lunedì 6 marzo 2017

Continuano i pezzi dedicati alle marce della nostra Luciachiara, alla quale vanno tutti i nostri complimenti per le ottime esecuzioni anche da solista nel coro Maria SS Monte Carmelo. 

Luciachiara Palumbo

Via Anfiteatro è spaccata in due: da una parte un sole primaverile caldo fa avvertire l’esigenza di togliere i cappotti pesanti nei quali ci siamo avvolti durante la notte per sfuggire alla brezza marina di Via Garibaldi e dall’altra parte un’ombra fresca e fastidiosa si introduce nelle aperture dei giubbotti e punge il collo.

Gli occhi piccoli piccoli, resi così dal sonno, tendono a riaprirsi per potersi gustare un momento di ritualità intenso, emozionante e ricco di significati.

Ph.Valentina Tortorella
La banda Paisiello, dietro il simulacro della Vergine Addolorata, intona A mia madre. Il titolo, la partitura danno voce ai cappucci bianchi dalla mozzetta crema che con il solito incedere si avvicinano alla Mamma di tutte le mamme… E mentre il tallone del piede destro si abbassa spingendo il sinistro a sollevarsi e a riscendere toccando il rugoso asfalto della città, gli occhi minuscoli come i fori di quella stoffa profumata puntano al livido volto della Vergine, dove le rosee guance sono poco illuminate dalla luce del giorno. 

In una melodia che quasi sembra una ninna nanna, i perdoni ondeggiano, muovono il corpo mantenendo fisso lo sguardo verso di Lei. Senza alcuna parola, senza alcun fiato Maria è venuta da noi… non siamo stati noi a cercarLa ma Lei, 

Lei ci è venuta a riprendere dalla miserabile condizione di peccatori. Come possiamo allora non abbandonarci in un pianto senza fine? Un pianto di liberazione, di sconforto e di abbandono. Nelle mani un cuore trafitto dalla crudeltà dell’uomo e un fazzoletto che ha asciugato le mille lacrime ci vengono mostrati o forse consegnati… il suo cuore diventa il nostro cuore sofferente e il suo fazzoletto diventa mezzo per consolare le nostre disperazioni. 

Ph.Valentina Tortorella
La musica, acquistando ritmo e dolcezza, rinvigorisce le forze; i guanti stringono forte il bordone, scaricano su di esso un corpo stanco e i piedi accompagnano un’anima desiderosa di perdono verso Lei. I colpi forti, impetuosi dettati dalle percussioni scandiscono il passo risoluto ad andare avanti, orientato all’umiliazione e ostinato a continuare nonostante la fatica di ogni giorno… e poi finalmente al Suo cospetto, il fratello di destra batte col bordone a terra per tre volte e in un gesto di estrema velocità i due si genuflettono per riacquistare successivamente la lentezza che li caratterizza. Un gesto fugace nella monotonia della vita, una speranza rinata nel grigiore di ogni giorno.

 Non è stato il momento dell’inchino il vero cuore del rito ma lo sguardo che nessuno di noi poteva percepire, che nessuno di noi poteva capire, che nessuno di noi, gente ai bordi della strada, potrà mai sperimentare.

E mentre Mamma continua a guardare le poste che si alternano a salutarla, quella prima coppia si allontana nel vuoto di una via dove poco tempo prima la folla accoglieva l’amore disinteressato di una madre per un figlio.

 Il cappello è ormai di nuovo sulla testa, la forza è tornata nelle gambe e nonostante il cammino sia lungo e faticoso, i fratelli, uniti più che mai dalla loro condizione di “perdonati”, affrontano la vita con rinnovata fiducia in Dio…