venerdì 6 marzo 2015

Luciachiara Palumbo 

Mi ero svegliato con un cielo nerissimo e avevo iniziato a sbuffare.

Speravo che queste nuvole passassero e che un insolito sole potesse nascere. Era tutto pronto, la mozzetta appesa davanti al mio letto mi aveva dato il buongiorno, 

Ogni singola medaglia del rosario era stata accuratamente lucidata, cappello, cappuccio e guanti erano piegati sulla sedia affianco al cellulare che vibrava.

 Era lei che in ansia cercava di essere tranquillizzata proprio da me che avevo motivo di esserlo. Ma nonostante tutto fui io a calmarla e le diedi appuntamento un' ora prima della mia uscita. 

Lì in perfetto orario, al solito angolo, mi aspettava tutta nervosa e guardando in alto si assicurava che non piovesse. Pensai a quanto mi sarebbe piaciuto avere lei al mio fianco con quel ritmo unico che ci contraddistingueva, ma sapevo con certezza che nella mia testa come nella sua saremmo stati noi due la decima posta di città. Mi avvicinai, la baciai e così iniziò a sorridere… del resto al di là della pioggia questa era la mia prima volta con i piedi a terra. 

Lo ricordo ancora quel freddo marmoreo che mi scosse facendo si che un brivido scendesse lungo la schiena. Quando varcai il portone cercai immediatamente i suoi occhi tra la folla di persone che a stento mi permetteva il passaggio.

Ma come li vidi mi rassicurai e fui pronto a percorrere il lungo cammino che mi attendeva. Tutto scorreva velocemente intorno a me, i flash, i bambini che mi toccavano, il vociare della gente non mi distoglievano dai miei pensieri. 

Solo lei era immobile alla mia sinistra e sembrava nazzicasse insieme a me. Questo fu il primo dei momenti in cui nei miei occhi c'erano i suoi e quel cappuccio nascondeva anche il suo volto. Da quei forellini il mondo così piccolo era diventato anche il suo.

 Non ci fu pellegrinaggio in cui la mia emozione non fosse anche la sua.