venerdì 28 febbraio 2014



Giovanni Schinaia
Settimana Santa 2013


Sono le 15 del Giovedì Santo. Il portone della Chiesa del Carmine si apre per lasciare uscire la Prima Posta. È iniziata la “fine” della Settimana Santa. Trascorreranno infatti solamente quaranta ore fino a quando quello stesso portone non si riaprirà per lasciare entrare la processione dei Sacri Misteri. La parte “visibile” della Settimana Santa è tutta lì, poco più di quaranta ore. A cosa assisteranno i fedeli e i curiosi? Otto statue che poggiano ferme sulle forti spalle dei portatori; abiti, bordoni, lumi, arredi tirati a nuovo; ritualità e gesti che vengono dai secoli, ripetuti da giovani e giovanissimi Confratelli; tutto perfetto; un meccanismo senza attriti e senza incertezze.

Ma quando quel portone si aprirà, provi qualcuno a sbirciare nel buio, alle spalle delle austere figure dei perdùne. Scorgerà il viso stanco ma felice, teso ma soddisfatto di un manipolo di giovani Confratelli. Ecco, quello è il vero motore della Settimana Santa tarantina. Se quelle statue saranno in processione, è perché loro si sono preoccupati di rimuoverle dalle nicchie e fissarle sulle basi; se quegli arredi saranno al loro posto, lucidi come nuovi, è perché loro hanno pensato a sistemarli, a pulirli, a metterli in ordine; se i giovani Confratelli alle prime armi, pur combattendo con l’emozione, sapranno ripetere con sicurezza i gesti della tradizione, è perché loro avranno provveduto a istruirli; se la macchina implacabile della burocrazia non avrà creato un pasticcio all’italiana, è perché loro si saranno curati per tempo di riempire e inviare moduli, permessi, autorizzazioni. E se la parte visibile della Settimana Santa si misura in ore, il tempo reale della sua preparazione va invece misurato in mesi e mesi e mesi. Almeno dodici!

È una sapienza antica quella che si può scorgere dietro il portone, alle spalle dei perdùne, declinata col linguaggio di oggi, da generazioni diverse. Proviamo a spulciare fra le vetuste parole dello statuto più antico della nostra Confraternita, che ci è pervenuto, quello del 1777: “... aver pensiero quando si faranno le feste; far parare la Chiesa e preparare quanto vi sarà bisogno alla Festività…, mettere in ordine quanto bisogna per le processioni, conservare e custodire tutti li Paramenti, Abiti de’ Fratelli, argenteria, ed altre robbe…”
Ed è quanto hanno fatto per i 350 anni di vita del Sodalizio, tutti gli economi della Confraternita, economi che oggi si chiamano Peppe Albano, Mattia Casciano, Vittorio Montervino, Domenico Amandonico con Mimmo Di Stefano; e poi ancora: “Scrivere e notare tutte le cose della Congregazione…, notare tutte le conclusioni proposte dal Priore, e concluse a beneficio della Congregazione..”, ed è quanto hanno fatto, uno dopo l’altro, decine e decine di Confratelli che hanno ricoperto l’ufficio di segretario, come oggi Francesco Tamburrini; e ancora “Ammaestrare i novizi…, ordinare a detti novizi che faccino quel tanto spetta all’Ufficio loro”: sono le parole di 250 anni fa che raccontano in modo immutato anche il compito dei maestri dei novizi di oggi, Peppe Carucci e Piero Scalvo con Francesco Pignataro; leggiamo ancora: “… vedere che si faccino come si devono le solite cerimonie delli fratelli”, ed è quanto oggi fanno ancora i nostri cerimonieri Fernando Conte, Luca Palumbo, Antonio Quazzico.

Perché un elenco di nomi? Non è solo per dire grazie a chi, fattivamente, rende possibile la nostra Settimana Santa, molto meglio di chi, come chi scrive, ha quasi il solo compito di mettere indosso, di tanto in tanto, una cravatta e fare rappresentanza. C’è di più. Gli estranei curiosi, credono forse di appagare il loro insano e becero voyerismo quando vogliono conoscere i nomi dei Confratelli benefattori che hanno devoluto le proprie offerte in denaro nel corso delle cosiddette “gare”. 
Ebbene, ecco qui un elenco di altri autentici benefattori, come tutti coloro che li hanno preceduti in quegli onerosi compiti e che, si spera, seguiranno. E sì; perché che si tratti della volgar pecunia – l’unica cosa che sembra stare a cuore di certi osservatori – o che si tratti delle proprie capacità e professionalità, o che ancora si tratti del tempo sottratto ai propri affari ovvero offerto dalle rispettive famiglie, figli, mogli, fidanzate, di qualunque cosa si tratti, la Confraternita, da secoli, si tiene in piedi solo e soltanto grazie a quanto Consorelle e Confratelli hanno donato e doneranno, sempre e comunque, con amore, come un gesto di carità fraterna
Grazie!