lunedì 4 gennaio 2016


Giovanni Schinaia



Un incontro fuori programma la sera del 3 gennaio presso la nostra Confraternita.
Un gruppo di Confratelli della Confraternita del Ss.mo Crocifisso di Gallipoli, col Priore avv. Francesco Zacà, trovandosi nella nostra città, ha pensato bene di venire a farci una visita presso la nostra chiesa.  La Confraternita gallipolina del Crocifisso è legata alla nostra comunità Confraternale da sinceri vincoli di
Foto: Peppe Carucci
amicizia, spesso tradottasi in proficua collaborazione reciproca, come in occasione di una conversazione sulla pietà popolare tenuta dal nostro Priore a Gallipoli. A partire dall'affratellamento fra i due sodalizi in occasione delle nostre Solenni Quarantore nel 2012, sono state molteplici le occasioni di incontro. Una delegazione gallipolina ha preso parte alla storica processione di accoglienza delle statue di Gesù Morto e dell'Addolorata dal Castello Aragonese, e ancora prima alla processione di Gesù Bambino del 6 gennaio. A nostra volta, abbiamo poi partecipato alla loro processione titolare nel 2014.
La sera del 3 gennaio scorso, si diceva, un ulteriore incontro, questa volta informale e non programmato.
Gli ospiti hanno voluto innanzitutto recarsi a porgere il proprio saluto alla venerata immagine della Madonna Addolorata, in un breve momento di raccoglimento. Poi c'è stato tempo per noi.
Abbiamo mostrato con orgoglio i cimeli e gli arredi raccolti nello studio del secondo piano, ed esposti perché tutti, Confratelli in testa, ma anche gli ospiti occasionali, possano fruire del bello e apprezzare quanto i nostri padri pensarono e furono in grado di realizzare. 

E finalmente si è parlato. Parlato tanto... di Settimana Santa.
Naturalmente!

E di rapporto fra la grande Tradizione della Chiesa e le tradizioni singolari e specifiche dei vari luoghi, e di iconografia delle immagini della Passione; e delle pratiche devozionali del Giovedì e Venerdì Santo; e del rapporto fra Pietà Popolare e Liturgia così come normato dal Direttorio del 2002; e delle affinità e differenze di approccio ai sacri riti fra Confratelli anziani e Confratelli più giovani; e della figura del Padre Spirituale; e dell'ultimo pregevole documentario realizzato dal nostro Francesco Casula, lavoro che i nostri ospiti avevano già avuto modo di apprezzare, e di abiti di rito, e di suppellettili e arredi processionali.
Gli incontri di questo tipo, sono sempre un’occasione proficua di crescita e arricchimento. Si può verificare immediatamente quanti siano gli elementi che ci accomunano a tutte quelle famiglie che, come noi, zelano la “preghiera popolare” e sono impegnate nella custodia delle tradizioni religiose, del sentire più antico e autentico della nostra gente, che si esprime nelle pie pratiche come processioni, devozioni particolari, pellegrinaggi, preghiere e quant’altro. Se consideriamo il movimento confraternale nel suo insieme, alla fin fine, un po’ dappertutto ci si confronta con i medesimi problemi, declinati magari in modo differente a seconda delle specificità dei luoghi e delle comunità ecclesiali. Nel panorama più ampio dell’associazionismo laicale, si deve poi verificare come, un po’ dappertutto, è proprio il mondo delle Confraternite a suscitare le passioni più sanguigne, a muovere i sentimenti più radicali, e, naturalmente, a scatenare quelle tensioni che non sempre sono facili da interpretare prima che da gestire. Perché? Forse perché quello che potremmo chiamare il “carisma della tradizione” che è proprio di una Confraternita, esprime in definitiva i caratteri identitari di un popolo. Ed è qualcosa con cui non si scherza. È qualcosa che ognuno di noi tende ad elaborare col cuore e “con la pancia”, ben prima che con la testa e con le categorie della logica. E, si sa, il cuore segue i suoi percorsi ad una velocità tale che la ragione, troppo spesso, non riesce a stargli dietro. E forse perché inevitabilmente ci si confronta sul nocciolo della questione, vale a dire la tradizione stessa. Se essa cioè sia da considerarsi un elemento di passatismo e immobilismo, o piuttosto qualcosa di vivo, qui e ora. Se cioè si vuol vivere la stessa esperienza vissuta dai nostri padri, che certi riti li hanno pensati e voluti coerentemente con le proprie scelte di fede e di “missione”, o piuttosto si vuol immobilizzare quei riti in una sorta di bacheca esistenziale, col rischio fondato però che essi cessino di essere riti della tradizione, per diventare una specie di rievocazione storica, bella da vedere ma tristamente incapace di parlare all’uomo di oggi. Potrebbe sembrare un inutile esercizio di tipo accademico, soprattutto se si pensa che nessuno, nessuno, pensa ragionevolmente di cambiare alcunché nella natura dei nostri riti.

Ma di Settimana Santa - si sa - avremmo potuto continuare a parlare per ore e ore…
Alla prossima visita!