lunedì 24 febbraio 2014

Luciachiara Palumbo



Piazza gremita di gente, occhi rossi, occhi stanchi e volti assorti... gli ultimi istanti di un cammino lungo, un cammino durato un anno. 
Si è così, la processione dei Misteri non avviene solo per quindici ore, il nostro pellegrinaggio di dolore, di tristezza, di pentimento dura un anno se non una vita
I confratelli sulle note di Jone vorrebbero indietreggiare e non avanzare, nazzicano con una dolcezza tale da cullare quel nostro Gesù non più neonato ma ugualmente dormiente... Un Gesù che non è in una culla ma nel sepolcro, che con i suoi occhi semichiusi infonde in noi tristezza ma nello stesso tempo speranza. 

"Non lasciamoci rubare la speranza", diceva Papa Giovanni Paolo II. Parole che sembrano rivolte alla nostra città così sofferente, una città che si vergogna di esistere ma che si riunisce attorno ai nostri riti. 
Più volte si è detto che Taranto torna alla vita solo durante la Settimana Santa e con ciò ci si è riferiti al punto di vista economico. E' vero, come negare che durante questo periodo siamo circondati da turisti ma perchè non guardare anche alla fede. Io sono sicura che la Pasqua sia la Speranza dei Tarantini, la morte di Cristo e la sua Resurrezione dimostrano come nulla può darsi per vinto. 

Ecco allora la nostra immedesimazione nel dolore comunicato da una marcia funebre o dal volto livido dell'Addolorata. Ripercorriamo in tre giorni il nostro Calvario quotidiano per poter poi gioire davanti alla bellezza di una rinascita nel Signore, nostra salvezza. Sono questi i pensieri che accompagnano i miei ormai stanchi passi una volta arrivata nella piazza. 
Quindici ore di pausa, di interruzione del corso naturale delle cose e degli eventi che riempiono la mia vita. Ore di preghiera e di riflessione ma non nel senso lato dei termini, è il momento del confronto con Dio e del colloquio per tirare le somme dell'anno trascorso. Ecco perchè davanti alla Chiesa quando quasi sto per entrarvi non vorrei mettere fine alla mia pace, alla mia tranquillità, non vorrei staccarmi da Lui, ben consapevole che dovrò aspettare un anno per poterlo affiancare in questa maniera di nuovo. 

E' il rendersi conto che durante la routine quotidiana dedichiamo così poco tempo alla preghiera e al dialogo col Signore. E' il comprendere che proprio questo è il motivo del nostro agire talvolta da egoisti e poco caritatevoli, caritatevoli non di beni materiali ma d'amore verso qualsiasi creatura. Ed allora con le lacrime agli occhi alzo lo sguardo al cielo ed è di nuovo Pasqua...