martedì 17 maggio 2016

Questa volta la voce è quella di un confratello anziano e di una memoria storica dei nostri Riti . Giacinto Laganà che ha risposto a qualche domanda della nostra Luciachiara, buona lettura. 
S.P. 


Luciachiara Palumbo


Il confratello Giacinto Laganà e l'allora maestro dei novizi
Cav. Nicola de Giorgio 


E’ importante per noi giovani, da poco parte della confraternita, conoscere la storia che ci ha preceduto, una storia non solo fatta di avvenimenti ma anche di uomini in carne ed ossa che con la loro semplice presenza hanno reso l’ambiente in cui ci troviamo davvero speciale. Non servono grandi azioni per delineare grandi uomini, ciò che fa di noi ottimi confratelli e consorelle è il sentimento con cui ci accostiamo al Signore in ogni istante della nostra vita. Per questa ragione ho voluto ascoltare la testimonianza del confratello Giacinto Laganà, ben disponibile ad essere punto di riferimento per noi giovani.

Perché diventare confratello? Cosa l’ha spinta ad indossare quell’abito?

“Mi sono aggregato all’allora Confraternita del Carmine il 16 Luglio 1975. Mi aggregai anche grazie al confratello Umberto De Angelis, un po’ più giovane d’età ma con la mia stessa passione. Lui seppe da mio fratello con cui andava a scuola che avevo questa volontà ed insieme decidemmo di presentarci a Giugno al Carmine per capire cosa fare. La passione è nata quando avevo 6 anni e mio padre mi portava a vedere sempre le Via Crucis e le processioni. In modo particolare osservavo la processione dei Misteri nel tratto che percorreva in città nuova dall’angolo della Sem. Sin da bambino sono sempre stato affascinato dai confratelli del Carmine per il loro abito, per la loro compostezza, perché ai miei occhi parevano più completi di quelli dell’Addolorata. Quel giorno ad aggregarci eravamo in 33, tra cui molti giovani. Il corso di noviziato non era come quello di oggi, ci si incontrava un paio di giorni alla settimana per uno due mesi.”

Qual era il desiderio nascosto per quanto riguardava la Settimana Santa? Che ricordo ha della prima processione dei Misteri?

“Ho sempre avuto un obiettivo: la 1° posta davanti a Gesù morto. Riuscii a raggiungerlo il primo anno che partecipai alla processione dei Misteri. Era Venerdì Santo 18 Aprile 1976. Offrimmo 82.000 lire e la nostra gioia fu così immensa che ci aggiudicammo anche la 2°posta del pellegrinaggio il Giovedì Santo. Svolgemmo il pellegrinaggio nel massimo rispetto di quanto ci era stato detto dai nostri maestri dei novizi, i quali ci invitavano alla preghiera dall’inizio fino alla fine del cammino. E noi così facemmo, ci chiudemmo in una preghiera incessante dimenticando per quelle ore il mondo intorno a noi. Non soddisfatti a pieno, il giorno seguente partecipammo al pellegrinaggio mattutino ed avemmo la fortuna di incontrare la Vergine Addolorata e di inchinarci davanti a Lei. Alle 15.30 eravamo su, all’oratorio pronti per indossare l’abito. Alle 17.45 mettemmo i piedi in strada ed intraprendemmo un cammino che non sembrava finire mai. Ricordo che l’insegna Standa in Piazza Maria Immacolata sembrava una meta irraggiungibile. Entrammo a San Francesco alle 23.30 e giunsero i parenti per darci dei semplici panini. Sulla strada del ritorno Umberto mi dice “Ho sonno” e così si appoggiò sulla mia spalla e dormì nazzicando fino a Via Pupino. Rientrammo in Chiesa alle sei meno venti. In quegli anni in piazza non ci attendeva nessuno.”

Qual è per lei l’importanza del ricordo, della memoria e quale ruolo hanno i più anziani nei confronti dei giovani?

“Per me è fondamentale ricordare. Ricordare è un dono di natura che ti consente di ripescare nella memoria eventi che magari non hai vissuto in prima persona ma che hai comunque visto. Ancor più importante se la memoria diventa esempio per i giovani che vogliono ascoltare i più anziani. Ringrazio a questo proposito il priore che quest’anno all’apertura della gara volle ricordare l’importanza anche degli anziani. Io sono sempre pronto a dare consigli ai più giovani e noto con immenso piacere che i nuovi confratelli sono rispettosi dell’abito che indossano.”

Quali sono le principali differenze tra la processione di una volta e quella di oggi?

“Un tempo mancavano i giovani per occupare le postazioni delle poste tra una statua e l’altra. Vi erano quattro poste solo prima del Gesù morto e forse davanti alla Sindone. Per le stesse forcelle venivano chiamati parenti dei confratelli anche se non appartenenti alla confraternita. Oggi per fortuna siamo tantissimi e ciò ha portato anche all’aggiunta di un’ulteriore banda dopo la statua dell’Ecce Homo. I giovani, oggi, partecipano numerosi anche al pellegrinaggio del Giovedì e a quello del Venerdì mattina. Questo è un bene perché i giovani sono e saranno i custodi delle nostre tradizioni. Spero che tutto sia sempre organizzato e svolto con la massima compostezza. Sarebbe brutto vedere liti alla gara al posto di abbracci commossi. Alla fine ciò che conta è avere nel cuore un rito secolare come questo e vivere da confratelli 365 giorni all’anno.”

Al termine del nostro dialogo ha voluto esprimere un ringraziamento particolare al nostro priore:

“Concludo ringraziando Antonello per la sua vicinanza ad ognuno dei suoi confratelli. Dico sempre che è un confratello prestato al ruolo di priore, sempre disposto a prendersi cura di ognuno di noi, sempre interessato al bene di tutti, alla buona riuscita di ogni evento da lui organizzato. Mi auguro davvero possa restare ancora tra noi come Primo dei fratelli.”