lunedì 29 settembre 2014



Salvatore Pace

Ci sono determinati sentimenti nell'animo umano dei quali, probabilmente, noi ignoriamo l'origine ma che sono presenti nel nostro DNA per i più svariati motivi.


Un prozio di mio padre, fu Carmelitano, devoto allo Scapolare benedetto per tutta la sua vita e passò la sua vita monastica nella Basilica Santuario della Madonna del Carmine di Napoli, uno dei più antichi ed importanti monumenti eretti a devozione della Mamma del Carmine, risalente, addirittura al XIII Secolo.

Padre Lorenzo Cervellera fu a cavallo degli anni 40 e 60 una personalità viva e brillante nella vita religiosa e sociale della città di Napoli, allora indiscussa capitale culturale della nostra Italia e assunse in quegli anni l'incarico i padre spirituale degli artisti del Teatro San Carlo di Napoli e di tutti gli artisti che transitavano nel variegato "mercato" dell'arte che era la città Partenopea.

A tutti questi artisti egli chiese "dazio" facendoli "nascere" nell'amore verso il benedetto scapolare e verso la Madonna Bruna, la Mamma del Carmelo.

Beniamino Gigli cantò in occasione delle 40 ore il 6 gennaio del 1952, quando in una chiesa del Carmine allora disastrata a causa delle ferite della recente Guerra, l'usignolo di Recanati volle regalare alla Madonna del Carmine una sua meravigliosa interpretazione.

All'ombra dei maestosi organi della basilica, Padre Lorenzo, da amante della lirica, riuscì a far esibire, Renata Tebaldi, Mario del Monaco, Caruso, Tito Schipa ed un giovanissimo Luciano Pavarotti, tanto per fare alcuni nomi.

Crebbe e visse nell'amore per l'abitino e per l'arte che egli amò sempre, facendola strumento per arrivare ed elevarsi nel nome della Madonna del Carmine.

La sua opera del 1972 MILLE ARTISTI NEL CARMINE DI NAPOLI è una raccolta meravigliosa di testimonianze sacre e profane di una vita spesa nell'amore per la Vergine del Carmelo e nell'arte intesa come veicolo di diffusione della Fede verso l'abitino e verso il credo del Privilegio Sabatino.  

Credo allora che lo smisurato amore che nutro oggi per il nostro Scapolare sia, infondo, un amore tramandatomi misteriosamente da questo mio trisavolo sconosciuto che con mio padre ebbe un fortissimo legame affettivo e che, forse, oggi da lassù vedendomi indossare camice e mozzetta da lassù mi carezza il capo benevolente,