giovedì 21 aprile 2016

Claudio Capraro 

Io mi sento tarantino al cento per cento, ma se vado indietro di pochi passi realizzo che le mie origini non sono così tanto ancorate ai due mari. Se da parte di mamma ho avuto i due nonni nati e cresciuti tra i vicoli della città vecchia, ognuno facendo la propria vita fin quando non cominciarono ad amoreggiare attraverso le grate del convento di Santa Chiara: il nonno per strada a spasso con gli amici e la nonna, postulante dietro la finestra a ricamare. Sposi a Sant’Agostino, una vita di sacrifici, figli, dispiaceri, momenti felici e qualche litigio che terminava con la frase di nonna che rimpiangeva una strada non percorsa: “m’avisse fatta monaca!”. I nonni paterni arrivati a Taranto da fuori; lui dalle Calabrie (come si diceva un tempo), lei dalla campagna brindisina. Anche per loro amarezze, sacrifici e tanti anni passati insieme. Arrivati in riva allo jonio quando Taranto era ancora polo di attrazione per chi cercava lavoro, per chi cercava fortuna, per chi cercava emancipazione. Ricordo uno dei fratelli di mia nonna che a maggio prendeva la corriera, arrivava al capolinea di piazza castello per venire alla festa di San Cataldo, che al loro paese una festa come quella non la immaginavano nemmeno e per ascoltare le bande che si esibivano sulla cassarmonica in piazza Garibaldi che, a suo dire, suonavano magistralmente.

Non ho avuto in famiglia nessun confratello che mi abbia trasmesso la passione per i nostri riti, che mi abbia contagiato la “malattia”, che mi abbia lasciato in eredità parte del suo guardaroba o che mi abbia raccontato aneddoti. Ho avuto un padre che, anche se figlio di due non cataldiani, di questa città si è innamorato ed ha incominciato a studiarne la storia, la lingua, le tradizioni trasmettendomi questo amore.

Non mi ha visto confratello; è mancato prima che prendessi la decisione di presentare la domanda di iscrizione. Sicuramente la sua improvvisa scomparsa ha prima determinato una svolta nella mia vita di fede che dalla assoluta lontananza adolescenziale, ad un successivo timido riavvicinamento, ha avuto a seguito di quel doloroso evento un spinta decisiva. Mai avrei pensato quel 16 luglio di tanti anni fa quello che mi avrebbe riservato il futuro. Mai avrei pensato in quella prima assemblea della Domenica delle Palme cosa mi sarebbe accaduto tanti anni dopo.

Negli ultimi tre anni, nelle ultime tre settimane Sante mi è accaduto qualcosa che mai avrei immaginato, che mai avrei potuto pensare. La vicinanza, l’amicizia, l’affetto di alcuni amici, confratelli, fratelli, mi ha permesso di provare qualcosa di bellissimo. E ciò che, a distanza di qualche tempo a mente fredda, più mi ha emozionato e mi emoziona ancora non è l’essere stato lì, aver preso parte, aver condiviso emozioni difficilmente descrivibili, ciò che ancora adesso, ripensandoci, mi emoziona di più è l’essere stato coinvolto, l’essere considerato fratello, confratello, il quasi offendersi da parte di qualcuno di questi amici di fronte al mio voler fare un passo indietro, al non sentirmi degno di tanta considerazione.

Tanti e differenti sono stati i pensieri e le emozioni di questi tre anni. Aver potuto avere qualche momento addosso tre differenti sdanghe ha suscitato in me sensazioni varie e numerose. Una però si è ripetuta ogni anno e cioè il pensiero a loro, a chi mi ha preceduto, a chi questo amore mi ha trasmesso. A papà del quale, un giorno, dovrò decidermi ad aprire la ricca biblioteca e la copiosa collezione di fotografie e diapositive sulla nostra città e sui nostri riti; ai nonni forestieri nella cui casa di via Anfiteatro tra via De Cesare e via Giovinazzi sono cresciuto da bambino e che una volta ragazzino utilizzavo come base di appoggio dal pomeriggio di giovedì santo fino al sabato mattina; ai miei nonni tarantini che lasciata la città per la campagna di Lama dove nonna poteva dedicarsi alle piante ed ai fiori, il giovedì santo le narici potevano godere del profumo di taralli e scarcelle appena sfornati e di zagare recise per ornare il piccolo altarino della reposizione domestico che veniva preparato nella stanza da pranzo solitamente off-limits per noi bambini.

Se non avessi avuto loro, se non avessi avuto questi amici, confratelli, fratelli, probabilmente questo non sarebbe accaduto. Se non ci fosse stato Dio a progettarlo, sicuramente tutto questo non sarebbe mai accaduto.