martedì 11 febbraio 2014

Antonino Russo


Entrando nella nostra Chiesa del Carmine, lo sguardo viene subito rapito dal volto della Vergine raffigurato nell’icona sopra l’altare maggiore. La tenerezza di quel volto che tiene tra le braccia Gesù e lo Scapolare mi accompagna dal giorno delle mie nozze passando per l’aggregazione al Sodalizio.

Ma cosa è il volto?
Mi sono ritrovato a rileggere un libro di Bruno Chenu (1942-2003) prete che è stato professore di teologia all’Institut catholique di Lione e caporedattore di La Croix.

“Tracce del volto - Dalla parola allo sguardo” (edizioni Quiqujon) è il titolo del libro che mi da dato diversi spunti di riflessione.
La prima considerazione - apparentemente ovvia - che mi ha colpito è che l’unica creatura di Dio ad avere un volto è l’uomo: il volto è una sorta di lasciapassare alla sfera umana evitando così qualunque confusione con gli altri esseri viventi.
Nei primi giorni di vita, il bambino non ha altro riferimento che il volto della mamma. Ho pensato a nostro Signore: quel volto attento della Madonna ha modellato in qualche modo i tratti del bambino Gesù attraverso una interazione reciproca di amore e abbandono.

Altra considerazione è che il faccia a faccia è una esperienza umana fondamentale: “Uomo e donna li creò” (Gen 1,27). L’essere umano non è sintesi di uomo e donna ma è il loro faccia a faccia che instaura una relazione di amicizia, di reciproca fecondità.

Il mio volto non lo vedo in diretta ma lo leggo attraverso l’unicità del volto dell’altro. Anche il volto di nostro Signore, così come il nostro, è unico tra milioni di individui. E così come facciamo difficoltà a riconoscere volti di popoli lontani perché non abbiamo gli adeguati meccanismi di codifica dei loro tratti somatici, allo stesso modo rischiamo di non riuscire a vedere il volto di Gesù se non apriamo il nostro cuore all’ascolto della Sua Parola.

Leggendo il Vangelo, non abbiamo un ritratto volto di Cristo ma il volto di Gesù viene chiamato in causa in cinque testi a proposito della Passione:
  • · “Gesù indurì la sua faccia per prendere la strada di Gerusalemme” (Lc 9,51)
  • · Dai samaritani non è accolto “perché la sua faccia era diretta a Gerusalemme” (Lc 9,53)
  • · Al Getsemani “cade con la faccia a terra” (Mt, 26,39)
  • · Gli oltraggiosi “si misero a coprirgli la faccia” (Mt 14,65)
  • · “gli sputarono in faccia”(Mt 26,67)
e in due testi riguardo la Trasfigurazione:
  • · “Mentre pregava, l’aspetto del suo volto divenne altro” (Lc 9,29)
  • · “Egli fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto risplendette come il sole” (Mt 17,2)
Dal volto deriso e sfigurato al volto trasfigurato e splendente, c’è tutta la vocazione di Gesù, Servo e Signore. Il Suo volto Santo, rivela il Suo Cuore.

Più numerose, 79 per l’esattezza, sono le volte in cui Gesù rivolge lo sguardo. Gli Evangelisti usano verbi differenti a seconda della narrazione:
  • · theáomai: notare, porre attenzione
  • · oráo: vedere, inteso come sguardo che supera le apparenze e scruta i cuori
  • · blépo: fissare lo sguardo su
“Gesù vede… e fa vedere. Apre gli occhi… degli altri” scrive Chenu.

Penso ai Simboli delle nostre processioni e al volto e agli sguardi di Gesù morto e dell’Addolorata che da due secoli e mezzo vengono portali nelle strade della nostra città, nella nostra vita, nella nostra storia: il rigetto che alcuni hanno dell’icona è rigetto dell’incarnazione.

Tuttavia l’immagine, il simbolo, l’icona appunto, sono strumento che consente all’ascolto della Parola di riconoscere ciò che spesso la vista non consente di fare. La relazione tra volto e sguardo, tra sguardo e Parola è strettissima.

Noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, coeredi di Cristo: il volto del mio fratello è immagine stessa di Dio. Sotto il cappuccio bianco uguale per tutti, c’è il volto unico di un Confratello, il suo sguardo commosso che cerca quello della Vergine Maria e di Gesù per ritrovare la relazione di figlio di Dio.