mercoledì 13 gennaio 2016


Antonino Russo

Ecco per molti giunto il momento di riporre negli scatoloni albero di Natale e presepe. Dipendesse dal sottoscritto, l’albero di Natale, la sua evoluzione in plastica e tutte le relative decorazioni, sarebbero rimasti una tradizione del Nord Europa: è quindi con una punta di soddisfazione che lo vado a disfare. Il presepe invece va mantenuto come da tradizione sino al Battesimo di Gesù così come mia nonna sottolinea ogni anno. Sistemati tutti i personaggi, ultima ad essere tolta è la “stella cometa”. La stella è quel fenomeno astronomico che, secondo il racconto del Vangelo secondo Matteo (2,1-12.16), guidò i Magi a fare visita a Gesù appena nato a Betlemme.

Per indicare la stella di Betlemme si usa il termine improprio “stella cometa”, termine che accorpa due corpi celesti completamente diversi tra loro: la stella infatti è di grandi dimensioni, si trova a enormi distanze dal sistema solare e nel firmamento appare fissa e puntuale; la cometa invece è di piccole dimensioni, si trova all'interno del sistema solare e nel firmamento appare mobile e con una forma e dimensione non puntuale.

Nell’antichità l'identificazione delle stelle con gli Angeli traspare in molti testi biblici o della letteratura giudaica. Perciò diversi padri della chiesa, fra cui Giovanni Crisostomo, non videro alcuna contraddizione nel fatto che una stella, cioè un Angelo, scendesse in terra a guidare i Magi sino alla stalla di Gesù, secondo la narrazione popolare e in analogia alla guida data a Israele durante l'Esodo.
Origene di Alessandria, teologo della Chiesa dei primi secoli, sostenne invece che dovesse trattarsi di un evento naturale e non miracoloso. San Gerolamo, poi, combatté l'idea che le stelle potessero essere Angeli e finalmente nel 553 il Concilio di Costantinopoli II escluse tassativamente che i pianeti o le stelle potessero avere un'anima.

La maggior parte degli esegeti antichi interpretarono la stella come un fenomeno celeste naturale o portentoso, ma senza identificarlo con una cometa. Anche nell'iconografia cristiana antica la stella non è mai rappresentata con la coda. L'esempio più antico è un affresco delle Catacombe di Priscilla (III-IV secolo).
La forma di cometa e la dicitura "stella cometa" si devono a Giotto, che, particolarmente colpito dal passaggio della Cometa di Halley nel 1301, la disegnò appunto come una cometa dalla lunga coda nella Cappella degli Scrovegni a Padova. A partire dal XV secolo il particolare ha avuto una straordinaria fortuna artistica nelle rappresentazioni della Natività e del presepe.

La coda risponde al desiderio di rappresentare un oggetto celeste che indichi una direzione, in accordo con la lettura popolare del testo evangelico.
La presenza di una stella alla nascita di Gesù è un simbolo messianico. Il riferimento biblico è la profezia di Balaam su una stella, che sarebbe spuntata da Giacobbe (Nm 24,17). Benché la stella sia stata spesso identificata col Re Davide, già prima della nascita di Cristo alcuni ebrei l'avevano identificata col Messia. Nel secondo secolo Origene ed Ireneo di Lione richiamarono questa profezia proprio in relazione alla Stella di Betlemme. L'identificazione messianica è ancora più chiara nella versione dei settanta (cioè la versione della Bibbia in lingua greca, che la lettera di Aristea vuole tradotta direttamente dall'ebraico da 72 saggi ad Alessandria d'Egitto), in cui lo "scettro", che sorge in Israele, è tradotto in greco con "uomo".
In accordo con la profezia di Balaam, il tema della "luce" compare in molte altre profezie tradizionalmente applicate al Messia (Is 60,1-6).
La stella quindi simboleggia la luce. Quella portata da Cristo. Quella “luce del mondo” che ognuno di noi deve essere.