Pubblichiamo un articolo di Antonino Russo relativo alla festività di San Marco celebrata ieri dalla Chiesa Cattolica
San Marco (nato in Palestina, nell’anno 20 circa – morto ad Alessandria, seconda metà del I secolo d.C.) fu discepolo dell'apostolo Paolo e, in seguito, di Pietro ed è tradizionalmente ritenuto l'autore del Vangelo secondo Marco. È venerato come santo da varie Chiese cristiane, tra cui quella cattolica, quella ortodossa e quella copta, che lo considera proprio patriarca e primo vescovo di Alessandria.
L’evangelista Marco, o Giovanni Marco (Atti 12, 12.25; 15,37) apparteneva ad una famiglia ellenizzata di Gerusalemme, che mise la sua casa a disposizione dei primi cristiani (Atti 12, 12-16).
E’ possibile che questa casa fosse aperta a Cristo e ai suoi apostoli e che si sia svolta in tale ambiente l’ultima Cena.
Marco accompagnò Paolo nel suo primo viaggio missionario (Atti 12,25; 13,5), ma pare che non abbia partecipato all’entusiasmo dell’Apostolo; rientrò da solo a Gerusalemme (Atti 13,13); a suo riguardo ci fu una viva discussione fra Paolo e Barnaba in occasione della organizzazione del secondo viaggio apostolico di Paolo (Atti 15,39-40).
Seguì poi Pietro a Roma e si mise ai suo servizio durante la prigionia dei capo degli apostoli (Col 4,10), e infine si pose di nuovo a disposizione di Paolo durante la prigionia di quest’ultimo (2 Tim 4,11). Marco ci presenta Gesù, scoperto attraverso l’esperienza stessa dei suoi discepoli e apostoli. Una domanda ricorre per presentare ancor oggi Gesù al mondo: «Chi è costui?».
E’ un vangelo concepito in una visuale tutta speciale: quella del contrasto doloroso tra il Cristo rivestito delle prerogative di guarigione (1,31), di perdono (2,10) e di vittoria sui demoni (1,24-27; 1,34; 3, 11.23; 5,7), e gli uomini che si beffano di lui (5,40; 6,2; 15,29-32) e vogliono la sua rovina (3,6; 12,13; 14,1).
Quando si presenta l’occasione, Marco non esita a mostrare questa stessa opposizione all’interno dei gruppo dei discepoli (4,13) e della famiglia di Cristo (3,20-35). Egli spiega questo «scandaloso» contrasto con lo stesso mistero pasquale (Mc 16), facendo inoltre vedere che in esso si compie una profonda legge del piano di Dio (8,31; 9,31; 10,33) che si ritrova in tutta la vocazione cristiana (8,34; 9,35; 10,24-39; 13,9-13). Vangelo dei Messia umiliato e osteggiato, sofferente e crocifisso, conduce alla professione di fede del centurione: «Costui era veramente il Figlio di Dio».
Marco è l’Evangelista che pone più in rilievo il tradimento di Giuda e di Pietro. Vendere Cristo o rifiutare di riconoscerlo nei fratelli è il tradimento che perennemente sta in agguato dietro ogni nostra Cena eucaristica.
La raffigurazione di san Marco compare sin dalla prima arte cristiana, assieme a quella degli altri Evangelisti. San Girolamo (IV secolo) argomentò come si possano associare i quattro evangelisti con i simboli del "tetramorfo" che compaiono nelle profezie di Ezechiele, riprese poi nelle visioni dell'Apocalisse:
«Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l'aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l'aspetto d'uomo, il quarto vivente era simile a un'aquila mentre vola; i quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi»
Nell'iconografia dell'inizio del V secolo – come si osserva ad esempio nei mosaici della Basilica di Santa Pudenziana a Roma – furono tali simboli ad essere rappresentati al posto dei quattro santi: san Marco vi appare come leone alato. Le sue spoglie furono trafugate con uno stratagemma da due mercanti veneziani nell'anno 828 e trasportate, dopo averle nascoste in una cesta di ortaggi e di carne di maiale, a Venezia, dove pochi anni dopo venne dato inizio alla costruzione della Basilica intitolata al Santo che ancora oggi ospita le sue reliquie.