martedì 18 marzo 2014



Cominciamo con oggi la pubblicazione di un racconto del nostro Confratello Claudio Capraro, il titolo è 8 giorni, e sono gli 8 giorni che dividono un Confratello da.... scopriamolo insieme e buona lettura.


Claudio Capraro : "Otto giorni"
Sabato

Anche quella mattina alle sette in punto la sveglia si attivò e partì la sigla del GR1. 

Paolo avrebbe preferito almeno il sabato svegliarsi naturalmente senza bisogno che la voce di uno speaker glielo ricordasse, ma Giulia quel giorno aveva il turno di mattina e quindi toccava alzarsi. Era anche un gesto di solidarietà coniugale. Per tutta la settimana lei si alzava con lui anche se avrebbe potuto restare a letto e quindi il sabato che era il giorno libero per Paolo, lui riteneva giusto ricambiare il favore. 

Giorno libero non da contratto, ma visto che il lavoro scarseggiava, il titolare dell’azienda dove lui era impiegato aveva ordinato ferie “forzate” per tutti i dipendenti. La situazione economica di Taranto non era particolarmente florida, anzi si era in pieno post-dissessto e all’orizzonte c’erano le elezioni del nuovo consiglio comunale. In ogni caso a Paolo non dispiacevano affatto queste ferie. Sin da piccolo quando il sabato era “costretto” ad andare a scuola si chiedeva perché suo padre, impiegato Italsider, potesse essere libero e lui no. Tra l’altro in questo modo poteva rimandare al sabato tutta una serie di faccende che nel corso della settimana sarebbe stato difficile svolgere. 

Giulia si preparò la colazione e, come ogni mattina, si piazzò davanti alla tv per trascorrere in uno stato catatonico quell’oretta di cui aveva bisogno per svegliarsi. Le prime settimane di matrimonio, Paolo aveva provato a parlare con lei appena sveglia, ma dopo un po’ si era reso conto che si trattava di una impresa estremamente ardua. L’unica parola che suscitava una reazione particolare in Giulia era caffè. A volte Paolo per evitare di parlarle, visti gli scarsi risultati, le mimava il gesto della tazzina portata alla bocca per chiederle se volesse il caffè mattutino e lei di rimando rispondeva muovendo la testa a dire si. 

Paolo era innamorata di Giulia alla follia e quindi accettava di buon grado. Quello di cui ancora non riusciva a capacitarsi era il fatto che Giulia non volesse parlare con nessuno per circa un ora, però non aveva nessun problema a fare zapping sulle trasmissioni più strane in onda la mattina tra le sette e le otto. 

Trasmissioni importate dagli States e trasferite nella provincia italiana, dove tate dalla calma olimpica hanno a che fare con piccoli teppisti e con i loro genitori che risultano essere peggiori dei figli, oppure dove due scapoloni ti organizzano il matrimonio, dove coppie si scambiano le mogli per una settimana e altri reality di questo tipo. La preferita però di Giulia era la gara di canto, ballo e recitazione tra giovani talenti che gli autori definivano “Amici”, ma che di amichevole aveva ben poco. 

Quando Giulia fu uscita, a Paolo prima di prepararsi, rimasero da sistemare le tazzine utilizzate per la colazione. Come faceva da più di un mese a quella parte prima di dedicarsi a questa operazione, accese il mangianastri che era sulla mensola. La cassetta era già pronta, ma ogni giorno era una sorpresa sentire con quale traccia sarebbe partita. Qualche secondo e le note di “Jone” invasero la cucina. Il volume era un po’ alto e Paolo si premurò di abbassarlo, ma non di tanto, altrimenti il rumore dell’acqua avrebbe coperto la melodia. L’audio non era perfetto. Quella registrazione era opera artigianale di suo padre che più di vent’anni prima, un lunedì di Passione, in una San Domenico gremita di gente per l’annuale concerto organizzato dalla Confraternita dell’Addolorata, catturò le note della Banda Principale della Marina Militare che al tempo era ancora di stanza a Taranto. Ovviamente la musica era condita da colpi di tosse e altri rumori di sottofondo che però a Paolo non dispiacevano, anzi riteneva che conferissero un carattere più genuino al tutto. 

Ogni occasione era buona per immergersi nelle note delle marce: in auto, al computer, e la mattina mentre si preparava. Se Giulia aveva bisogno dei reality, a Paolo da quando si stava avvicinando la fine del carnevale erano necessarie le armonie delle marce funebri. Quando Giulia le sentiva fingeva di non sopportarle, mimava di tagliarsi le vene, ma in realtà non le dispiaceva affatto che il marito avesse questa passione. Quando incontrava la sua amica del cuore o qualcuna delle sue zie cercava una finta solidarietà, lamentandosi del fatto che Paolo la costringesse ad ascoltare della musica, per lei, non proprio allegra, ma le risposte erano tutte uguali e cioè che nelle loro case accadeva lo stesso: un fratello, un figlio ognuno aveva la sua “croce”. Bisognava aver pazienza. In fondo mariti, padri, fratelli e figli che dalle proprie donne venivano osteggiati sapevano bene che non era così, anzi alla fine le loro donne erano orgogliose dei propri mariti, padri, fratelli e figli e l’avvicinarsi di quei giorni comportava anche per loro un impegno, differente da quello dei loro cari, ma altrettanto importante. 

A questo pensava Paolo mentre asciugava la moka e le tazzine dopo averle lavate. A Giulia e a tutte le altre donne. Per settimane hanno sopportato il tuo parlare in casa o con gli amici di progetti, di squadre, di sdanghe, di forcelle, di poste. L’aggiudicarsi un simbolo comporta anche il loro impegno economico: se un confratello fa delle rinunce durante l’anno per risparmiare i soldi necessari per provare ad aggiudicarsi qualcosa la Domenica delle Palme, questa rinuncia riguarda anche le persone a lui vicine. E se la domenica notte, tornato a casa, alla moglie, alla madre, alla sorella, alla figlia che lo aspettano sveglie dice di non essere riuscito, nonostante tutti questi sacrifici, ad aggiudicarsi nulla chi pensate dovrà sostenerlo nei giorni a venire? E se invece è andata bene, toccherà a loro sistemare tutto il guardaroba: stirare il camice, verificare che i bottoni di camice e mozzetta non si siano allentati, verificare che i nastri del cappello e dello scapolare non siano stropicciati, verificare le medaglie della corona e tanto altro. Esiste tutta una check-list che ogni confratello e che la donna che lo segue in questa sua passione, madre, moglie, sorella o figlia, hanno indelebile stampata in mente. E chi pensate si farà le nottate con lui? Loro ovviamente, le donne: insieme sul marciapiedi mentre lui rimugina su ciò che poteva essere e non è stato, oppure meglio lui sotto una statua e lei che lo segue ogni momento. 

Stava divagando. Si era fatto tardi e bisognava darsi una mossa. Aprì l’armadio per decidere cosa indossare e, come ogni mattina, il suo sguardo prima di mettersi a cercare il pantalone e la camicia adatta, cadde sulla mozzetta chiusa nella sua custodia. 

“Ancora un po’ e ci siamo”. Pensò. 

Alle sette Fabrizio aveva finito il suo turno e finalmente poteva tornare a casa. Per fortuna i colleghi che dovevano dare il cambio alla sua squadra si erano presentati tutti e anche in orario. Cosa abbastanza difficile. Se c’era da fermarsi Fabrizio lo faceva, non amava il suo lavoro ma nemmeno lo odiava, era consapevole che quella di entrare all’Ilva era stata una occasione d’oro. Gli occhi bisognava tenerli aperti, il pericolo era sempre dietro l’angolo, ma Fabrizio era sveglio. Quando la squadra che avrebbe dovuto montare dopo di te non si presentava in orario o al completo a qualcuno toccava allungare il turno, a volte raddoppiandolo. Questo le norme contrattuali lo vietavano, ma era una pratica abbastanza diffusa. A qualcuno questo sembrava un obbligo, per tanti altri poter fare dello straordinario era una manna dal cielo. Il mutuo, le bollette e i figli costano tanto e spesso qualche collega più anziano diceva a Fabrizio che sarebbe rimasto al suo posto, di non preoccuparsi. Fabrizio al momento non aveva un impellente bisogno di soldi, viveva a casa con mamma, papà e Loredana sua sorella maggiore. Era fidanzato da dodici anni con Daniela. Si erano conosciuti a scuola e da quando avevano sedici anni e si erano scambiati il primo bacio avevano vissuto sempre l’uno per l’altra, fedeli entrambi e gelosissimi. Certo quando stava con gli amici e vedeva una “bella femmina” non poteva non apprezzare, ma non si sbilanciava mai più di tanto. Per lui c’era solo Daniela. 

Fabrizio fu contento di poter andar via in orario mentre nello spogliatoio si cambiava in fretta pensando a quello che lo aspettava. Nella sua mente il sabato rivestiva ancora una aspetto mitico. Dopo una settimana passata a lavorare bisognava fare qualcosa di particolare per dare un senso a tutto. Poi alla fine con Daniela e con le altre due coppie di amici finivano a mangiare la solita pizzella e qualche volta andare in discoteca dove la serata non avrebbe avuto senso se non avessero bevuto un po’. 

Fabrizio tornò a casa, Loredana era ancora in pigiama e la mamma gli fece trovare il latte ed i biscotti sulla tavola apparecchiata per uno. 

“E papà?” 

“E’ andato alla Fadini, speriamo che viene subito che non posso iniziare a fare il brodo.” 

“Pure stò sabato brodo?” 

La madre non lo sentì, stava tagliando le carote ed il sedano; rispose Loredana: 

“Lo sai che il menù settimanale in questa casa è fisso” 

“Tu che devi fare stamattina?”, chiese Fabrizio cambiando argomento, aveva capito che era una battaglia persa. Sapeva ormai che almeno nel brodo avrebbe trovato i tortellini. Sempre meglio della pastina o degli spaghetti spezzati che fanno tanto ospedale. 

“Mi vado a fare un giro in centro.” Rispose la sorella con i capelli ancora scompigliati e gli occhi cisposi. 

Fabrizio finì la colazione, guardò l’ora e pensò che ormai Daniela dovesse essere sveglia e la chiamò. Nemmeno due squilli e lei rispose. Solita conversazione: “come stai, come è andato il turno, dormito bene” e poi i programmi per la mattina. Daniela doveva restare a casa, il martedì successivo aveva l’esame a Bari. Il quartultimo e poi la laurea. E poi? Si erano chiesti tante volte. “E poi si penserà!” era la risposta. Giurisprudenza. L’ennesimo avvocato in una città dove la concentrazione di studi legali è altissima e dove per poter vivere devi arrangiarti con le cause per incidenti automobilistici o liti condominiali. Tipo “Forum” con la Dalla Chiesa insomma. Si vedrà, pensavano. 

Fabrizio si stese sul divano e accese la tv. Più tardi sarebbe uscito ma adesso aveva bisogno di un po’ di riposo e lentamente, cambiando canale, si addormentò. 

Le stava provando tutte da circa due mesi. Non era un giocatore esperto, anzi era abbastanza schiappa, ma quando si avvicinava la Quaresima e si rendeva conto che i risparmi non gli avrebbero consentito granché provava con tutto. Aveva deciso di investire 10 euro a settimana. Cinque euro destinati al “Gratta e vinci”; avrebbe potuto comprarne 5 da un euro, ma preferiva puntare al premio grosso. Due euro erano per il lotto: un terno secco, un euro su ruota fissa ed un euro su tutte. I rimanenti tre euro erano per una biglietto alla Snai. Quello era l’ultimo fine settimana e fino a quel punto il bilancio era assolutamente negativo. Le uniche due vittorie erano state di 5 euro ciascuna con il “gratta e vinci”, subiti investiti in un ulteriore biglietto con la speranza di una vittoria più cospicua che ovviamente non c’era stata. Ma quel giorno si decidevano i destini, si staccavano i biglietti: “per domani pomeriggio o hai vinto qualcosa oppure…” erano i pensieri di Paolo mentre entrava nella sala scommesse. Prese i fogli con le quote degli incontri di calcio. La sua conoscenza si limitava ai campionati italiani di A, B e C. Dei campionati stranieri conosceva le squadre più famose, poi basta. Cercava quindi di trovare le partite con le quote più interessanti per poter ricavare un buon risultato finale. Aveva solo una regola fissa: non scommettere mai sul Taranto e sulla sua seconda squadra del cuore, i nerazzurri campioni d’Italia. Ogni volta che aveva giocato la vittoria di queste squadre puntualmente avevano perso. Scelse la fila meno lunga che però sapeva già, che per una vecchia regola sempre valida, da quel momento sarebbe diventata obbligatoriamente la più lenta e aspettò il suo turno per la giocata. Prima di lui un ragazzone alto e robusto, giubbino jeans e cappellino di lana bianca con la scritta Rich color argento parlava al cellulare: 

“Gianni, Fabrizio sono. Ancora dormendo stai?” 

Chissà Gianni dall’altra parte cosa rispose. 

“Sto giocando un biglietto. Poi ti passo a prendere? No Daniela deve studiare…Si, si martedì c’ha l’esame. Vabbé è arrivato il turno mio ti chiamo dopo. Cià”. 

E il ragazzone iniziò a dettare alla annoiata ragazza del terminale una litania di numeri, under e over. Finalmente dopo un tre minuti buoni terminò le sue giocate, pagò e lasciò posto a Paolo che invece in appena pochi secondi fece la sua giocata ed uscì da quel luogo dove nonostante i tanti divieti di fumare l’aria era sempre irrespirabile. 

Pensava a quale e quanta umanità si possa trovare in una sala scommesse. Si sarebbe potuto scrivere un trattato di sociologia. 

Fabrizio finita la sua giocata invece pensò a richiamare il suo amico Gianni mentre entrava nella Punto rossa di suo padre che aveva parcheggiato in doppia fila e partiva via sgommando. 

Il sabato pomeriggio per Paolo e Giulia una passeggiata in centro era quasi obbligatoria, soprattutto ora che l’inverno pian piano e controvoglia stava lasciando strada alla primavera. Il fatto che le giornate stessero allungandosi era ormai chiaramente visibile, se solo l’aria si fosse fatta un po’ più mite, ma era una speranza vana. Paolo sapeva bene che, anzi, contrariamente a tutte le aspettative, il freddo e la pioggia avrebbero avuto un rigurgito proprio nella settimana più importante dell’anno; anche questa era una regola non scritta, ma che si verificava ogni anno. 

Via Di Palma e via D’Aquino, le vetrine dei negozi esponevano le nuove collezioni primaverili; nel corso delle vasche era impossibile non incontrare qualche conoscente, amico o parente con cui fermarsi a scambiare due chiacchiere così come tanti erano invece quelli che anche vedendosi, facevano reciprocamente finta di nulla salvo poi dopo qualche metro dare inizio alle operazione di taglio e cucito. 

Ciò che accomunava la quasi totalità delle vetrine dei negozi (e non solo quelli del centro) era l’esposizione in bella vista delle locandine delle due Confraternite, quella del Carmine e quella dell’Addolorata. Spesso queste due locandine erano accompagnate da altre relative a manifestazioni collaterali ai riti che annualmente vengono organizzate in città. 

Queste locandine erano, ogni anno, uno dei tanti argomenti di discussione dei tarantini, confratelli o meno. Ognuno esprimeva la sua opinione critica sulla foto o sul disegno che erano stati scelti e magari facevano anche un confronto con quelle degli anni precedenti. 

Paolo e Giulia si fecero le solite due vasche, scambiarono due chiacchiere con amici, colleghi e parenti che incontrarono lungo il percorso, la domanda preferita era: “che fate stasera?”. Nell’ottica del risparmio loro due avrebbero, alla fine della passeggiata, comprato due pizze e se ne sarebbero tornati a casa per mangiarle sul divano e vedere un po’ di tv. A Paolo, in fondo, non sarebbe dispiaciuto andare a mangiare una pizza nel luogo preferito dai confratelli in quel sabato dell’anno dove si cenava al suono delle marce funebri e si buttavano giù gli ultimi progetti per il giorno successivo, cercando di convincere il probabile “quarto” che era ancora riottoso perché magari la macchina ormai era vecchia e doveva cambiarla oppure cercando di capire chi potevano essere i probabili avversari nelle chiamate del pomeriggio della domenica delle Palme. Certo negli ultimi anni, venuto meno il vecchio proprietario della pizzeria, il clima non era più lo stesso, ma almeno il giorno precedente la domenica delle Palme, l’aria era quella: fermento, voglia, una sensazione che ti parte dallo stomaco, vorresti bruciare il tempo ed essere già al giorno successivo a Sant’Agostino oppure al circolo Sottufficiali della Marina, vorresti già essere con i piedi a terra e invece devi attendere, e soprattutto devi sperare. 

E cosa poteva fare Paolo se non attendere e sperare? Poteva pregare e questo faceva appena aveva un momento appropriato. 

Daniela sentì il citofono e immaginò che fosse Fabrizio. Le aveva detto che passava alle nove e mezza, in realtà erano le dieci meno venti, ma lei doveva ancora vestirsi. 

“Maaà, rispondi! Se e Fabrizio digli che sto arrivando”. 

La madre abbandonò per qualche istante la tv dove un padre cercava di convincere i suoi due figli a riabbracciarlo dopo averli abbandonati vent’anni prima e obbedì agli ordini della figlia. 

Dopo un abbondante quarto d’ora Daniela finalmente arrivò; sotto casa ad aspettarla trovò oltre ovviamente Fabrizio, una coppia di loro amici Luigi e Rosaria. 

“Che facciamo? Dove andiamo” chiese Daniela dopo aver baciato il fidanzato, salutato Luigi ed aver preso sottobraccio Rosaria dalla quale non si sarebbe più staccata per tutta la sera vogliosa di sapere gli ultimi sviluppi sulla tresca che una loro comune amica stava trattenendo con il commesso di un negozio di scarpe di via Liguria. 

“Dobbiamo aspettare ancora Gianni e Valentina e poi decidiamo” rispose Luigi. 

“Mé intanto decidiamo che quando arrivano poi ce ne andiamo subito, sennò la serata qua dobbiamo passare!” disse Fabrizio. 

Quindi mentre ormai Daniela e Rosaria erano ormai partite con le loro chiacchiere i due uomini iniziarono a valutare verso quale locale dirigersi. 

Paolo e Giulia dopo aver mangiato la loro pizza videro un po’ di tv, ora c’era un fidanzato scaricato che chiedeva perdono alla sua ex più volte cornificata. Paolo sapeva che per fortuna, la resistenza di Giulia era limitata e che dopo un po’ sarebbe andata a letto e lui sarebbe riuscito a vedere gli ultimi minuti dell’anticipo di serie A. Non giocava la sua squadra, ma comunque doveva essere una partita interessante. Come previsto Giulia pronunciò la frase attesa e Paolo poté lasciare le lacrime per il pallone. Riuscì a vedere l’ultima mezzora, le interviste di fine gara e poi i servizi sulle partite del pomeriggio. Avrebbe voluto andare a letto soprattutto perché sapeva che il giorno successivo sarebbe stato impegnativo, ma non aveva sonno e sapeva che andando a dormire in quel momento avrebbe passato molto tempo a rigirarsi tra le lenzuola. La sua testa era da tutt’altra parte e non ci poteva far nulla, provava a distrarsi, ma niente. Cercò di restare sveglio il più possibile in modo tale che una volta a letto si sarebbe addormentato, ma il sonno non arrivava e invece crescevano le immagini nella sua mente e soprattutto le farfalle che aveva nello stomaco, sbattevano le loro ali sempre più velocemente. 

Alle dieci in punto arrivarono Gianni e Valentina e i sei poterono partire alla volta di Mottola per andare a mangiare. 

La conversazione al tavolo tra una birra e l’altra in attesa delle pizze fu ovviamente divisa in due: le donne da una parte e gli uomini dall’altra. Finalmente Fabrizio poteva parlare con Gianni, avevano fatto tante chiacchiere ma ora finalmente era arrivato il momento. 

“Allò Giuà che hai deciso per domani?” 

“Fabrì che devo decidere, te l’ho detto, io quest’anno sto inguaiato, ci dobbiamo sposare, i soldi mi servono, non è cosa.” 

“Madò Giuà ma me lo avevi promesso…” 

“Si l’anno scorso. Mica lo sapevo l’anno scorso che mi dovevo sposare.” 

“Ma se tu hai fatto la cazzata di mettere incinta Valentina.” 

“Cazzata o non cazzata tanto prima o poi ci dovevamo sposare. Mo che arrivi tu voglio vedere. Tanto quando Daniela si laurea che dovete fare? Non vi dovete sposare pure voi?” 

“See, poi si vede. Intanto io ho risparmiato per prendere una posta e mò mi dici così. Mica dobbiamo prendere il Bastoncino, una delle ultime poste, l’ultima, ma facciamolo sto sacrificio.” 

“Ve l’ho detto tante volte e ve lo ripeto: secondo me voi non siete normali a spendere tutti ‘sti soldi. Ma che vi dice la testa?” intervenne Luigi. 

“Luì, te lo detto tante volte: non è cosa che puoi capire, quindi…” rispose Fabrizio infastidito. 

“Vabbè, vabbè non parlo più. E che cosa è! Tutta sta permalosaggine”. 

“Permalosaggine mò te lo sei inventato tu?” fece notare Gianni. 

“Vabbè dobbiamo parlare di cose serie o di studicarie?” insistette Fabrizio. 

“Senti Fabrì, mo ti dico una cosa e pensaci fino a domani mattina e poi mi fai sapere: io uno sforzo lo posso fare, ma fino a cento euro, pigliamo una posta al pellegrinaggio al Carmine e per quest’anno va così.” 

“Al Carmine? Scalzi? Ma stai parlando seriamente?” 

“Di più non posso, e poi che problema c’è al Carmine? Mica è la prima volta che vai scalzo.” 

“Lo so, lo so, ma la Sttimana Santa mia è una, lo sai, è con l’Addolorata”. 

“Fabrì di più non posso, pensaci e fammi sapere.”