmo, per presentarlo a Dio Padre quale offerta a lui gradita.” (omelia in Santa Maria Maggiore, del 14 agosto 1988).

Infine la poesia, come la musica, frutto dell’ingegno umano. È la poesia dei testi liturgici, il Canone Romano su tutti, che attingono al livello del sublime, almeno quando le traduzioni vernacole ancora lo consentono. È la poesia delle antichissime antifone “O”, le sette antifone che, a partire dal 17 dicembre, introducono il canto del Magnificat nella Liturgia delle Ore. Proprio le antifone “O” sono state oggetto di una catechesi di qualche tempo fa che il Padre Spirituale della Confraternita del Carmine, mons. Marco Gerardo, aveva preparato per Confratelli e Parrocchiani. Dette “O” perché iniziano tutte appunto con l’invocazione “O”, seguita da sette titoli attribuiti a Cristo, uno al giorno fino al 23 dicembre. Sono proprio queste parole a custodire nel loro insieme e nella loro successione un senso poetico e teologico altissimo: Sapienza, Adonai – il Signore, Radice di Jesse, Chiave di Davide, Oriens – stella che sorge, Re delle genti, Emmanuel. Tutte le iniziali degli attributi di Cristo, lette in senso inverso formano la frase latina “ERO CRAS”, “sarò domani”, sarò con voi, nascerò, esisterò. E l’indomani del magnificat del 23 dicembre sarà già tempo ormai per la veglia di preparazione alla nascita del Salvatore.