lunedì 28 aprile 2014


Antonello Battista 

La Settimana Santa 2014 è terminata ed è ormai un ricordo, dolce ed indelebile ma solo un ricordo, asciugate le lacrime e riposto l’abito, ci restano le emozioni e le preghiere innalzate al Signore intimamente o con il nostro compagno di posta o di sdanga. Parlare della Settimana Santa è molto facile, a volte si abusa anche, ma viverla da protagonista con un cappuccio calato sul volto o un legno liscio sulla spalla è tutt’altra cosa: ti sembra di vivere in una dimensione parallela, il brusio, la folla che ti circonda, non sempre purtroppo composta e devota, sembra eclissarsi, quando sotto il cappuccio non è più il cervello, ma è il cuore a ragionare, a farti vivere ed a muovere i tuoi passi. È la dimensione intima della fede, che proietta ogni tuo gesto, ogni tuo pensiero, ogni tua intenzione, verso qualcosa di più grande e spirituale, verso colui che con la sua passione e resurrezione ci ha insegnato che non c’è notte che non venga seguita da un’alba, non c’è disperazione che non trovi sollievo nelle braccia amorevoli del Padre.

Questa Settimana Santa appena trascorsa è stata indiscutibilmente la metafora della speranza e della resurrezione in Cristo. Le incertezze metereologiche, hanno fatto temere il peggio e quando alle 17 del Venerdi Santo, il troccolante appena varcata la soglia del portone è dovuto rientrare a causa dell’intensa pioggia, siamo stati tutti, confratelli in primis, percorsi da un brivido di incertezza e quasi di sconforto nel timore che la processione dei Misteri, la nostra catarsi dell’anima, potesse essere interrotta o subire pesanti sconvolgimenti a causa del maltempo. Sono state due ore e mezza di interminabile attesa e preghiera all’interno della nostra amata Chiesa del Carmine, ma intorno alle 19.30, il tempo ha dato una tregua e mettendosi per il meglio, ha concesso forse una delle nottate più serene e placide di tutto l’anno, che seppur fredda è stata riscaldata dal calore della passione e dalle preghiere dei confratelli in processione. Questa è stata la prova della vittoria della luce sulle tenebre, è stata la nostra piccola resurrezione, il passaggio ad una vita nuova in Cristo. 

Non c’è notte senza alba, non c’è fede senza passione, ed è la fede che anima i nostri cuori in ogni nostro gesto o liturgia, è la preghiera che guida i nostri piedi nudi tra le pozzanghere e sulle fredde “chianche” di via D’Aquino. Ma cosa può portarti a compiere sacrifici, offrendo il frutto del tuo lavoro e della tua abnegazione, per poter partecipare a questa massima espressione di spiritualità; cosa può portarti a sopportare la fatica di una pesante sdanga sulla spalla o il dolore pungente dei polpacci e delle caviglie ingrossati da sedici ore di veglia e di posizione eretta, se non la forza della fede in Cristo e della preghiera?

Gli atti, i gesti le testimonianze (e ciò lo rivendico con cognizione di causa), sono la nostra risposta all’esercito di benpensanti che ogni anno sfoggia il proprio repertorio di luoghi comuni, volgarità, vouyerismo e ogni tipo di calunnia, sui sacrifici dei confratelli, sul loro reale senso di fede e sul senso del sacro in generale dei nostri Riti, cercando con blateranti dichiarazioni a volte anche pubbliche e a mezzo stampa di screditare in ogni modo l’ultimo baluardo di Tarentinità e di coesione sociale rimasto in questa lacerata terra, ottenendo forse l’effetto di cinque minuti di popolarità, ma in sostanza riempiendo con le loro parole il calderone delle ovvietà e del cattivo gusto.

È da Cristo che vogliamo essere guidati, è a Lui che vogliamo ritornare con la nostra passione e la nostra pietà popolare, è per Lui che compiamo i nostri sacrifici, chi non ci ama e non ama i Riti, ha da rassegnarsi, perché finchè anche uno solo dei confratelli del Carmine sarà mosso dalla fede e dalla passione per le nostre tradizioni, i Riti Pasquali Tarantini non moriranno mai, avranno altri 100 e poi 1000 anniversari della “Donazione” da festeggiare, portando indelebilmente impressi nei nostri cuoi i simboli della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Ancora una volta, Prosit fratelli miei!