venerdì 8 maggio 2015

Umberto De Angelis 

Il 1° Maggio oltre ad essere la “Festa dei lavoratori”, è la festa di San Giuseppe Artigiano.

Innumerevoli sono le categorie che lo considerano loro speciale patrono: viene invocato per l'infanzia, gli orfani, la gioventù, le vocazioni sacerdotali, le famiglie cristiane, i profughi, gli esiliati. È speciale patrono degli operai in genere e in particolare dei falegnami e degli artigiani. Si ricorre a lui inoltre per gli ammalati gravi ed in particolare per i moribondi.

Come conosciamo tutti, la Chiesa cattolica ricorda san Giuseppe il 19 marzo con una solennità di precetto a lui intitolata.

Altra festa ancora è quella del Patrocinio di San Giuseppe, che Pio IX estese a tutta la Chiesa nel 1847. La festa, già celebrata a Roma dal 1478, veniva celebrata la terza domenica dopo Pasqua; fu trasferita poi al terzo mercoledì dopo Pasqua, e infine sostituita nel 1956 con la festa di San Giuseppe Artigiano, assegnata al 1 maggio.

L'8 dicembre 1870 Pio IX proclamò San Giuseppe patrono della Chiesa universale, dichiarando esplicitamente la sua superiorità su tutti i santi, seconda solo a quella della Madonna.

Papa Leone XIII scrisse la prima enciclica interamente riguardante il santo: la Quamquam pluries, del 15 agosto 1889.

Nella tradizione popolare il mestiere di San Giuseppe è identificato come quello di falegname.

In Matteo (13,55) la professione di Giuseppe viene nominata quando si dice che Gesù era figlio di un "téktón". Il termine greco téktón è stato interpretato in vari modi. Si tratta un titolo generico che veniva usato per operatori impegnati in attività economiche legate all'edilizia, dunque in senso stretto non doveva appartenere a una famiglia povera, non si limitava ai semplici lavori di un falegname ma esercitava piuttosto un mestiere con del materiale pesante che manteneva la durezza anche durante la lavorazione, per esempio legno o pietra. Accanto alla traduzione - accettata dalla maggior parte dagli studiosi - di téktón come carpentiere, alcuni hanno voluto accostare quella di scalpellino.

Secondo la tradizione del tempo in Palestina, per i figli maschi, anche Gesù da bambino praticò il mestiere del padre. Il primo evangelista ad usare questo titolo è stato Marco che definisce Gesù un téktón in occasione di una visita a Nazaret, osservando che i concittadini ironicamente si chiedono: "Non è costui il téktón, il figlio di Maria?" (Mc 6,3).

Matteo, che probabilmente si trovava a disagio con questo sarcasmo e con questo titolo, riprendeva il racconto di Marco, ma con una curiosa variante: "Non è egli (Gesù) il figlio del téktón?" (Mt 13,55). Come è evidente, qui è Giuseppe ad essere iscritto a questa professione.

Nei tempi antichi, i Padri latini della Chiesa hanno però tradotto il termine greco di téktón con falegname, dimenticando forse che nella Palestina di allora il legno non serviva soltanto per approntare aratri e mobili vari ma veniva usato come vero e necessario materiale per costruire case e qualsiasi edificio. Infatti, oltre ai serramenti in legno, i tetti a terrazza delle case palestinesi erano allestiti con travi connesse tra loro con rami, argilla, fango e terra pressata.

[Informazioni storiche e riferimenti tratti da Cathopedia – Enciclopedia Cattolica]