mercoledì 30 aprile 2014

Valeria Malknecht

Fa freddo, mi sento stanca e sono a malapena le 6 del mattino.

Ma non posso mollare proprio ora che l’Addolorata sta per attraversare il ponte girevole.

Il vento ed il gelo che ho sentito su di me questa notte sono i nemici che ora devo vincere. La paura che potesse piovere mi ha quasi esaurita, così come è accaduto alla batteria del mio i phone, a furia di controllare le previsioni del tempo.

Attendo che esca il sole così potrò scaldarmi.

In realtà, come mi aspettavo, a scaldarmi il cuore ci pensano le immagini che ho davanti agli occhi: la folla che abbraccia le sdanghe nere sul ponte, i confratelli del Carmine che vanno incontro all’Addolorata su via d’Aquino e la melodia di “Tuppe tuppe” che si adatta perfettamente al senso di inquietudine di una madre che disperata cerca il proprio figlio, bussando e chiedendo di lui davanti ad un portone.

Una telefonata mi porta via da quella piazza. Qualcuno ha bisogno di me e devo andare. La Madonna mi capirà.

La mattinata scorre veloce e non sono riuscita a mangiare, né a dormire nemmeno un’oretta. 

Non fa nulla, l’essenziale è che tutto il mondo si fermi per le prossime 18 ore. L’unica cosa che desidero è che mio padre possa fare la processione.

Merita di vivere questo momento, nonostante le preoccupazioni di questo periodo siano tante e gravi.

E come se non bastasse ci si mette anche il tempo.

Il troccolante ha tentato di uscire ma non c’è stato verso. Il suono della troccola non ha scacciato via le nubi, né ha spaventato l’acqua che copiosa continua a scendere.

Le porte della Chiesa, dopo essere state aperte per pochi minuti, si sono innaturalmente chiuse e hanno custodito per due interminabili ore i pensieri preoccupati di Luigi, di Salvo, di Mirko, di Aldo, di Antonello, di Mattia e di tutti i confratelli che, qualche sera prima, aggiudicandosi chi un simbolo, chi una posta, avevano realizzato un sogno.

Un sogno che qualcuno per un anno, qualche altro per una vita intera, ha immaginato di poter realizzare. Un desiderio che è costato sacrifici e privazioni ma che sono stati affrontati con gioia ed in piena consapevolezza.

Ora sono in un angolo della Chiesa, mi guardo intorno e ciò che vedo sono solo volti tesi e dita che scorrono freneticamente sui touch screen dei cellulari, ovviamente tutte alla ricerca di previsioni del tempo tanto attendibili quanto confortanti.

Qualcuno si raccoglie in preghiera, stringe fra le mani le sdanghe, si sofferma sui particolari delle statue così vicine, le bacia, le accarezza…riesco a leggere in quei gesti una inequivocabile richiesta di aiuto e di protezione.

In questo momento non ci sono più cifre, non ci sono più gare, né le critiche di chi queste cose non può capirle in pieno. Ora ci sono degli uomini che “vivono” Dio attraverso le statue dei Misteri e che vogliono uscire fuori da quel portone. Nient’altro.

Il suono della troccola mi batte nella testa. Il troccolante non smette di suonarla, quasi a voler rassicurare tutti che stasera quella troccola uscirà ed il suo crepitio risuonerà fra la gente.

Intanto qualcuno, l’unica persona che voglio sentire in questo momento, mi manda dei messaggi e mi dice ciò che sta riferendo il giornalista di Studio 100, mi aggiorna su come e quanto sta piovendo là fuori, mi chiede come sono gli animi e cosa succede all’interno della chiesa. È qui con me.

Finalmente si esce. 

Adesso sono ai piedi del Crocifisso e c’è solo silenzio. Do un bacio a mio padre ed al suo compagno di posta ed emozionati e fieri prendono il loro posto in processione.

I cappucci si abbassano sui loro volti ed è come se anche sul mio ne calasse uno.

Ed i pensieri improvvisamente corrono… alcuni mi riportano indietro nel tempo a quando desideravo che mio padre fosse un confratello. Ora realizzo che è tutto vero. È qui davanti ai miei occhi, nonostante tutto, ed insieme affronteremo questo cammino. Ringrazio quel Gesù che pende dalla croce perché gli ha dato la possibilità di esserci.

Altri pensieri sono rivolti ai miei affetti più preziosi…a te che stai soffrendo, a te che stai aspettando là fuori che tuo marito esca, a te che attendo di incontrare e con cui voglio condividere l’ennesima emozione.

Ed in questa giornata infinita le emozioni, sia belle che meno belle, sono state davvero tante.

Sono giunta in piazza, ora fa perfino caldo e non sento più la stanchezza. 

Vivo il momento del rientro in modo del tutto nuovo questa volta. Stupendo, non so descriverlo. 

Mi assicuro che mio padre sia entrato, mi soffermo sull’immagine del portone che si chiude dopo l’ingresso dell’Addolorata e vorrei che le note di Jone non finissero mai.

Quella di quest’anno la considero un po’ come la mia “prima” processione dei Misteri, perché così non l’avevo mai vissuta.
Mi ha regalato e fatto vivere dei momenti che difficilmente scorderò e che porterò nel cuore per sempre.

Questo è ciò che vorrei raccontare e far vivere a mio figlio un giorno.

E gli dirò che la pioggia non dovrà mai demoralizzarlo, né spaventarlo perché alla fine il sole ritorna…sempre. 

Decor.