Giovanni Schinaia
Un incontro fuori programma la sera del 3 gennaio presso la
nostra Confraternita.
Un gruppo di Confratelli della Confraternita del Ss.mo
Crocifisso di Gallipoli, col Priore avv. Francesco Zacà, trovandosi nella
nostra città, ha pensato bene di venire a farci una visita presso la nostra
chiesa. La Confraternita gallipolina del
Crocifisso è legata alla nostra comunità Confraternale da sinceri vincoli di
Foto: Peppe Carucci |
amicizia, spesso tradottasi in proficua collaborazione reciproca, come in
occasione di una conversazione sulla pietà popolare tenuta dal nostro Priore a
Gallipoli. A partire dall'affratellamento fra i due sodalizi in occasione delle
nostre Solenni Quarantore nel 2012, sono state molteplici le occasioni di
incontro. Una delegazione gallipolina ha preso parte alla storica processione
di accoglienza delle statue di Gesù Morto e dell'Addolorata dal Castello
Aragonese, e ancora prima alla processione di Gesù Bambino del 6 gennaio. A
nostra volta, abbiamo poi partecipato alla loro processione titolare nel 2014.
La sera del 3 gennaio scorso, si diceva, un ulteriore
incontro, questa volta informale e non programmato.
Gli ospiti hanno voluto innanzitutto recarsi a porgere il
proprio saluto alla venerata immagine della Madonna Addolorata, in un breve
momento di raccoglimento. Poi c'è stato tempo per noi.
Abbiamo mostrato con orgoglio i cimeli e gli arredi raccolti
nello studio del secondo piano, ed esposti perché tutti, Confratelli in testa,
ma anche gli ospiti occasionali, possano fruire del bello e apprezzare quanto i
nostri padri pensarono e furono in grado di realizzare.
E finalmente si è parlato. Parlato tanto... di Settimana
Santa.
Naturalmente!
E di rapporto fra la grande Tradizione della Chiesa e le
tradizioni singolari e specifiche dei vari luoghi, e di iconografia delle
immagini della Passione; e delle pratiche devozionali del Giovedì e Venerdì
Santo; e del rapporto fra Pietà Popolare e Liturgia così come normato dal
Direttorio del 2002; e delle affinità e differenze di approccio ai sacri riti
fra Confratelli anziani e Confratelli più giovani; e della figura del Padre
Spirituale; e dell'ultimo pregevole documentario realizzato dal nostro
Francesco Casula, lavoro che i nostri ospiti avevano già avuto modo di
apprezzare, e di abiti di rito, e di suppellettili e arredi processionali.
Gli incontri di questo tipo, sono sempre un’occasione
proficua di crescita e arricchimento. Si può verificare immediatamente quanti
siano gli elementi che ci accomunano a tutte quelle famiglie che, come noi,
zelano la “preghiera popolare” e sono impegnate nella custodia delle tradizioni
religiose, del sentire più antico e autentico della nostra gente, che si
esprime nelle pie pratiche come processioni, devozioni particolari,
pellegrinaggi, preghiere e quant’altro. Se consideriamo il movimento
confraternale nel suo insieme, alla fin fine, un po’ dappertutto ci si
confronta con i medesimi problemi, declinati magari in modo differente a
seconda delle specificità dei luoghi e delle comunità ecclesiali. Nel panorama
più ampio dell’associazionismo laicale, si deve poi verificare come, un po’
dappertutto, è proprio il mondo delle Confraternite a suscitare le passioni più
sanguigne, a muovere i sentimenti più radicali, e, naturalmente, a scatenare quelle
tensioni che non sempre sono facili da interpretare prima che da gestire. Perché?
Forse perché quello che potremmo chiamare il “carisma della tradizione” che è
proprio di una Confraternita, esprime in definitiva i caratteri identitari di
un popolo. Ed è qualcosa con cui non si scherza. È qualcosa che ognuno di noi
tende ad elaborare col cuore e “con la pancia”, ben prima che con la testa e
con le categorie della logica. E, si sa, il cuore segue i suoi percorsi ad una
velocità tale che la ragione, troppo spesso, non riesce a stargli dietro. E forse
perché inevitabilmente ci si confronta sul nocciolo della questione, vale a
dire la tradizione stessa. Se essa cioè sia da considerarsi un elemento di
passatismo e immobilismo, o piuttosto qualcosa di vivo, qui e ora. Se cioè si
vuol vivere la stessa esperienza vissuta dai nostri padri, che certi riti li
hanno pensati e voluti coerentemente con le proprie scelte di fede e di “missione”,
o piuttosto si vuol immobilizzare quei riti in una sorta di bacheca
esistenziale, col rischio fondato però che essi cessino di essere riti della
tradizione, per diventare una specie di rievocazione storica, bella da vedere
ma tristamente incapace di parlare all’uomo di oggi. Potrebbe sembrare un
inutile esercizio di tipo accademico, soprattutto se si pensa che nessuno, nessuno,
pensa ragionevolmente di cambiare alcunché nella natura dei nostri riti.
Ma di Settimana Santa - si sa - avremmo potuto continuare a parlare
per ore e ore…
Alla prossima visita!