mercoledì 2 aprile 2014

Mattia Giorno

Giovedì 27 marzo, come da calendario, ha avuto luogo la seconda predicazione quaresimale di Mons. Marco Gerardo. Stavolta il tema discusso dal padre spirituale dell’Arciconfraternita ha visto protagonisti i dieci Comandamenti. Il titolo scelto per l’occasione è stato il seguente: “I dieci Comandamenti: palle al piede o via della vita e della libertà dell’uomo?”

Abbiamo già visto, con l’aiuto di don Marco, che il sacramento della Confessione non deve essere visto come momento del giudizio finale di Dio, ma come luogo d’amore e di misericordia. Per quanto concerne i dieci Comandamenti, considerati spesso da noi come leggi imposte al cristiano da Dio, don Marco ha spiegato come essi sono parole di vita,consigli che spingono l’uomo ad intraprendere il cammino della santità.

Analizzandoli in maniera dettagliata ed ordinata troviamo al primo posto il riconoscimento di Dio come unico Dio. Facendo questo dovremmo annullare in noi ogni forma di idolatria, non più rivolta all’adorazione di altre divinità bensì incentrata nel riconoscimento di idoli che affollano il cuore del cristiano, come ad esempio il successo, il denaro e la buona fama. Ora, compreso il primo Comandamento, si passa al secondo, ossia il rispetto del nome di Dio, non utilizzandolo invano né tantomeno per la menzogna. Infine, a chiudere questo gruppo di Comandamenti rivolti direttamente a Dio, abbiamo l’osservanza del giorno di festa per la santificazione di Dio; bisogna far festa con tutto il creato per riacquistare dignità e uguaglianza innanzi a Dio, per onorarlo e gioire con Lui.

Subito dopo questi primi tre è la volta dei Comandamenti rivolti a Dio per mezzo dei fratelli; il primo di questi pone l’uomo ad onorare il padre e la madre, poiché è proprio l’amore verso i genitori che produce benedizione ed abbondanza. La famiglia deve essere unione e rispetto, luogo in cui attraverso il dono della pace si ossigena il proprio cuore.

“Non uccidere”, è questo invece un comandamento noto che molti sono convinti di osservare, ma come don Marco ha ricordato esso non è rivolto solo alla morte fisica ma anche alla morte spirituale, mediante il peccato o l’induzione in tentazione, ed alla morte sociale, data invece dal pettegolezzo, dal disprezzo e dall’insulto. Sono queste forme gravi di peccato, anche se, ad esempio, si è soliti pensare in primo luogo all’adulterio. “Non commetterai adulterio” è infatti scritto nel Deuteronomio, ma la sessualità, spesso considerata come peccato principale, non è più importante della bestemmia, né del disonore verso i propri genitori, tantomeno della morte sociale.

“Non desiderare”, è il comandamento che segue al rispetto delle cose altrui, ossia “non rubare”. Non desiderare non significa però, come erroneamente si crede, chiusura mentale,esso si rivolge direttamente ai desideri che annullano le gioie della vita, quei desideri che rompono l’equilibro dell’uomo. È proprio l’invidia il sentimento che causa questo peccato, bisogna mirare ad ottenere le cose in modo lecito ed onesto, estirpando dalla propria vita tutti i pensieri ed i desideri derivanti da essa.

Come il nostro padre spirituale ci ha ricordato al termine della sua predicazione, i Comandamenti possono essere visti in diversi modi, non per forza bisogna guardare alle negazioni, frutto di una mentalità antica. Oggi dovremmo imparare a vivere secondo queste leggi per ristabilire un equilibrio ed un ordine umano, che siano causa di gioia, libertà e vera vita. Detto questo ricordo l’appuntamento per la terza ed ultima predicazione quaresimale che si terrà giovedì 3 aprile nella chiesa del Carmine.