mercoledì 6 aprile 2016

Claudio Capraro

Non so quando, non so come e non so perché.
       
Non so quando un pezzo di opera lirica, sia stato “preso in prestito” come brano per la settimana Santa Tarantina. Non so come e chi ha avuto l’idea di effettuare questa traslazione e soprattutto non so il perché Jone, è diventata la marcia funebre con la quale si chiude la processione dei Misteri; la marcia sulle cui note rientrano le statue di Gesù morto e della Beata Vergine Addolorata.

 Le risposte a tutte queste domande non le ho, una cosa però so per certa e cioè che del vasto e variegato repertorio delle marce funebri della nostra settimana Santa, a mio personale giudizio, quella e soltanto quella poteva accompagnare l’ingresso delle ultime due statue. E se da anni va avanti questa tradizione nella tradizione, evidentemente il giudizio non deve essere esclusivamente il mio.

Le note di Jone se ascoltate in qualunque altro momento, anche nei giorni del triduo, possono causare emozioni forti, ma suonate in quel frangente quando tutto sta per terminare, ebbene hanno un potere ed una forza inimmaginabili.

E’ come se ti entrassero dentro, come se una mano invisibile ti afferrasse gli intestini e te li stringesse. Le lacrime che scendono dai nostri occhi al termine della processione, diventano irrefrenabili accompagnate da quelle note.

Lo squillare delle trombe, sembra voglia ferirti i timpani e per quanto tu possa provare ad estraniarti poggiando il mento sulla sdanga, stringendo forte in mano il bordone, serrando con tre dita la forcella, quegli squilli ti ridestano e ti ricordano che tutto sta per concludersi.

 E allora devi lasciarti andare, non devi opporre resistenza. Tieni la mano sulla spalla del compagno che hai davanti; poggia il tuo omero a chi ti è stato accanto per tante ore; godi del dolce peso della sdanga e lascia scorrere le lacrime senza pensare ad altro.