martedì 10 gennaio 2017

Antonino Russo

E’ un 2 Gennaio che trovo atipico: le festività Natalizie mi sembra siano passate velocemente, così come anche il capodanno.

Faccio due passi diretto “alla Congrega” accompagnato da mia figlia, con il libretto in tasca.

Il centro cittadino di presenta come lo avevo lasciato giorni addietro: piuttosto triste, non pulitissimo, lontano anni luce (è il caso di dire) dalle luminarie natalizie di Lecce o dall’eco festoso del concertone di fine anno di Bari, con gli esercizi commerciali che lasciano sempre più posto a saracinesche abbassate.

Nonostante il declino evidente di questa Taranto e i sentimenti di sconforto che si portano dietro queste riflessioni, l’arrivare davanti al portone di via Giovinazzi mi mette un senso di quiete.

Sto andando a “mettermi al corrente” (vi suggerisco di leggere questo bell’articolo di Claudio Capraro http://confraternitadelcarmine.blogspot.it/2015/01/mettersi-corrente.html dello scorso anno).

Lo sguardo di mia figlia che ammira le fotografie lungo le scale che portano in segreteria, è una delle più efficaci spiegazioni alla scintilla che lega noi Confratelli e Consorelle allo Scapolare.

Arriviamo in Segreteria salutati dal sorriso accogliente di Piero, quello di Fernando e dall’abbraccio di Michele.

Uno scambio sincero di auguri per il 2017 e poi verso la quota alla Confraternita, per poter godere dei diritti che lo Statuto diocesano ed il Regolamento interno prevedono.

Timbro e firma di Piero sul libretto e ricevo in dono il calendario del 2017.

Leggo sulla copertina:

“Pace a questa casa e coloro che vi abitano”: con queste parole, che il Sacerdote dice quando visita una famiglia per la benedizione, vogliamo salutarvi attraverso questo calendario, che giunge nelle vostre case. [...]

Inizia così il saluto e l’augurio di don Marco e del Priore e si chiude con l’affidamento alla Madonna passando per la ricerca del bene comune nelle case, nelle comunità come la nostra e nella città.

Dodici mesi di immagini dal sapore antico, immagini che mi hanno colpito perché mi ricordano le stesse luci e gli stessi sguardi dei fedeli riportati negli scatti che mio padre continua a custodire gelosamente e che mi hanno fatto innamorare di questa Confraternita.

Dodici mesi in cui i soggetti principali sono le poste dei confratelli più che i simboli e i simulacri della processione dei Misteri ad eccezione di due foto in bianco e nero del 1933 e del 1950 che mostrano un decoro e una compostezza durante lo svolgimento della processione del venerdì Santo dai quali tutti noi tarantini dovremmo prendere esempio.
Immagini di una Taranto che purtroppo non c’è più ma che rivive in parte nei gesti che da secoli la Confraternita tramanda.

Ripartiamo dal bene comune per diventare operatori di pace nelle nostre famiglie, nelle nostre Confraternite e per ricostruire, infine, questa nostra città.