martedì 30 giugno 2015

Mc 4,35-41

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono.


Il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato la scorsa domenica ci offre uno spunto di riflessione importantissimo sulla nostra vita quotidiana, sul nostro essere cristiani e sull’importanza della nostra fede. Metaforicamente la nostra vita è rappresentata dal mare in tempesta ed i nostri dubbi, la nostra rabbia i nostri affanni, sono gli stessi dei discepoli, che richiamano Gesù che dormiva a poppa della barca. È esattamente lo stesso dei discepoli il nostro atteggiamento nei confronti dei dolori quotidiani, quando sentiamo che lo sconforto ci ha vinto, quando sentiamo il Signore lontano da noi, quando crediamo che addirittura dorma piuttosto che curarsi di noi.
 

Ed è proprio in quel momento che sentiamo il bisogno di gridare: “Gesù dove sei?, Signore perché permetti tutto ciò?”. È il nostro richiamo di figli a che il Padre faccia qualcosa a che il Padre abbia misericordia di noi. Dobbiamo sforzarci di pregare il Signore, dobbiamo ridestare il suo amorevole sguardo verso di noi, non dobbiamo mai stancarci di gridare ed invocare il suo aiuto, perché la risposta ai nostri tormenti è ciò che Gesù compie nel brano del Vangelo, che svegliatosi intima al mare di placarsi ed al vento di tacere. 

La sua risposta ai discepoli è invece l’essenza della nostra natura umana, Gesù risponde: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”, quella domanda è rivolta a noi. perché dubitiamo del Signore, perché non riusciamo a scorgere la sua presenza? Perché non riconosciamo la sua regalità, ma soprattutto perché incolpiamo il Signore per le nostre fragilità e le nostre debolezze?


La fede va alimentata, la fede va accresciuta giorno per giorno, come la pianta di senape della parabola, non cessiamo mai di cercare Gesù, non smettiamo mai di pregarlo, riconosceremo in lui la sua regalità e la sua onnipotenza cosi come han provato i discepoli, la nostra vita sarà più completa più semplice e più bella con la consapevolezza della presenza di nostro Signore Gesù e del suo infinito amore.