martedì 12 aprile 2016

Umberto De Angelis

Conclusa la Settimana Santa parliamo tanto dei Riti, della processione dei Misteri, del Pellegrinaggio e il solo pensiero associa nella nostra mente le note e la melodia di qualche marcia funebre che più sentiamo di preferire o che ci emoziona maggiormente.

Poco parliamo di quelle bande e di quei musicisti che, non solo per compenso, non confrontabile con le ore di lavoro, ma sicuramente e maggiormente per passione, sfidano la resistenza fisica suonando per una o due notti consecutive il Giovedì e il Venerdì Santo.


Molti complessi bandistici sono diventati portanti per le nostre processioni e la loro presenza è garanzia di qualità di quella colonna sonora che ci accompagna in quei giorni di Passione.

Molti complessi bandistici in questi ultimi anni partecipano a concerti di Passione, organizzati ad hoc, indipendentemente dalla partecipazione alle processioni, a testimoniare la validità artistica e non solo emozionale delle composizioni di autori famosi che hanno dedicato il loro talento nella composizione delle più famose marce funebri.

E la banda, con i suoi strumenti a fiato e le percussioni riesce a trasmettere quei suoni e quelle cadenze che si trasformano in vibrazioni dell’anima, che nella Settimana Santa sottolineano i momenti di Passione di Gesù, l’Amore e le sofferenze di Sua Madre, accompagnandoli nelle processioni del Giovedì e Venerdì Santo.

Non avevo mai letto della composizione di una banda e degli strumenti presenti, così ho deciso di approfondire l’argomento.

Già nell'antichità esistevano complessi di strumenti a fiato. I Romani li usavano per manifestazioni religiose, militari e civili. Nel Medioevo si formano i primi gruppi musicali simili alla banda, tra i quali il complesso che accompagnava il Carroccio. L'origine della banda, così come è intesa oggi, però, risale al XIV secolo, quando un numero ridotto di suonatori prestava servizio presso le Corti e le Signorie, con compiti artistici e di parata. Nel XVIII secolo la banda era composta da un numero non superiore a diciotto elementi; verso la fine del secolo, vennero perfezionati nuovi strumenti e la bande si distinsero tra quelle cittadine e militari.


Nel 1901 il maestro Alessandro Vessella, a Roma, portò avanti una riforma che fu accolta favorevolmente anche all'estero e che prevedeva un'unica partitura divisa per gruppi: ance, ottoni chiari, ottoni scuri e percussioni. Nei primi decenni del Novecento le bande civili, in Italia, si moltiplicarono.

La riforma vesselliana prevedeva tre organici: piccola banda (35 esecutori), media banda (54 esecutori) e grande banda (102 esecutori). Caratteristica principale di tali formazioni è la grande varietà strumentale. Vessella mirava infatti ad utilizzare il maggior numero di strumenti appartenenti a ciascuna famiglia, dal più acuto al più grave. In tal modo era possibile ottenere sfumature timbriche impossibili da ottenere con gli organici precedenti.

Per una banda piccola con 35 esecutori, semplificando per famiglie, gli strumenti utilizzati sono: flauti, clarinetti, saxofoni, corni e cornette, tromboni, flicorni, tamburi, grancassa, timpani e piatti.

Ognuno di questi strumenti esprime un timbro diverso, per me e per i non musicisti direi che esprime un sentimento o un’emozione diversa all’interno della marcia funebre, che ho cercato di riconoscere e associare.

Ai flauti e ai clarinetti associo quel suono più melodico in alcuni tratti meno triste. I saxofoni, i corni i tromboni e i flicorni invece con il loro suono grave, sostengono tutta la composizione, sottolineano i passaggi più forti e allo stesso tempo più tristi dei brani musicali. Le percussioni sono fondamentali nella banda perché scandiscono il tempo, determinano la caratteristica di una marcia e la grancassa ne sottolinea i momenti più profondi, trasmettendo a tutto il corpo quelle forti vibrazioni.

Oltre a questi uno strumento particolare, unico per le nostre processioni, che trova posto anche in alcuni brani musicali è la troccola. Quel suono unico, modulato solo dalla frequenza di battimento delle maniglie sulle borchie, all’interno delle melodie scuote più di ogni strumento a percussione, richiama il cupo battere del martello sui chiodi, entra deciso scuotendo l’anima a volte assopita, richiamandola a quei momenti forti di Passione.


Ed è proprio nel giusto alternarsi di silenzio e preghiera, con momenti musicali così intensi e che in alcuni passaggi si aprono alla certezza della Resurrezione, che sottolineano quei Misteri con quelle tristi melodie, permettono a tutti i fedeli di partecipare in modo pieno e per tante ore ai nostri Riti.

Per noi confratelli tutto ciò è nel nostro DNA, lo conosciamo, ci appartiene forse da sempre, fin da quando abbiamo visto per la prima volta quei pellegrini scalzi con il camice bianco e con le mozzette color crema e le nostre orecchie hanno sentito quei suoni di quegli strumenti di quelle bande che, con l’impegno dei loro musicisti e dei loro maestri, anno dopo anno ci fanno rivivere le stesse emozioni così intense.