lunedì 30 dicembre 2013

Giorgio Vegliante
Corriere del Giorno del 20/12/2013


La sensibilità alle esigenze e ai bisogni dell’altro stimola l’amore per l’uomo, incoraggia l’umanità alla compassione per le persone bisognose, dando vita e sviluppando la filantropia. uomo. Attraverso di essa l’uomo, conoscendo d’altra parte la forza dell’egoismo, per il quale è l’io che si pone al centro dell’attenzione ignorando l’altro, avverte quanto sia difficile uscire da se stesso per correre in aiuto di chi ha bisogno.
Il cristiano fa altrettanto e ancora di più, perché sa di trovarsi non solo dinanzi ad un suo fratello per Fede, ma dinanzi alla presenza del suo Dio.
Basta ricordare alcuni pronunciamenti di Gesù: “Amatevi come io vi ho amato”, “Avevo fame e mi avete dato da mangiare”, etc…
Questa attenzione ai poveri ha quindi, nel pensiero di Gesù, una motivazione più profonda della compassione razionale, perché il povero che viene aiutato è Dio stesso

L’indimenticabile Papa Benedetto ce ne ha parlato con abbondanza nella sua prima enciclica Deus caritas est del Natale 2005, quindi nella esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis del 2007, ed ancora nella terza enciclica Caritas in veritate del 2009. Un insegnamento insistito, quindi, per aiutarci a capire e a vivere questa dimensione fondamentale della identità cristiana, dataci da Gesù stesso: “Da questo riconosceranno tutti che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Per questo una delle caratteristiche della comunità cristiana delle origini era la perseveranza nella carità e nella comunione dei beni (At 2,44-45). Ed anzi proprio l’amore e l’aiuto reciproco dei cristiani era oggetto dell’ammirazione dei pagani che dicevano, come attesta Tertulliano: “Guardate come si amano!”.

Anzi, come ricorda espressamente Papa Benedetto nella Deus caritas est, Giuliano l’Apostata volle che i sacerdoti della religione pagana da lui instaurata imitassero il sistema di carità dei “galilei” (n. 24). L’insegnamento insistito di Papa Benedetto sulla carità come caratteristica qualificante della Chiesa e dei cristiani anche oggi, anzi soprattutto oggi, va accolta come un prezioso dono, anzi come un percorso che qualifica i cristiani ovunque si trovino. L’ultimo dono che a questo proposito Benedetto XVI ci ha fatto è il motu proprio Intima Ecclesiae natura dell’11 novembre scorso, con il quale il servizio di carità è quasi istituzionalizzato in un quadro normativo organico, che prevede per gli stessi fedeli singoli o uniti tra loro “il diritto di associarsi e di istituire organismi che mettano in atto specifici servizi di carità, soprattutto in favore dei poveri e dei sofferenti” (art. 1). Va tenuto sempre presente, dice Papa Ratzinger, che “l’azione pratica resta insufficiente se in essa non si rende percepibile l’amore per l’uomo, un amore che si nutre dell’incontro con Cristo” (n. 34). Raccogliamo come un prezioso dono del Papa emerito questa apertura a forme nuove di collaborazione caritativa dei laici, che non è nuova nella storia (si pensi all’attività assistenziale e sociale delle “Fraternite” nei secoli passati), ma che è di nuovo riproposta con audacia per caratterizzare sempre più chiaramente la “intima natura della Chiesa nel suo triplice compito di Parola di Dio-liturgia-carità, che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro” (n. 25). Anzi, parlando all’associazione caritativa di laici Pro Petri Sede, ha esortato a “non ridurre tutto a sola promozione umana. Fede e carità si esigono a vicenda”.

La vera Carità cristiana non è l'elemosina materiale (data per compassione o per timore) né la pura filantropia (sentimento generico di amore verso l'umanità), né la Carità in genere, né il mero assistenzialismo. La vera Carità cristiana è l'amore prima verso Dio e poi, insieme a Lui, verso i nostri simili. Affinché la Carità sia veramente Carità cristiana, essa deve ispirarsi e fondarsi sull'amore a Dio.
Dal punto di vista della Rivelazione è la più alta e la più ambita virtù cui l’uomo possa aspirare.
Anche l'amore teologale (come tutte quelle idee sul cristianesimo prodotte dai pregiudizi), nel pensiero del battezzato medio, è spesso frainteso. Comunemente, la parola "carità" si associa all'idea di assistenzialismo. In altre parole, si assimila la carità cristiana all'impegno verso i bisognosi. Alla luce della Parola di Dio, questa associazione si rivela errata. La carità teologale non è un'opera in favore dei poveri. L'Apostolo Giovanni ci dice con chiarezza in cosa consiste la carità: "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi" (1 Gv 4,10). Ciò significa che per intendere la carità teologale non bisogna pensare tanto all'amore che dona, quanto all'amore che riceve. La carità teologale consiste infatti non nell'amare, ma nell'essere amati. Più precisamente, l'amore teologale comincia quando abbiamo sperimentato e sentito che Dio ci sta amando. In sostanza, la carità teologale ha la sua sorgente nel percepire di essere amati da Dio. Di conseguenza, la nostra capacità di amare non deriva dalla decisione di amare gli altri, ma dalla gioia di sentirsi amati da Dio. Questa è la condizione basilare perché l'amore non si arrenda dinanzi all'ingratitudine o dinanzi a qualunque mancanza di amabilità. Chi percepisce di essere amato da Dio, si sente già pieno di questo amore, e non ha bisogno di raccogliere consensi intorno a sé per sentirsi bene con se stesso. Da queste premesse, dobbiamo concludere: l'amore teologale è innanzitutto un amore che riguarda Dio; vale a dire: la carità teologale è l'amore col quale Dio ama la singola persona.

L’Arciconfraternita del Carmine, anche per il Programma di Natale 2013 esprimerà le sue forme caritatevoli, così come nel corso dell’intero Anno Sociale, attraverso la consueta visita alla Cittadella della Carità.
Anche in questa occasione l’amore di Gesù verrà esteso, attraverso la vicinanza umana, alle persone che soffrono e che trovano nella visita della nostra Comunità Cristiana un momento di caloroso supporto.
Gli auguri natalizi ai degenti della Cittadella della Carità saranno portati a nome dell’intera Congrega alla presenza di Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Filippo Santoro, Arcivescovo Metropolita di Taranto.
La Banda “Lemma” di Taranto allieterà l’evento caritatevole al suono delle più note pastorali tarantine ispirate al Natale.
Alla visita presso la Cittadella della Carità si aggiunge il tradizionale incontro per lo scambio di auguri natalizi cui prenderanno parte presso l’Hotel Delfino tutti i Confratelli del Carmine. Il momento conviviale in prossimità del Natale servirà anche e soprattutto per la consueta raccolta di beneficienza in favore della Mensa dei Poveri. Un minimo contributo previsto, farà si che l’apporto della Comunità possa donare un dignitoso proseguimento alla storica e nota iniziativa che, mai più di adesso, accoglie tante persone bisognose delle prime necessità per poter vivere.

Anche l’organizzazione in Piazza Carmine della vendita di beneficenza di specialità casalinghe prodotte dalle Consorelle del Carmine, rappresenta un ulteriore elemento da considerare in tal senso.