mercoledì 11 aprile 2018

Valeria Malknecht

Capita ogni anno di sentire parlare di Settimana Santa da parte di chi (la Settimana Santa) la vive con gli occhi e con il cuore di uno spettatore.

Un punto di vista sicuramente interessante e di tutto rispetto, se è quello di un fedele che, guardando le statue in processione e raccogliendosi in preghiera, medita su quello che quel momento gli suscita: dalla più spensierata gioia nel rivivere un momento dell’anno molto forte per tutta la città, alla più personale tristezza nel ricordare cosa ha significato per il nostro Credo la passione di Gesù.

Ma chi è spettatore delle nostre tradizioni, e quindi le vive dall’esterno, si è mai chiesto cosa significhi davvero per un vero confratello essere parte attiva e cuore pulsante di tutto questo?


Essere stato parte della processione dei Misteri o aver partecipato al pellegrinaggio del Giovedì Santo, o aver organizzato il tutto e fatto sì che ogni cosa fosse al meglio, per la maggior parte di noi significa aver coltivato un sogno, aver realizzato un desiderio ed aver portato a termine un impegno a cui si è pensato per tutto l’anno.

Sostenuti in questa scelta dall’appoggio incondizionato, materiale e soprattutto discreto e silenzioso dei propri affetti.

Ed è così che, gli amici di una vita, si ritrovano sotto la stessa sdanga a condividere una perfetta “nazzecata”, portando e sopportando il peso di una Croce in cui ciascuno ritrova un po’ la propria: le preoccupazioni del lavoro, la lontananza da casa, la perdita di una persona cara, la malattia.

Portandola insieme, però, quella croce sembra più leggera, proprio come accade nella vita di tutti i giorni.

Ed è così che due fratelli nazzecano spalla a spalla, sotto gli occhi fieri di un padre che ha desiderato che quel momento arrivasse e che, dentro di sé, prega di poter vedere i propri figli sempre così, uniti cuore a cuore.

Ed è così che gli occhi attenti e scrupolosi di un altro confratello, con un ruolo diverso, osservano e controllano che tutto sia al proprio posto, che le candele siano accese, che il corteo sia ordinato, che il vestito dell’Addolorata sia sistemato alla perfezione, perché c’è vento e potrebbe rovinarsi.

Ed è così che una donna, accanto ad una statua, si ritrova commossa davanti a tutto questo per aver vissuto non solo un rito, che si tramanda di generazione in generazione, ma tutte queste storie insieme: di preghiera sincera, di amicizia, di amore, di devozione, dedizione e sacrificio.

Anche attraverso l’abbraccio a quella sdanga, il contatto di quei piedi scalzi con l’asfalto e gli occhi stanchi di chi ha curato tutto nei minimi dettagli, c’è una testimonianza di fede.

Magari imperfetta, come imperfetto e fragile è l’uomo, ma comunque sincera e vera.