mercoledì 8 febbraio 2017

Valeria Malknecht

Dedicato

Dedicato a chi ci crede davvero, a chi ha rispetto del proprio scapolare e del cappuccio che cala sul volto.

A chi mantiene l’anonimato dietro a quei due fori così piccoli, attraverso cui si vede e si percepisce davvero l’importanza dell’essenziale.


A chi non ostenta e non vuole ostentare.

A chi fa sacrifici per esserci quel giorno e a chi si sacrifica nel non poter esserci e a rinunciare.

A chi crede nelle tradizioni e le vive con fede, a chi desidera tramandarle perché non muoiano, a chi vuole condividerle e a chi vuol farle proprie.

Dedicato a chi ci pensa tutto l’anno, a chi sente profondamente radicate in sé le radici di questo nostro territorio, di questa nostra città per un verso così amaramente anonima e abbandonata e, per un altro verso, così stranamente identitaria attraverso le proprie tradizioni.

Dedicato a chi, ascoltando una melodia funebre, ne percepisce solo la profonda dolcezza. A chi nazzecando con il cuore, si fa cullare dalla sue note.

A chi freme dall’acerbo desiderio di esserci per la prima volta e a chi è grato per esserci ancora, anche questa volta.

Dedicato ai legami, i più indissolubili ed inspiegabili, che in quei giorni trovano conferma e si rinnovano: all’amicizia, alla fratellanza, all’amore.

Dedicato a quei volti, a quelle lacrime, a quelle mani che si intrecciano e a quelle braccia che si stringono, al di là di qualsiasi barriera: e se si inciampa, poco male, si fa sempre in tempo a rialzarsi.

Dedicato a ciascuno di noi, perché i nostri riti sono dedicati a noi e sono per noi: a chiunque li attenda e li viva, in un milione di modi possibili, con desiderio e passione.