Già in altre occasioni, colpito dalla forza rinnovatrice delle parole di Papa Francesco, ho avuto modo di scrivere e commentare ciò che a caldo queste suscitavano dentro di me, ma questa volta le parole del Santo Padre sono state davvero come un dardo scagliato nelle coscienze di molti e tracciano una trincea invalicabile in un campo in cui in passato c’è stato una sorta di silenzio, quasi assenso, anche da parte di alcune istituzioni ecclesiastiche locali, nei confronti delle cosche mafiose e malavitose.
Il mio riferimento è chiaramente al discorso tenuto dal Pontefice, lo scorso Sabato nella piana di Sibari in cui ha scomunicato tutti i mafiosi, non lasciando spazio ad interpretazioni, si è scagliato violentemente contro costoro che ha definito “operatori del male”. Anche in passato i suoi predecessori avevano usato parole durissime contro i mafiosi ed i criminali, famosissima fu l’omelia di san Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi di Agrigento nel 93, a pochi mesi di distanza dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino. L’ostilità della Chiesa era stata ribadita anche da Papa Benedetto XVI a Palermo in occasione di una sua visita pastorale, ma l’anatema della scomunica pronunciata da Papa Francesco è qualcosa di straordinariamente unico, perché rompe un silenzio che da secoli forse attanagliava quelle terre, l’omertà e la connivenza non sono più accettate, le parole di Francesco danno merito dunque a tanti operatori del Vangelo che hanno perso la vita in difesa del bene comune e della legalità: due esempi su tutti il palermitano don Pino Puglisi ed il campano don Giuseppe Diana, testimoni del Vangelo nella nostra amata terra del Sud e veri fari di legalità in terre alle quali il Signore ha donato una natura meravigliosa, ma che l’uomo ha stretto nella morsa dell’ odio, della prepotenza e del malaffare.
La vera fede non è adorazione del male, e la “‘ndrangheta è adorazione del male” ha dunque aggiunto il Papa, volendo con ciò anche intendere la totale abiezione delle pratiche mafiose, ‘ndranghetistiche e cammorisctiche di affiliazione ai clan, a metà tra riti sacri e patti di sangue, essendo queste quanto di più odioso possa esistere perché utilizzano le immagini sacre e lo stesso nome di Gesù Cristo per siglare l’appartenenza a famiglie malavitose che con il messaggio evangelico di nostro signore Gesù hanno poco a che fare. Inoltre questo è un messaggio forte per tutti i fedeli a rompere il silenzio e l’omertà che li circonda e denunciare la mafia, e capire che non c’è nulla di buono nei mafiosi e nella loro vita, perché tutto ciò che non porta al bene comune, ed i mafiosi guardano solo al loro interesse particolare, non è nient’altro che espressione del male, ed il male non è la fede.
Se si pensa che il Papa ho pronunciato queste parole in un luogo simbolo, dove non molti mesi fa la furia assassina della malavita, non ha avuto pietà nemmeno di un bambino di pochi anni (e noi qui nella nostra provincia abbiamo dolorosamente provato il dolore dell’assassinio del piccolo Domenico nella strage di Palagiano) , fa capire quanto lontani siano queste persone dalla fede e quanto male facciano le loro azioni all’intera umanità.
Tutti dobbiamo essere coinvolti dalle sferzanti parole del Papa, in ogni comunità pastorale, per questo in occasione della festività del Corpus Domini, il nostro amato Arcivescovo, mons. Filippo Santoro, nell’omelia a piazza della Vittoria a conclusione della processione, ha quotato le parole del Papa esortando tutti i tarantini a seguire il suo esempio ed a deplorare ogni forma di malavita e malaffare ad ogni livello ed in ogni circostanza.
Sempre più dunque le parole di Papa Francesco diventano per noi linfa vitale per la sequela del Vangelo e respiro per i cuori affannati ed intimoriti che solo in Cristo possono trovare ristoro e sollievo dalle sofferenze.