lunedì 15 febbraio 2016

fonte: pagina FB dell'Arcivescovo di Taranto mons. Filippo Santoro


Cari sorelle e fratelli,
“gustate e vedete quanto è buono il Signore!” (Sal 33).
Con l’invito del salmo all’esperienza diretta della Misericordia di Dio, vi raggiungo all’inizio di questo tempo penitenziale. Tempo del quale abbiamo bisogno per purificare e allenare sensi e cuore alla comunione con il Risorto, con il Vivente.

1. Vi invito a vivere e a godere della Misericordia in questo Anno Giubilare, scoprendo la vastità e la profondità del cuore del Padre. Quando parliamo della sua Misericordia, non siamo di fronte ad un sentimento pallido, umanamente compassionevole, che sorge in noi quando siamo prossimi a situazioni di sofferenza e ai fratelli in difficoltà, ma essere Misericordiosi come il Padre, vale a sperimentare le sue viscere materne, la sua tenerezza. Egli viene incontro a noi. Per noi è come chi solleva un bimbo, con tenerezza lo accosta alla sua guancia e gli dona da mangiare (cfr Os 11,4), parimenti come una madre consola i suoi figli così Egli ci consola (Cfr. Is 66,13). Soprattutto sperimentando la tenerezza di Dio, chiaramente vediamo come Egli curi soprattutto il figlio bisognoso, malato, disperso… Il Signore ci raggiunge e ci vuol bene nella nostra fragilità; quando siamo più deboli, feriti per il peccato, il dolore, la malattia, la solitudine, il vuoto.
La Misericordia dalla tenerezza senza limiti, “ti ho amato di un amore eterno” (Ger 31,3) dichiara a cuore aperto la Scrittura, muove verso la compassione. Il Padre infatti sente la nostro stesso dolore, patisce quello che noi patiamo.
La tenerezza, sovrabbondante e incondizionata, allora si china e sente, abbraccia e partecipa.
“Sento compassione per questa folla - dirà Gesù - perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare” (Mc 8,2).
Dalla compassione Dio straripa verso la solidarietà. La Misericordia vera, matura, efficiente, è quella che dalla pietà matura verso la solidarietà. Gesù infatti dalla compassione profonda e sincera per il suo popolo, stanco per averlo seguito, preoccupato perché non venga meno lungo la strada, non solo provvederà al sostentamento mediante la moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma inviterà chi lo segue a portare alla luce la fame ultima di ciascuno di noi, quella della vita eterna. Scoperta la fame, ai suoi si offrirà, solidale all’estremo, come nutrimento, quello vero, che dona la vita: “questo è il mio corpo, prendete mangiate, questo è il mio sangue prendete e bevete”.
Siamo distratti da tante cose e guardiamo in tante direzioni. La quaresima è il tempo in cui il Signore ci guarda con un amore particolare e quindi noi guardiamo a Lui. Dal dargli le spalle con indifferenza passiamo a guardare il volto di Cristo e particolarmente di Cristo crocifisso.
Varcando la Porta Santa in Cattedrale troverete subito il crocifisso, incrocerete lo sguardo del Signore, la sua misericordia, è Lui stesso la Porta! (cfr Gv 10,7).
Ritornando all’invito iniziale che vi ho rivolto con le parole del Salmo 33, vorrei che per tutti fosse chiaro che la Misericordia è un’esperienza. Guardiamo a Cristo e lasciamoci guardare da Lui. Non perdiamoci nel vuoto; fissiamolo.

2. La Misericordia di Dio – ci dice papa Francesco nel suo messaggio di Quaresima -trasforma il cuore dell’uomo e gli fa sperimentare un amore fedele e così lo rende a sua volta capace di misericordia. È un miracolo sempre nuovo che la misericordia divina si possa irradiare nella vita di ciascuno di noi, motivandoci all’amore del prossimo e animando quelle che la tradizione della Chiesa chiama le opere di misericordia corporale e spirituale. Esse ci ricordano che la nostra fede si traduce in atti concreti e quotidiani, destinati ad aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spirito e sui quali saremo giudicati: nutrirlo, visitarlo, confortarlo, educarlo. […] Nel povero, infatti, la carne di Cristo «diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga... per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura»
Sono profondamente grato al Papa, ed insieme con me siatelo anche voi, perché va riaffermando, in questi tempi della Chiesa, la centralità della Misericordia. Con l’annuncio del Vangelo il male viene sgominato e non assolutizzato: l’amore di Dio non può che vincere. Nell’annuncio di misericordia si promuove la fede e non si alimentano paura, pessimismo, angoscia, rigorismo, disperazione…
La Quaresima è un cammino verso la gioia e questa nasce dallo stupore che Dio misericordioso ci ama, fino al sacrificio di sé. Non fuggiamo dal sacrificio, anche un fioretto fatto con cuore semplice, come quando eravamo piccoli, può aiutarci. Qualcosa che ci costa e che richiama alla memoria l’amore di Cristo. Una rinuncia concreta (il cibo, una bevanda, la televisione, uno spettacolo, rapporti che ci fanno perdere tempo) è l’esercizio di un cuore che si vuole aprire a Dio e ai fratelli.
Se la Misericordia di Dio cambia la storia di ciascuno di noi facendoci sperimentare l’amore, allora è vero che può cambiare la storia del mondo. E noi cosa possiamo fare? Vi rispondo con le parole di Pietro nel suo primo discorso dopo la resurrezione di Gesù: “Pentitevi” (Atti 2, 38). Il pentimento e la conversione, come i gesti concreti sono indispensabili per un vero incontro col Signore. Ecco perché la Chiesa ci indica delle opere in cui si attua la misericordia, che non sono un’appendice o un corollario di azioni caritatevoli da compiere per essere “completi” e “credibili”, ma la verifica della fede.
Vale la pena quindi nel cuore di questo Giubileo, innanzi alla porta spalancata del perdono, ricordare le Opere di Misericordia che vi ho consegnato all’inizio dell’anno pastorale nel pellegrinaggio di San Giovanni Rotondo. Riflettere su di esse aiuta a comprendere quanto il nostro cuore cristiano sia spesso impigrito e sordo agli appelli del Signore.
Cari fratelli e sorelle in questo tempo santo:
ascoltate la Misericordia, aumentando il tempo della preghiera e della riflessione;
praticate e annunciate la Misericordia attraverso le opere spirituali e corporali;
vivete e celebrate la Misericordia con il sacramento della Riconciliazione;
custodite la Misericordia nel vostro cuore i doni ricevuti con Maria madre della Misericordia;
La Quaresima è un tempo fecondo di bene da ricevere e da dare. Invito e sostengo tutte le comunità parrocchiali, i movimenti e le associazioni a fare esperienza di carità, ricevuta e ridonata, in ogni ambito. Ancora una volta sprono le realtà confraternali a diffondere la bellezza dei riti che parlano dell’amore di Dio.
Sono contento di vedere nella nostra diocesi i cantieri aperti della solidarietà. Continuano alacremente i lavori di Palazzo Santacroce per l’accoglienza dei senza fissa dimora, luogo attrezzato per le emergenze della carità, per il sollievo dei poveri e per una nuova mensa. Spero, non senza il vostro indispensabile aiuto, di poter inaugurare questa struttura entro la fine dell’anno giubilare. Come pure stiamo preparando il Monastero delle Carmelitane per accogliere le famiglie dei migranti.
Ancora una volta vi invito, nel tempo propizio per eccellenza, a frequentare la Porta Santa, aperta nel Duomo di Taranto vecchia che rimane un luogo simbolo della tarantinità, bella e ferita, segnata dalla grandezza della storia e deturpata dal degrado morale e urbano. Lì dove simbolicamente abbiamo aperto il varco della salvezza, pretendiamo un riscatto per la città che da troppo tempo sembra implodere in ogni sua compagine. Sebbene siano visibili le azioni di tanta gente impegnata per il bene comune e per la cultura.
Il cammino quaresimale, che pur non prescinde dal deserto, dalla privazione, dal sacrificio, è la lotta esistenziale, spirituale, verso qualsiasi tipo di rassegnazione, esprime la dinamica della risalita e non della stagnazione. Aldilà di qualsiasi analisi sociale che non compete a me vi invito a non rassegnarvi, ma conquistiamo la bellezza alla quale abbiamo diritto.

3. So bene che tutti i capitoli legati alle annose e gravi questioni della salute, dell’ambiente e del lavoro, sono praticamente aperti e le tante parole di questi anni potrebbero sembrare risuonare nel vento, ma la nostra speranza è guardare all’Amore di Dio che ci muove e non ci fa rassegnare.
La Quaresima sia anche un tempo in cui riconosciamo le nostre responsabilità: difendiamo la giustizia e pratichiamo la legalità. Amiamo la nostra terra chiedendo insistentemente che l’aria, il suolo ed il mare non continuino ad essere inquinati. Dato sempre allarmante è quello disoccupazione, particolarmente quella giovanile che, nella nostra provincia, dai 14 ai 24 anni arriva al 54,5%; molti giovani continuano a lasciare la nostra terra o rimanendo qui si rassegnano a sopravvivere. È mortificante il divario tra Nord e Sud, la cui forbice cresce. Desideriamo una “strategia specifica” del Governo per il Sud che gioverebbe a tutto il paese e ci metterebbe in rete virtuosa con il Mediterraneo, non appena con l’industria, ma con le nostre eccellenze (porto, aeroporto, cultura, agricoltura, ecc…), per ridare speranza e respiro al mondo dell’impresa e avere i giovani come protagonisti. Tornando alla nostra Città Vecchia, nell’immediato, sarebbe molto utile che, dopo aver istallato il monumento al Carabiniere, ora si accelerasse la presenza della Caserma dei Carabinieri nel Palazzo Fornari.
Una rinascita morale di responsabilità ci fa superare l’individualismo e ci spalanca l’obiettivo di trasformare l’emergenza in risorsa. Non possiamo attenderci tutto dalla presenza di potenze economiche forti che in passato hanno segnato la storia di sociale di Taranto; è l’ora della responsabilità comune provocata dalle difficoltà in cui viviamo. Vorrei dare, alle persone che vengono quotidianamente a trovarmi, di più del pagamento delle bolletta o del fitto arretrato della casa o delle medicine per i bambini. L’assistenzialismo, che pur ora è necessario, non può essere l’unico intervento di aiuto. Occorre però notare anche segni positivi. Vedo, infatti, giovani e adulti che, pur tra mille difficoltà, dimostrano un gusto nuovo nell’affrontare la giornata imparando il mestiere, cercando di superare le difficoltà con l’ingegno e sviluppando anche nuovi progetti e iniziative.
La Quaresima è anche questo; il Giubileo della misericordia è il riscatto della nostra persona e della nostra terra. Possiamo cambiare noi stessi e le cose nell’esperienza di un grande amore che diventa comunione e solidarietà.

Sorelle e fratelli, la Misericordia ci converta, ci conquisti, ci spinga e a tutti arrivi la bella notizia della Pasqua del Signore, vita che non muore.
Vi benedico e vi sostengo in questo tempo di rinascita!

Don Filippo, Arcivescovo