domenica 8 dicembre 2013

Benedetto M. Mainini


La festa dell’Immacolata, molto sentita dai Tarentini, viene onorata con grande solennità e assume un carattere particolare: è infatti la festa che ci proietta al Natale ormai prossimo; oggi ci scambieremo i primi auguri natalizi e si trascorrerà la giornata con i parenti, con un’altra abbuffata (ieri a base di pesce e capitone, oggi a base di carne e braciole) e giochi in famiglia. La solennità odierna è stata preparata dalla novena, che si è recitata in tutte le chiese. Il giorno della festa, dopo la solenne Concelebrazione Eucaristica delle ore 17 presieduta dall'Arcivescovo, si snoda la solenne processione con l’antico simulacro della Madonna per le vie della Città Vecchia.

La Chiesa festeggia la Madonna col titolo di Immacolata Concezione da sempre, ma solo l’8 dicembre 1854 Pio IX, con la bolla Ineffabilis Deus pronuncia la formula della solenne definizione del dogma dell’Immacolata: “Dichiaramo, pronunciamo e definiamo che la dottrina, la quale ritiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale, è rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli”. Pio IX definendo l’Immacolata Concezione ritiene di “soddisfare ai piissimi desideri del mondo cattolico”, che recepisce con gioia la definizione dogmatica e inaugura, l’8 dicembre 1857, il monumento all’Immacolata in piazza di Spagna a Roma, dove il Santo Padre il Papa si reca il pomeriggio della Solennità dell’Immacolata per deporre un trofeo di fiori ed innalzare una preghiera speciale alla Vergine per la città di Roma e per il mondo intero.

Ma il giorno dell'Immacolata ricorda un evento storico, una speciale protezione che la Madonna volle riservare proprio per i Tarentini: e per questo motivi i Tarentini la elessero a Patrona della città con S. Cataldo. Ma andiamo con ordine.
Era il 7 dicembre 1710, vigilia dell’Immacolata, e “uno spaventoso terremoto ruinò su Taranto mentre l’immagine della Vergine era esposta per la sua festa” (come recita il De Vincentiis), durante il quale la città “fu preservata dalla ruina e tutto il popolo durante la notte corse devoto alla sua chiesa (quella di S. Francesco d’Assisi, oggi nota come caserma Rossarol) a renderle grazie ed impetrarne l’assistenza”. Interpretando il fatto come segno divino e, per giunta, avvenuto alla vigilia dell’Immacolata, il popolo chiese e ottenne dal sindaco dell’epoca, Giovanni Capitignano, che la Vergine fosse proclamata Protettrice minore della città.

Ancora: un altro terremoto, più disastroso del primo, avvenne alle ore 23,45 della notte del 20 febbraio 1743. Fu uno dei più tremendi sismi registrati dalle nostre parti. Nel volume di Mario Baratta, “I terremoti in Italia”, egli dice che “il terremoto d’Oriente del 1743 fu rovinoso o quasi in terra d’Otranto…Nardò più degli altri paesi della penisola salentina risentì rovine”. A Taranto non ci furono grossi danni; solo la chiesa e il convento di San Francesco di Paola, allora situato fuori le mura, subirono gravi conseguenze. In una perizia redatta il 26 agosto 1743 da Lorenzo Agliarolo da Grottaglie, “magister murator”, conservata nell’Archivio Arcivescovile, per la riparazione della chiesa e del convento, si legge che “per la rovina accagionata dall’orribil terremoto sortito nel mese di febraio del corrente anno 1743, il Convento e chiesa dei PP. Minimi di questa città ritrovansi nella maggior parte nell’evidente pericolo di rovinare, e precisamente la detta chiesa trovasi notabilmente lesa, anziché rovinata nella lamia grande di mezzo, nella lamia laterale e nel muro laterale dalla parte della via pubblica.”

Poiché Taranto aveva subito pochissimi danni, mentre i dintorni della città contavano morti e feriti, il Sindaco dell’epoca, Scipione Marrese, decise di onorare la Madonna con un triduo di preghiere da tenersi ogni anno nel mese di febbraio in Cattedrale.
Ma l’Immacolata fu venerata come Patrona minore della città, mettendola quasi in secondo piano dopo il Patrono principale S. Cataldo. Bisogna aspettare il 1943 perché l’Immacolata diventasse “Patrona Principale di Taranto insieme e come S. Cataldo”. Fu l’Arcivescovo Mons. Bernardi, che propose alla Sacra Congregazione dei Riti l’Elezione della Vergine a Patrona Principale di Taranto con S. Cataldo. La proposta fu approvata il 12 febbraio 1943 e il 20 dello stesso mese fu murata una lapide nella chiesa di S. Michele che “tramanda ai posteri la solenne proclamazione a celeste patrona di questa città bimare”.

Ma perché nella chiesa di S. Michele si custodisce il venerato simulacro dell’Immacolata?
Dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, al 1578, quando per la prima volta a Taranto viene eretta una confraternita con il titolo dell’Immacolata Concezione in una cappella della chiesa di S. Francesco d’Assisi, come ci fa sapere Ambrogio Merodio nella sua “Istoria Tarantina”: “Vi è ancora una devotissima compagnia sotto l’invocazione dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima Vergine, li fratelli della quale sono tutti persone nobili e civili, che hanno pensiero di questuare per la città per sovvenimento delli poveri carcerati, come anco di assistere alli condannati a morte”. Un secolo dopo l’erezione della confraternita, fu commissionata a Napoli la bella statua che giunse a Taranto nel febbraio del 1679, come recita il Merodio: “li sopraddetti fratelli fecero venire da Napoli una devotissima statua di detta purissima Madre di Dio, che fu ricevuta in Taranto come dono del cielo con generale processione nel mese di settembre del 1679”.

La statua, di legno, ha il volto di una giovane, con lo sguardo leggermente rivolto verso l’alto e col piede che schiaccia il dragone; le mani non congiunte sul petto, ma protese verso destra. È una caratteristica questa che ha visto numerose interpretazioni: la più famosa vuole che la Madonna spostò le mani verso destra per allontanare il terremoto del 1743 dalla città che era sotto la sua protezione. Una bella leggenda!
Col passare degli anni la devozione verso l’Immacolata aumentò e si rese necessario una sede più ampia. Nella seconda metà del ‘700 la Confraternita si trasferì nella vicina chiesa di S. Michele, mentre il simulacro della Vergine fu affidato alle monache claustrali dette Cappuccinelle, che abitavano l’attiguo convento della chiesa di S. Michele; il convento di S. Francesco d’Assisi, intanto, fu incorporato dal demanio dello stato, mentre la statua della madonna restò nel monastero delle Cappuccinelle fino alla sua chiusura, avvenuta nel 1861 o nel 1864. dopo ciò fu sistemata sull’altare maggiore della chiesetta di S. Michele, dove si trova ancor oggi.

E i Tarentini di ieri hanno sempre venerato la Madonna, anche con…semplicità! Onoravano l’Immacolata con semplici composizioni popolari simili alle “laudi”.
La devozione verso la Madonna era così radicata da far si che venissero composti veri canti popolari, senza particolare pregio dal punto di vista musicale, ma ricche di fede e di pietà popolare. Alfredo Majorano ha raccolto in “Tradizioni e canti popolari a Taranto e nei paesi d’area tarantina” le novene che un tempo si svolgevano nel borgo antico, dinanzi alle edicole votive della Madonna. 

Quello che segue è certamente uno dei più antichi e nel canovaccio si rifà alle laudationes di tipo duecentesco:  
Arta muntagne de Vergenetade, Reggine de lu chiar’e bedde, viat’a ci te sèrve cu veretade, cunzulamènde de le puveredde”. 
Te preje agne mumende, mia Reggine, Tu ca puèrte quedda cherona fine, puèrte lu ‘nguende de l’anema malate, saneme st’anema meje c’agghie peccate”. 

La novena si concludeva con il noto inno “O Concetta Immacolata”, del quale non si conoscono gli autori dei versi e della musica (anche se il Preside prof. Fornaro, nel suo libro “Natale con i tuoi”, dice che secondo Alfredo Maiorano la parte musicale sia stata composta da P. Serafino Marinosci, l’autore della famosa Via Crucis): “O Concetta Immacolata, Tu del sole sei vestita, della luna a’ pié servita e di stelle coronata. Concepita dall’Eterno nell’idea sublime e pura, sopra ogni altra creatura T’innalzò predestinata, o Concetta Immacolata”.

E da oggi in poi, sino all’Epifania è tutto un susseguirsi di riti sacri e profani, riti che solo dalle nostre parti sono sentiti con vero sentimento.
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