giovedì 5 aprile 2018

Luciachiara Palumbo - Il ponte
La nostra passeggiata di fede continua… i nostri passi ripercorrono le vie principali della città nuova, affollate tutti i Sabato dell’anno da giovani e meno giovani. 

Giungiamo, tuttavia, in un punto dove non è solita accalcarsi la gente, che sia per il buio o per l’assenza dei negozi e la chiusura di quei pochi che sono rimasti. Lì, all’incrocio tra Via d’Aquino e Via Margherita o ancora tra Via Margherita e Via Matteotti, ci sono solo alcune persone che attendono il passaggio del bus per arrivare in Città Vecchia o sui Tamburi. 

Proprio lì, dove il vento fastidioso soffia molto spesso, in Settimana Santa come a San Cataldo, le poste di città, in un freddo Giovedì Santo, si lasciano coccolare dalle marce riprodotte ad alto volume dallo storico negozio di musica “Basile”, testimone visibile di un amore per le tradizioni che rende Taranto casa perfetta per la religiosità popolare.

Lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi è stupendo… un gruppo numeroso di coppie, perfettamente allineato e pronto per oltrepassare il ponte con passo più svelto, nazzica dolcemente mentre il vecchio e trascurato Palazzo degli Uffici si presta come sfondo ideale per questa armonia di suoni e colori che oscillano lentamente. 

A pochi metri di distanza il ponte girevole, simbolo della città dei due mari, lega e divide due porzioni di Taranto che fanno fatica a considerarsi un tutt’uno. I nostri Riti hanno lo speciale potere di ricostruire con i cocci taglienti un antico vaso fragile, verso il quale non possiamo che essere attenti nel maneggiarlo. Così, quando le mozzette panna e nere attraversano l’antico collegamento di ferro, l’isola e il borgo si fondono e ritornano ad essere un’unica Terra, ricca di cultura e di passione. I nostri “perdune” stringono forte le fasce del cappello con la mano che già impugna il rosario, per evitare che esso possa scivolare sulle spalle, mentre il camice, aderente alle gambe e svolazzante all’indietro, è segno di una lotta contro la corrente, talvolta gelida, che spinge gli osservatori come me a nascondere il volto dietro una calda sciarpa. Il cappuccio si abbassa leggermente perché gli occhi, nascosti dietro i minuscoli buchi, possano vedere la cerniera del ponte che ne evidenzia la sua possibile apertura e si possa posare il bordone aldilà di essa, entrando definitivamente nella città vecchia. 

Qui tutto parla di storia, una storia più antica e una più recente come ne sono testimonianza le Colonne Doriche, accanto al Comune e difronte al nostro castello Aragonese. Il ticchettio del bordone che batte sull’asfalto e il suono metallico delle medaglie che si scontrano tra loro a causa del movimento del corpo, irrompono lungo Via Duomo, la bellissima via Duomo, fiancheggiata da palazzi storici e signorili, da Chiese antiche di valore inestimabile e piccoli negozietti di artigiani locali. Il fascino del Pellegrinaggio in città vecchia è racchiuso in questa immagine: le poste sono molto vicine le une alle altre così che sia possibile osservare come esse si muovano a ritmo alternato sulle note delle marce che riecheggiano potenti tra i vicoli, riprodotte dalle diverse botteghe.

I bambini corrono, destreggiandosi tra le coppie e evitando di colpire loro i piedi scalzi, mentre aldilà del cappuccio c’è un uomo che osserva tutto ma quel tutto gli pare sfocato, non per la difficoltà della vista ma per la poca importanza data a qualsiasi cosa che non sia la preghiera incessante. Non ha scelto quel percorso in modo casuale, ha scelto quelle strade che da bambino percorreva mano nella mano con suo nonno, ha scelto quelle strade in cui osservava gli incappucciati e provava profondo desiderio di essere come loro. 

Il ricordo dell’infanzia, il riemergere nella memoria del volto di quella persona che non c’è più, bagnano gli occhi di lacrime e un piccolo alone sul cappuccio testimonia quel momento di commozione. Poi volge lo sguardo sulla destra, in un angolo il suo bambino nel carrozzino guarda impaurito queste strane figure mentre la mamma lo indica dicendo “guarda papà, questo è papà”. La smorfia di dolore per il passato lascia allora spazio ad un sorriso per il presente… 

Qui, in queste viuzze dal sapore antico, le generazioni tramandano la storia di un popolo… qui, in queste viuzze dal sapore antico, convivono passato, presente e futuro…