mercoledì 22 febbraio 2017

Antonio Mandese
Sono le 2 di giovedì, l'abito è pronto e l'emozione a mille, dopo una mattinata lunghissima e travagliata. Siamo in via Giovinazzi, pronti con il cuore che batte e un unico pensiero, essere in grado di indossare nuovamente l'abito di Rito con la stessa agile gestualità di sempre, indossarlo richiede tempo, calma e rappresenta già di per se l'inizio del Rito, il tutto si svolge in un atmosfera di grande raccogliemento fatta di un silenzio ricco di spunti e di riflessioni.


Salire quelle scale verso la segreteria e l'oratorio con la mozzetta in mano vuol dire una sola cosa, che siamo arrivati e presto saremo pronti per uscire. Ci sono un mare di pensieri e sensazioni che si rincorrono in maniera confusa. Quest'anno il freddo si fa sentire e le previsioni di pioggia sono a nostro sfavore, il patto è quello di andare avanti e svolgere il Rito comunque, la pioggia non ci fermerà, piuttosto metteremo i cappelli sotto la mozzetta come indicato dal Priore; ma andremo avanti e questo ci rende felici. Quest' anno è speciale perchè tra qualche tempo accadranno cose importanti nella mia vita, il cammino mi aiuterà e la preghiera mi conforterà. Il freddo e la pioggia sono gli ultimi pensieri.

Indossato l'abito ci ritroviamo in oratorio per il saluto alla Croce e le parole commosse del Priore che avviano ufficialmente i Riti della, tanto attesa, Settimana Santa, l'atmosfera è ovattata, il cappuccio è ancora alzato ma i nostri occhi sono quasi chiusi come se già fosse calato su di essi. Abbiamo ricevuto il bordone e la piccola folla di studenti e confratelli che si è radunata in oratorio si apre per lasciarci passare, ci sono tre poste di città vecchia e tre di città nuova. Siamo schierati su due file gli uni di fronte agli altri, siamo tesi e concentrati, felici, sorridenti, emozionati, i piedi a terra sono la sensazione più vivida e immediata per capire dove siamo e cosa stiamo facendo. La vista della Croce dei Misteri è emozionante, fa tremare le gambe e quasi blocca il respiro. Tutto si svolge molto velocemente poi immediatamente giù in chiesa per l'uscita. Le luci sono spente e il nostro incedere verso il portone è scandito dal tintinnio delle medaglie nella penombra silenziosa di un pomeriggio plumbeo, il cappuccio è stato calato su nostra richiesta prima di entrare in chiesa.

Ci siamo !


La lama di luce penetra dall'apertura del portone si staglia nella navata centrale, e ci fa sentire sui piedi l'aria fredda, in un attimo la prima posta scivola fuori; si percepisce il respiro dell'attesa della gente, la ripetizione di gesti che conosciamo bene ci fa capire che siamo ad un passo dall'uscita all'inizio del nostro cammino. Un passo da quel momento atteso un anno, coccolato e rincorso, poi immediatamente fuori dopo un saluto al Priore, esposti alla luce ed alle nostre emozioni stringendo la corona ed il bordone come unici appigli di aiuto; il nostro pellegrinaggio è cominciato e ritroviamo il passo lento di sempre, il profumo del cotone candido si mescola con la senzazione dell'aria fredda che non passa sotto il cappuccio, la spalla del compagno dà quel saldo equilibro al nostro incendere, ritroviamo inconsapevolmente il passo e quella piazza ci accoglie ancora una volta e, nella nostra storia un nuovo ricordo di emozioni indescrivibili si aggiunge all'esperienza unica di essere confratelli.