lunedì 27 marzo 2017

Un pezzo straordinario di Luciachiara..l'ultimo dedicato alle marce..



Luciachiara Palumbo


Anni e anni di storia potrei raccontarvi attraverso i miei occhi invisibili… Lì sulla soglia della Chiesa ho accolto tantissimi volti felici e tristi, ho assistito a piccoli miracoli, gente che entrava qui dentro con volto disperato in cerca di aiuto ed usciva sorridendo per aver ritrovato la voglia di vivere.

Sono un oggetto, un simbolo come tanti altri eppure quasi vorrei che tutti voi osservaste dalla mia prospettiva.

Solo il silenzio, solo il vivere lì sugli scalini di quel luogo sacro possono consentire di comprendere il valore che per molti ha questo tempio. Lo so, state leggendo senza capire chi stia narrando e cosa c’entri col titolo di questo discorso… Ma non parlerei io se non fossi il protagonista degli ultimi momenti come dei primi, del resto.

Ho il ruolo di sipario dei riti della Settimana Santa: è il rumore delle mie ante marroni quando si aprono che infonde, in chi alle tre sta aspettando la prima posta, un sentimento bellissimo di suspance e gioia… è il rumore delle mie ante marroni quando si chiudono che lascia nell’uomo un dolore forte e un vuoto incredibile. 

Si, un semplice portone scuro ha impresso su di sé il segno di una tradizione immensa e indescrivibile. E il Sabato mattina lo guardo il mio pellegrino mentre avanza verso di me e vorrei con un soffio spingerlo lontano, vorrei ritornare indietro ed iniziare tutto di nuovo perché ciò che vedo in quei giorni non lo vedo mai nella restante parte dell’anno. 

Invece si avvicina sempre di più con quel rumore assordante emesso dalla troccola, un rumore stanco, forte, nervoso perché tra poco lascerà posto al silenzio assoluto. Sale un gradino… poi ne sale un altro… si ferma… alza il bordone… allora chiudo gli occhi, ho paura di soffrire non per i colpi ma per quello che verrà dopo… e mi colpisce: uno, due e tre… Cerco di opporre resistenza a chi mi apre in due ma è tutto inutile, il tempo scorre attraverso gli oggetti, le persone e non possiamo fermarlo. 

Istante dopo istante osservo, con dolore profondo, rientrare tutti i componenti della processione fin quando percependo gli squilli iniziali di Jone, capisco che davvero è tutto finito…

I piccoli suoni ritmano dei passi impercettibili che avanzano lentamente, abbandonati al dispiacere. La musica segna solo l’epilogo di un romanzo, la fine di una storia in cui tutti in modo diverso siamo stati protagonisti e registi allo stesso tempo. 

I colpi dei Piatti e dei Bassi sembrano dirti “cammina… cammina” e invece tu cerchi di evitarlo, stringi la sdanga, appoggi la mano sulla forcella che hai avanti e ti aggrappi ai ricordi, ai momenti di una notte incredibile per fuggire alla solitudine del Sabato Santo. 

Il cuore si colma di ansia, paura, sconforto, dolore, sofferenza e sembra di impazzire difronte a qualcosa che non si ha la forza di fronteggiare ma poi… poi la musica diventa una poesia dolcissima, la nazzicata rallenta il suo andamento. 

Maria stringe per gli ultimi istanti Gesù, lo stende sul suo grembo e gli accarezza il volto mentre le lacrime amare le rigano il viso senza che ormai ella possa accorgersene. Si solleva, lo solleva aiutata dagli altri e cammina, passo dopo passo, alzando gli occhi al cielo disperata e implorando il Padre di farlo tornare in vita. 

Si arrende, ci arrendiamo anche noi dinnanzi al destino, dinnanzi ad un progetto più grande di noi… Poi la musica ci spalanca le porte del cielo, un raggio di luce splendente brucia i nostri occhi chiusi, ci costringe ad aprirli e la consolazione entra silenziosa nel nostro animo. Acquistiamo il coraggio di avanzare in modo più deciso quando nuovamente i colpi dei piatti ci sollecitano… saliamo i gradini e il portone, commosso e piangente, si chiude su se stesso e sbattendo le ante colpisce dritto al cuore ognuno di noi.