mercoledì 26 aprile 2017

Francesco Falcone

Affrontiamo ogni anno annose polemiche dell'opinione pubblica sui riti e la nostra partecipazione. È costume diffuso ormai seguire i risultati delle gare on line in tempo reale sui principali social network ed in assenza di alcuna moderazione dei contenuti, a cui la peggiore libertà espressiva ci ha abituati, dobbiamo sorbirci anche interminabili messaggi e commenti di ogni tipo, ingiuriosi per lo più, sospinti da alcuni giornalisti locali per fare audience. 

Li avete letti tutti, non ho voglia neanche di citarne qualcuno. Dispiace tuttavia, come sempre, dover fare un lavoro immane da parte nostra nel convincere conoscenti e amici che il sacrificio dei confratelli, dalle gare ai riti, è un sacrificio personale, che non toglie niente alla comunità tarantina, anzi la arricchisce, che è un sacrificio fatto nella totale onestà economica e morale, nella trasparenza della conservazione di una storia centenaria.
 
Servirà a poco, il confratello è per una certa opinione pubblica un delinquentello che "spende" i soldi in processioni ma poi vive nella completa disonestà, ha soldi da "buttare" perché li guadagna in modo illegale. Questo è il luogo comune. Poi ci sono i nostri e tanti strumenti per dimostrare che non è affatto vero e si tratta di totali illazioni. Quest'anno però, soffermandomi a guardare le nuove generazioni di fratelli offrire il proprio sacrificio, ho consolidato l'esigenza di comunicare a questa parte della comunità tarantina che la confraternita è un luogo di formazione ed educazione di giovani, è una agenzia educativa.

Si intende per agenzia educativa uno dei contesti in cui si realizza l'educazione dell'individuo. Tradizionalmente lo è la famiglia, la scuola, l'associazione sportiva, la parrocchia e le sue associazioni.

Dovremmo aggiungere a questo elenco, e con orgoglio, anche la funzione educativa svolta dal sodalizio. Laddove infatti la famiglia di provenienza non è sempre in grado di fornire strumenti di educazione giovanile adeguati, e non ci riesce più la scuola da molti anni, la formazione valoriale dell'individuo o passa da ambienti terzi, laicali o confessionali, oppure è affidata al caso o peggio alla vita di strada.

Possiamo negare che la vita confraternale insegni all'uomo, oltre la necessaria partecipazione religiosa, anche valori come il risparmio o l'apprendimento dei propri limiti di spesa, il sacrificio fisico ed economico, il confronto dialettico con i propri fratelli, il rispetto di ruoli e anzianità, l'apprendimento della funzione primaria di saper stare con gli altri? Possiamo negare il passaggio di valori e tradizioni tra diverse generazioni? Possiamo negare l'apprendimento del senso di partecipazione comune nell'ambito di un unico organismo? Se esiste un diritto costituzionale diffuso in tutto l'occidente questo è il diritto di garantire a tutti la possibilità di evolversi nella società indipendentemente dalla propria comunità di origine. 

Si chiama in gergo "ascensore sociale". Ebbene anche il sodalizio concorre necessariamente a questo processo di educazione trasferendo strumenti e metodi di organizzare la propria vita in funzione di un obiettivo evolutivo. Non c'è estrazione sociale che importi al confratello che vive con la sua squadra il momento della aggiudicazione della gara. Si annullano tutte le differenze che la bruttura di questa società invece trasforma in muri sociali. Si è fratelli e basta.

Bene, questo potremmo trasferire alla opinione pubblica. L'enorme importanza della funzione educativa di questa comunità.


A guardare fino in fondo le cose sarebbe utile spingere questa funzione in senso tecnico. Dovremmo investire e subito sul ruolo educativo che potremmo offrire alle attività di contorno che ruotano nel nostro mondo. Cosa accadrebbe alla nostra tradizione se i complessi bandistici iniziassero a scarseggiare - condizione non totalmente astratta - per la mancanza di nuove adesioni da parte di musicisti? Cosa accadrebbe se si perdesse la tradizione artigianale di creare gli abiti di rito, i rosari e gli altri indumenti sacri?

Saremmo privi degli strumenti che esaltano la nostra storia ed anche affidandosi alla buona volontà di qualche amico rischieremmo di perdere dei pezzi importanti di noi.

Allora se ci riconosciamo come agenzia educativa potremmo percorrere la strada di investire nella formazione dei ruoli e delle attività che orbitano intorno alle nostre tradizioni. Sarebbe un ulteriore passo avanti per certificare la nostra vera funzione di fronte alla comunità tarantina.