lunedì 30 giugno 2014

Claudio Capraro 

Il 29 giugno, si celebra una delle solennità più antiche, inserita nel Santorale romano ancora prima di quella del Natale: la solennità dei Santi Pietro e Paolo.

Le figure dei due Santi, dei due martiri che hanno personificato e continuano a personificare la tradizione della Chiesa, sono ben note. Simone pescatore che con suo fratello Andrea era tra i dodici e al quale il Signore cambia nome definendolo Pietro, da pietra, pietra fondamentale della Chiesa. Prende coscienza della necessità di aprire la chiesa ai pagani, ma deve scontrarsi con i suoi limiti umani, spesso evidenziati anche da Paolo, come quello di mettere su due piani diversi i cristiani di origine ebraica rispetto a quelli di origine pagana, fin quando arrivato a Roma e diventato davvero “pietra angolare” di tutta la cristianità è costretto a pagare con il martirio. Riconosciuto come primo pontefice della chiesa cattolica.

Saulo di Tarso, avversario della cristianità che “folgorato sulla via di Damasco”, cambia il suo nome in Paolo e inizia a compiere viaggi in tutto il mediterraneo per visitare le comunità cristiane. Arrestato e condotto a Roma, in quanto cittadino romano, dalla prigionia scrive lettere alle comunità con le quali era in contatto. Liberato, rimprigionato e infine martirizzato.

Due personalità così importanti le cui solennità sono state unificate in un’unica data, perché come dice S. Agostino: “anche se martirizzati in due date differenti, i due erano una cosa sola; Pietro precedette e Paolo seguì”. 

Nel Vangelo della messa vespertina della vigilia, Gesù per tre volte chiede a Pietro se lo amasse e per tre volte, dopo la risposta affermativa del discepolo, gli affida le sue pecore ed i suoi agnelli da pascere e da pascolare e gli ricorda che se da giovane si vestiva da solo e andava dove voleva, quando sarà vecchio sarà vestito da altri e sarà condotto dove questi vorranno. Nel Vangelo della messa del giorno, invece fondamentale è il fatto che Pietro riconosca in Gesù il Cristo, il figlio del Dio vivente. E Gesù dopo averlo benedetto ed averlo investito del ruolo di pietra fondante della Chiesa, gli affida le chiavi del regno dei Cieli. Entrambi i brani quindi fondamentali per la storia di Pietro e per quella di tutta la Chiesa. 

Nel suo viaggio verso Roma, provenendo da Antiochia, Pietro sbarcò, insieme con San Marco, in Puglia e tra gli altri luoghi toccò la nostra Taranto che quindi può vantare una discendenza petrina nell’origine della propria diocesi. Testimonianza di tutto ciò è custodita nella nostra chiesa del Carmine, in un vano al centro della navata a destra guardando l’altare, dove oltre un’antica immagine dell’apostolo è custodito un tronco di colonna in pietra sulla quale Pietro celebrò messa. Al di sopra della nicchia contente la piccola colonna è presente una lapide apposta nel 1651 con la quale si rammenta che l’Arcivescovo del tempo, Tommaso Caracciolo, fece abbellire la stessa colonna in memoria della celebrazione fatta dal principe degli Apostoli, insieme con Marco Evangelista, e durante la quale fu nominato Amasiano primo Vescovo di Taranto.

Nei secoli successivi diversi successori di Pietro visitarono la nostra città ed in anni più recenti uno di essi, da poche settimane salito agli onori dell’altare, San Giovanni Paolo II poté visitare la nostra chiesa, fermarsi in preghiera su di un inginocchiatoio per poi affacciarsi al balcone e rivolgersi alla città tutta. Spesso si parla della possibilità che l’attuale Pontefice e successore alla Cattedra di Pietro, Francesco, possa far visita alla nostra città. Sarebbe bello se ciò accadesse, ancora di più se potesse avvenire prima della conclusione dell’anno giubilare che lo stesso Papa Francesco ha concesso alla nostra Arciconfraternita e a tutta la comunità del Carmine di Taranto e visitando la nostra chiesa potesse fermarsi qualche istante davanti alla colonna sulla quale pose le mani il primo pontefice, Pietro.