mercoledì 22 marzo 2017

Antonino Russo

Con il mercoledì delle Ceneri si apre il cammino di conversione della Quaresima, periodo di preghiera, digiuni e astinenza per tutti i cristiani.

Periodo in cui cresce l’attesa per il triduo Pasquale, specie per noi Confratelli e Consorelle.

Quaranta giorni che simboleggiano la nostra vita intera, quaranta come gli anni del popolo di Dio nel Deserto.

Il diluvio universale è durato quaranta giorni e quaranta notti.


Mosè è rimasto sul monte Sinai per quaranta giorni e quaranta notti.

Il profeta Elia ha dovuto attraversare il deserto per quaranta giorni prima di giungere al monte Oreb.

Quaranta i giorni dopo la nascita di Gesù trascorsi i quali viene presentato al Tempio di Gerusalemme.

Quaranta i giorni in cui Gesù si è ritirato nel deserto prima di iniziare la sua predicazione pubblica.

La flagellazione secondo la legge mosaica prevedeva "non più di quaranta colpi".

Quaranta giorni che iniziano con della cenere cosparsa sul capo e culminano con dell’acqua versata sui piedi nella Messa in cena Domini, il giovedì Santo.

Cenere in testa, ricavata dal bruciare dei rami d'ulivo benedetti nell'ultima domenica delle Palme (quando riconosciamo Cristo come re della nostra vita) e acqua sui piedi ovvero: conversione e servizio.

Diceva Don Tonino Bello che: “è difficile sottrarsi all'urto di quella cenere. Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un'autentica martellata quel richiamo all'unica cosa che conta: "Convertiti e credi al Vangelo".”

E ancora, parlando dell’acqua usata per la lavanda dei piedi del Giovedì Santo:

“Rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell'acqua nel catino. È la predica più antica che ognuno di noi ricordi. Da bambini, l'abbiamo "udita con gli occhi", pieni di stupore, dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente.

Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi: ma senza monotonia. Ricca di tenerezze, benché articolata su un prevedibile copione. Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati: l'offertorio di un piede, il levarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio.


Una predica strana. Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana, è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate.”

La nostra penitenza avviene con il cappuccio bianco che copre quel capo già cosparso di cenere e con i piedi nudi che diventano sporchi lungo il cammino e che hanno bisogno dell’acqua per essere purificati.

Cenere e acqua…chiudo con un grande augurio per tutti noi usando questa frase del compianto Vescovo di Molfetta:

“Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi.”



Decor!