mercoledì 1 febbraio 2017

Antonino Russo

La pittura, insieme alla scultura e alla musica, è una delle meravigliose forme d’arte attraverso le quali la nostra amatissima Vergine viene rappresentata.

Così dopo aver parlato della Pietà di Michelangelo e dell’Ave Maria di Schubert, vorrei illustrarvi un dipinto nato dal genio di Leonardo da Vinci.

La prima versione della Vergine delle Rocce – questo il titolo dell’opera – fu commissionato il 25 aprile 1483 da Bartolomeo Scorione, Priore della Confraternita milanese dell'Immacolata Concezione il quale stipulò con il giovane Leonardo un contratto per una pala (cioè un’opera pittorica) da collocare sull'altare della cappella della Confraternita nella chiesa di San Francesco Grande (oggi distrutta). Per Leonardo era la prima commissione che otteneva a Milano dove si trovava da un anno circa. Il dipinto che ne nasce è un olio su tavola trasportato su tela (199x122 cm), databile al 1483-1486 e conservato nel Musée du Louvre di Parigi.


La richiesta della Confraternita prevedeva un trittico ma non sono noti i motivi per i quali Leonardo cambiò il soggetto della tavola, optando per raffigurare l’incontro tra i piccoli Gesù e Giovanni Battista.

Tralasciando le controversie che nacquero tra Leonardo e la Confraternita rispetto al compenso pattuito e alla scelta dei soggetti rappresentati, vorrei parlarvi della scena che raffigura l'incontro tra il piccolo Gesù e Giovanni Battista (un episodio che non è narrato nei Vangeli canonici ma deriva principalmente dalla Vita di Giovanni secondo Serapione e da episodi tratti da vangeli apocrifi e altri testi devozionali che ne spiegherebbero l’ambientazione).

La scena si svolge infatti in paesaggio roccioso, in cui dominano fiori e piante acquatiche (descritti da Leonardo con le conoscenze di un botanico) mentre da lontano si intravede un corso d'acqua. Al centro della scena Maria allunga la mano destra in segno di protezione verso il piccolo San Giovanni in preghiera che è inginocchiato e rivolto verso Gesù Bambino. Gesù è rappresentato più in basso, a destra, nell’atto di benedire San Giovanni. Dietro di lui si trova un Angelo che guarda direttamente verso lo spettatore con un sorriso enigmatico, e che con la mano destra indica il Battista, rinviando lo sguardo verso il punto di partenza in una moltitudine di linee di forza. La mano sinistra di Maria si protende in avanti come a proteggere il figlio.

Carlo Pedretti, uno dei più importanti storici dell'arte e uno dei maggiori esperti viventi della vita e delle opere di Leonardo Da Vinci, rilevava una serie di elementi inquietanti nella tavola, come la fisionomia ambigua dell'angelo che viene definito "un'arpia".

La seconda versione dell’opera, conservata alla National Gallery di Londra, doveva essere già avviata prima della partenza di Leonardo da Milano (1499) e fu completata in occasione del suo secondo soggiorno milanese, nel 1506. Nella seconda versione la Madonna appare più grande e maestosa, i due bambini sono più riconoscibili e soprattutto è sparito l'inconsueto gesto della mano dell'Angelo. Le aureole e il bastone con la croce del Battista, sarebbero stati aggiunti molti anni più tardi, probabilmente nei primi decenni del XVII secolo.

Si ipotizza che le due versioni della Vergine delle Rocce siano state realizzate per due diversi luoghi e committenti nella stessa città di Milano: la prima per la cappella palatina della chiesa di San Gottardo in Corte e la seconda per la cappella dell'Immacolata nella chiesa di San Francesco Grande.


Il dipinto è ricco di simbologia: la caverna rappresenta l'utero materno, il luogo della rinascita ed il passaggio nell'Aldilà. La roccia rappresenta la missione di Cristo sulla terra, sorgente e bevanda purificatrice dell'anima. La Madonna è ritratta nella sua funzione protettrice di madre. L'angelo indica Giovanni Battista, messaggero della Redenzione che si compirà attraverso il Battesimo e il sacrificio di Cristo.