lunedì 5 dicembre 2016

Il 19 novembre il consiglio di amministrazione e gli officiali minori hanno vissuto una giornata intensa di preparazione al servizio che, per i prossimi cinque anni, ognuno di noi si appresta a mettere a disposizione dell’intera comunità confraternale.
La giornata è stata arricchita dalla presenza del Vicario Generale Mons. Alessandro Greco, che ci ha regalato una mirabile relazione sul significato di Confraternita e sui valori quotidiani che siamo tenuti a portare nella comunità cattolica, da quella più piccola, rappresentata dal nucleo del nostro sodalizio, a quella più grande perché, come Egli ha espresso,  dobbiamo essere esempio e divulgazione dell’amore verso la Chiesa e verso la Madonna del Carmine in tutta la nostra diocesi.
Noi avremo “cura dell’essenziale” come Don Alessandro ha esortato di avere e lo ringraziamo dal profondo del cuore per aver illuminato una radiosa giornata con la sua presenza e con la sua testimonianza della quale ognuno di noi porterà nel cuore un seme da far sbocciare durante i propri compiti all’interno del Consiglio di Amministrazione .
Questo è il suo intervento integrale, che sia un dono per tutti voi e che vi aiuti a  valorizzare quotidianamente e costantemente il vostro essere confratelli.
Vi abbraccio.
Decor.
Antonello Papalia, Priore


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Incontro Consiglio di Amministrazione
(19.11.2016)

      «La confraternita tende all’incremento di una vita più perfetta degli iscritti, alla promozione del culto pubblico della Chiesa ed alle opere di carità e di apostolato, animando, mediante lo spirito cristiano, l’ordine sociale e temporale secondo le proprie legittime tradizioni» (Art 1).
 
      L’incontro di oggi è finalizzato a riflettere sull’identità e la funzione del Consiglio di Amministrazione, eletto per rendere un servizio all’intera Confraternita, alla comunità parrocchiale, alla Chiesa diocesana. Il vostro ruolo non è pratico, di efficienza, non esige disponibilità a sbrigare pratiche, ad organizzare feste e manifestazioni, ma esige che voi siate veri cristiani e fedeli devoti della Madonna del Carmine. Dovete avere cura dell’essenziale.
Le categorie sulle quali desidero riflettere sono:

- la Chiesa
- la vita liturgica
- la comunione
- il servizio
- l’obbedienza

La Chiesa.

      Non intendo presentare la Chiesa con un discorso teologico, ma pratico. Essa  è la comunità dei battezzati. E’ stata fondata da Cristo ed ha lui come capo;  è una famiglia che vive con gli insegnamenti del Vangelo, si nutre dei contenuti della fede, è regolata dalla disciplina, è guidata dal Vescovo.  Se volessimo pensare ad una icona biblica, potremmo osservare la comunità di Gerusalemme descritta negli Atti degli Apostoli (2,42-48), dove si legge:
      «Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati».
       Luca descrive la vita della comunità cristiana nascente, tracciandone quasi un quadro ideale.
      Ritornare ad essa vuol dire tornare alle radici e cercare le strutture fondamentali che servano da riferimento e da guida per la Chiesa in ogni tempo e per ogni comunità i cui pilastri possono essere presi come riferimento per il vostro Consiglio, con le opportune applicazioni.
    Sono quattro i punti fondamentali descritti nel brano degli Atti degli Apostoli:
    la vita liturgica: ascolto della Parola – preghiera - celebrazione eucaristica – comunione.

Perseveranti nell’insegnamento degli apostoli
     
      L’annotazione di Luca mette in evidenza l’atteggiamento dei cristiani nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli: la perseveranza, l’assiduità, non l’episodicità.
      Dalla testimonianza degli Atti, si apprende che la comunità è convocata, cresce ed è educata dalla Parola di Dio nella quale i Confratelli, in particolare coloro che assumono un impegno di responsabilità, devono trovare il nutrimento quotidiano e la regola di vita, sia a livello personale, sia nello svolgimento del ruolo assunto.
     Infatti, la Parola di Dio è luce  che illumina il cammino (cf Lc 1, 78-79); è saggezza ed insegnamento (cf Pr 1, 3; 6, 23);  è verità (Gv 17,17; cf 2Sam 7,28; Sal 119,130; Is 40,8; Dn 10,1; 1Pt 1,23; 1,25; Ap 21,5; 22,6); è intesa come legge e regola di vita, riassunta nel Decalogo (cf Es 20, 1- 17; 24,4; 34,1; 34,28; Dt 5, 6- 22; ): la legge è parola divina la quale, sia nei Salmi che nei libri sapienziali, è fonte di felicità (cf Pr 16, 20); è dinamica, non è solo un messaggio dottrinale o un insieme di regole e norme che il credente deve osservare; essa produce gli effetti per i quali Dio la manda (cf Gs 21, 45; 23, 14; 1Re 8, 56; Is 55,10-11).
     A voi dunque è chiesta una maggiore familiarità con la Parola di Dio attraverso il contatto personale e attraverso quello che il Padre spirituale programma per la vostra formazione: catechesi ordinaria, per ricorrenze particolari, in preparazione alle feste e alle solennità.
     
Perseveranti nello spezzare il pane e nelle preghiere
    
      L’esperienza del cristiano passa attraverso la partecipazione alla celebrazione eucaristica - negli Atti denominata negli frazione del pane -  e attraverso il bisogno e il dovere di pregare. 
     In origine,  celebrata in una casa privata o in un locale privato (cf At 2,46), era accompagnata da preghiere e dalla predicazione (cf At 2,42), in un clima di grande gioia, come doveva essere tutta la vita della Chiesa. La celebrazione eucaristica è la risposta al comando di Gesù di ripetere,  quale memoriale, la cena che egli aveva consumato con gli Apostoli.
      Il ritrovarsi intorno alla mensa del Signore non può essere considerato soltanto un atto liturgico o una semplice celebrazione cultuale e devozionistica, ma deve  esprimere ciò che è in sé: memoriale della Pasqua, presenza viva e vera di Cristo,  Figlio di Dio, evento missionario, fonte della santità, fulcro da cui si irradia la carità.
      I primi cristiani erano coscienti della bellezza e del dovere della celebrazione eucaristica perché in tal modo rendevano vivo e operante il mistero salvifico di Cristo.
     Non è possibile che un confratello, e a maggior ragione u membro del Consiglio che deve essere esemplare,  non vada a messa la domenica e gli altri giorni di festa di precetto. Nello Statuto, si legge:
                       
«La Confraternita è il luogo in cui i membri, rispondendo alla vocazione universale alla santità si impegnano ad alimentare, nella Chiesa, la loro vita di unione con Cristo con gli aiuti spirituali, l’attiva partecipazione alla sacra liturgia ed a promuovere il culto pubblico, a norma delle leggi liturgiche  generali e diocesane e delle proprie tradizioni» (Art. 2, § 1).

                         
Comunione

      I Confratelli e a maggior ragione l’intero  Consiglio d’amministrazione, devono dare testimonianza di vera comunione.  Essi, come ogni cristiano, sono pietre vive unite a Cristo Pietra viva; così la comunità diventa casa spirituale, abitata dallo Spirito Santo, nella quale tutti i membri vivono in comunione profonda  perché il primo frutto dello Spirito è la carità (cf Gal 5,22).
      Si può ricevere un aiuto concreto da alcune raccomandazioni che San Paolo rivolge ai primi cristiani: per raggiungere tale obiettivo. Solo qualche citazione:

-         «Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rm 12, 10);
-         «Correggetevi l’un l’altro» (Rm 15,14);
-         «Rispettatevi gli uni gli altri» (1Cor 11,33);
-         «Per mezzo della carità siate a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,13);
-         «Portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2);
-         «Confortatevi gli uni gli altri» (1Ts 5,11);
-         «Siate in pace gli uni gli altri» (1Ts 5,13);
-         «Sopportatevi gli uni gli altri con amore» (Ef 4,2);
-         «Perdonatevi gli uni gli altri» (Col 3,14);
-         «Pregate gli uni per gli altri» (Gc 5,16);
-         «Siate in comunione gli uni gli altri» (1Gv 1,7).

La Chiesa casa e scuola di comunione

     «Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo» (Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte 43).
          Come la  Chiesa è casa e scuola di comunione, allo stesso modo deve esserlo ogni piccola comunità, ogni gruppo di persone chiamate a svolgere un ministero o una mansione:
-         la Chiesa è casa in quanto luogo in cui, di fatto, si vive l’esperienza della comunione come costitutivo essenziale delle relazioni tra le persone;
-         è scuola di comunione in quanto nella Chiesa si deve imparare ad amare, a vivere in comunione, attraverso l’esercizio, gli atti di umiltà, gli atti di generosità, di rispetto e di servizio reciproco.
      Giovanni Paolo II afferma che questa è la grande sfida che ci sta davanti all’inizio del terzo millennio.
      Perché è una sfida? Perché il mondo, in particolare l’occidentale, a motivo degli interessi economici e la mancanza di regole e di valori, vive nella frammentazione, nella disgregazione all’interno della persona, nella cultura, nella famiglia, nelle aziende, nella politica, nel mondo del lavoro. Potrebbe anche essere il rischio a cui va incontro la Chiesa, per cui è necessario creare la comunione tra tutte le sue componenti: deve essere in comunione tutto il popolo di Dio; il popolo di Dio deve essere in comunione con il Papa e con i vescovi; devono essere in comunione i presbiteri, i presbiteri con i fedeli, con le Confraternite,  con i gruppi, con i movimenti…
    Il mondo ha bisogno di unità, di comunione, anche se nella diversità. Un Consiglio di amministrazione deve essere esemplare!


L’ obbedienza


      L’obbedienza di Gesù. L’obbedienza è una delle virtù che caratterizzano la vita di Gesù: «… umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce»  (Fil 2,8).
       Egli è il vero modello di obbedienza. Trascorre l’intera sua vita nella continua ricerca della volontà del Padre. Nella imminenza della morte, esclama: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a Te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36).
     Figura del Servo obbediente, si consegna totalmente alla volontà del Padre in ogni momento della vita, in ogni situazione: per il mistero dell’Incarnazione e della Redenzione, ma anche per le vicende della vita come la fuga in Egitto, la dimora a Nazaret, l’avversione e il rifiuto da parte dei suoi concittadini.
      L’obbedienza di Cristo giunge fino alla morte di croce:
       «…  apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,2-11).
      
L’obbedienza a Gesù. Desidero parlare dell’obbedienza non in forma legalistica, ma come uno stile di vita del credente rinnovato dal Cristo risorto, considerandola come uno dei frutti della Pasqua.  
      Nel vangelo sono descritte molte circostanze nelle quali Gesù stesso chiede ai discepoli di obbedire alla sua parola; insiste, ma lascia a ciascuno la libertà di decidere, mettendo in evidenza i benefici che ne ricava chi ascolta e i danni che subisce chi diventa sordo di fronte a quella Parola. Cito alcuni insegnamenti di Gesù: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli… Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande» (Mt 7,21.24-27).
      «Simone rispose: Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5).
      «Le mie pecore ascoltano la mia voce ed io le conosco ed esse mi seguono» (Gv 10,27).
      «Se osserverete  i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (Gv 15,10).
      «Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando» (Gv 15,14).

L’obbedienza alle istituzioni e alle persone

       Noi conosciamo la volontà di Dio mediante la sua parola e mediante la parola della Chiesa: Concilio, Papa, Vescovi.
      Il Signore chiede l’obbedienza anche nei confronti delle istituzioni, nei confronti delle persone preposte per governarci, guidarci, orientarci nella vita cristiana e nello stato da noi liberamente scelto.
     Pur nella convinzione che la nostra prima obbedienza sia  al Padre, sull’esempio di Gesù Cristo dobbiamo discernere anche la volontà sua che passa attraverso gli uomini, cioè attraverso le autorità costituite.
     Nella riflessione possiamo essere aiutati da alcuni brani della Sacra Scrittura.
      «Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna. I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l'autorità? Fa’ il bene e ne avrai lode, poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. » (Rm 13,1-79).
      «Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l'esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!» (Eb 13,7-8).
      «State sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore: sia al re come sovrano, sia ai governatori come ai suoi inviati per punire i malfattori e premiare i buoni. Perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all'ignoranza degli stolti. Comportatevi come uomini liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servitori di Dio. Onorate tutti, amate i vostri fratelli, temete Dio, onorate il re» (1Pt 2,13-17).
     Gli insegnamenti biblici, nello Statuto, sono così riassunti:
«La Confraternita  è soggetta alla giurisdizione, alla vigilanza ed alla superiore direzione dell’Ordinario del luogo ed è tenuta ad osservare le disposizioni canoniche e pastorali diocesane» (Art. 7).


 Il servizio    

      E’ una delle tre parole che l’Arcivescovo ha affidato alla comunità diocesana  per l’anno pastorale 2016-2017, insieme a commozione e vita quotidiana. Anche per il servizio, propongo il racconto della lavanda dei piedi:
 «Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto …  Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: "Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,1-15). 
      L’autorità, secondo l’insegnamento e l’esempio di Gesù, è principalmente servizio. Non si aspira ad occupare posti più o meno prestigiosi perché, più in alto si va, più è necessario abbassarsi. Chi è confratello, chi è nel Consiglio di amministrazione non deve farsene un vanto, non deve considerare tale condizione come una vetrina per mettersi in mostra, o come un mondano privilegio, ma come una chiamata, una vocazione al servizio nell’umiltà sincera. Anche circa il servizio, nello Statuto si legge:
       «Inserita nella Chiesa diocesana, la Confraternita collabora alla missione evangelizzatrice e apostolica della Chiesa secondo il suo modo proprio: attuando con generosità e disponibilità il Progetto Pastorale Diocesano; investendo il suo dinamismo spirituale nel campo della formazione e  della carità; compiendo opere di misericordia in modo particolare verso i membri anziani, soli, bisognosi o ammalati e verso altri, in una visione cristiana della vita e della morte; attivando iniziative stabili o temporanee per la crescita umana e sociale dei membri e del territorio, promuovendo il volontariato e la solidarietà» (Art. 4).

Conclusione

      Come conclusione, cito l’articolo 5 dello Statuto che sembra sintetizzare l’intera riflessione:
      «La Confraternita si pone in umile servizio per la crescita della Chiesa diocesana  offrendo il contributo della sua singolare presenza e della peculiare operosità  nelle attività pastorali diocesane e parrocchiali e collaborando per l’edificazione del Regno di Dio con l’Ordinario del luogo, con il parroco nel cui territorio insiste la Confraternita, con altre Confraternite, con gli Organismi di partecipazione pastorale a tutti i livelli (parrocchiale, vicariale, diocesano)» (Art. 5).


                                                        Don Alessandro Greco