mercoledì 29 ottobre 2014

Claudio Capraro 

L’anno precedente era stato un anno terribile sotto molti punti di vista; il 16 marzo del 1978 fu rapito Aldo Moro e furono trucidati gli agenti della sua scorta. Ognuno di noi, indipendentemente da quanti anni avesse nel 1978, ricorda dove era e cosa faceva quando apprese quella notizia. Chi sui banchi di scuola, chi al lavoro, chi al mercato, ognuno a distanza di anni conserva nitido quel ricordo. Quel 16 di marzo era un giovedì, più esattamente era il giovedì della settimana di passione e quindi la domenica successiva era la domenica delle Palme, l’inizio della nostra settimana Santa.

Le cronache di quei giorni erano piene dei resoconti relativi al rapimento dello statista democristiano, anche nelle pagine locali molti degli articoli riportavano i commenti delle forze cittadine. Venendo a ciò che ci interessa, tra le varie cose degne di nota, leggiamo sempre dalle pagine del Corriere del Giorno un articolo a firma di Riccardo Catacchio che fa una dura requisitoria a proposito delle somme offerte nel corso delle Gare ed una ulteriore relativamente ai criteri di scelta dei cavalieri che reggeranno il laccio di Gesù Morto nel corso della processione dei Misteri. Nei giorni successivi a tale articolo, con una sua lettera risponderà il priore Solito, ma la controreplica di Catacchio dimostrerà scarsa ricettività nei confronti delle tesi del priore.

Ma prima di arrivare al ’79, che sarà un anno importante per i nostri riti per diversi avvenimenti che adesso vedremo, ci sarà sul finire del 1978 un ulteriore fatto che porterà cambiamenti sostanziali, che determinò all’epoca dibattiti a fiumi e che fu indotto probabilmente anche dalla pressione che articoli come quello di Catacchio avevano avuto nei palazzi della Curia tarantina.

Il 7 novembre 1978, dal palazzo Arcivescovile, viene indirizzata una lettera a firma dell’Arcivescovo Monsignor Guglielmo Motolese, destinatari il padre Spirituale ed il priore della Confraternita del Carmine: Mons. Luigi Liuzzi e l’Avv. Cosimo Solito. Per il momento ci soffermiamo sulla prima parte della comunicazione che concerne la settimana Santa, riservando ad un secondo momento la parte successiva riguardante i festeggiamenti della Titolare. Scrive il Vescovo: “Richiamandomi a precedenti verbali, direttive, invito codesta Confraternita ad attuare la disposizione che proibisce l’asta dei Misteri nella chiesa del Carmine. L’asta è per ora tollerata, ma non si può più tollerare che tale manifestazione si svolga in chiesa.”

Diverse cose di evincono da questa missiva: come apprenderemo leggendo i giornali dell’aprile dell’anno successivo una comunicazione di pari argomento dovette riceverla anche l’altra confraternita, quella dell’Addolorata perché anch’essa dovette spostare il luogo della gara. Poi nella lettera si parla di “precedenti direttive” e si invita la Confraternita ad “attuare la disposizione che…” vuol dire che la Curia Arcivescovile si era già espressa affinché la confraternita spostasse l’asta dalla chiesa in altri luoghi, ma che evidentemente la stessa confraternita fino ad allora aveva preso tempo. Ancora, Mons. Motolese scrive che la stessa asta è “per ora tollerata” quindi torniamo ad un ulteriore argomento che si presenta ciclicamente e che riguarda il metodo di aggiudicazione; evidentemente però ogni volta che si è cercato di correggere tale sistema si è sempre arrivati alla conclusione che alla fine, per quanto perfettibile, era ed è il migliore possibile. In ogni modo, passato un primo momento di “sbandamento” quasi la totalità degli iscritti furono concordi sull’opportunità che le gare non si svolgessero più in chiesa ma altrove.

Arriviamo quindi alle cronache dei giorni che vanno dall’otto aprile, domenica delle Palme, sino al 15 giorno di Pasqua di Resurrezione. Che anno era per noi tarantini quel 1979? Cosa scrivevano le cronache, cosa facevamo, come vivevamo? I giornali di quei giorni riportano un appello per il recupero della Cripta del Redentore (uno dei gioielli di questa città) e si chiedono quale sarà il futuro della caserma Rossarol (anni dovranno passare…). Un differente articolo lamenta la scarsa utilizzazione del nuovo ospedale Nord, opera moderna e costata fior di quattrini. Nel frattempo, quella domenica pomeriggio, prima dell’inizio delle gare, al Salinella il Taranto pareggiava 1 a 1 nel derby contro il Lecce. Senza fare pubblicità a nessuno, visto che non ci sono più, cerchiamo di capire come vivevamo facendoci aiutare dagli annunci pubblicitari. Se volevamo acquistare un auto nel 1979 potevamo scegliere tra le concessionarie Stacar per la Fiat oppure la Siai per la Opel. Se volevamo mangiare, potevamo scegliere su corso ai Due Mari tra La Barcaccia, L’Approdo oppure Al Tartufo; a San Vito c’era il Ponto oppure in piazza Ebalia l’Hiding. Le nostre foto su pellicola le portavamo a sviluppare da Cimpincio in via D’Aquino e da Haas, qualche metro più avanti, si andava per acquistare tende o tappeti. E se avessimo voluto acquistare un appartamento? La pubblicità decantava la bellezze di quelli in vendita nel nuovo centro direzionale di via Dante, la Bestat.

Dopo questa divagazione, torniamo a noi. Domenica delle Palme, quindi la gara non si svolge in chiesa, ma come riportato dal Corriere si terrà in un luogo che da quel giorno (salvo qualche pausa) diventerà fondamentale per noi confratelli del Carmine e cioè presso il salone di rappresentanza dell’Amministrazione Provinciale. Sono riportate le norme di accesso al salone riservato ai soli iscritti, muniti di libretto ed in regola con il pagamento delle quote sociali, anche se il giorno successivo si sottolinea come degli estranei al sodalizio avessero creato un po’ di problemi agli addetti alla Confraternita, facendo pressioni per entrare anche non avendone diritto.

Le cronache dei giorni successivi si soffermano sulla pioggia che ha bagnato i confratelli che hanno preso parte al pellegrinaggio ai sepolcri del giovedì santo e come il traffico e la sosta indisciplinata hanno creato problemi allo svolgimento delle manifestazioni; ad esempio la processione del Santissimo che si svolge in piazza Carmine al termine della Messa in Coena Domini ha dovuto zigzagare tra le auto in sosta.

Dopo la prima novità relativa al luogo di svolgimento della gara, nel 1979 c’è un secondo fatto importante da sottolineare che riguarda sempre la processione dei Sacri Misteri. Tutte le statue, fatta eccezione per quella della B. V. Addolorata, prendono parte alla processione dopo il restauro effettuato dal prof. Angelo Capoccia di Lecce. Un lavoro che a detta del cronista, ha suscitato “ampia ammirazione da parte dei tarantini tutti”, così come anche sono stati cambiati i legni delle tre croci presenti in processione: la Croce dei Misteri, il Crocifisso e la Sacra Sindone. Le nuove croci presenteranno il colore naturale del legno invece di essere dipinte in nero come era stato fino all’anno precedente.
Arriviamo al rientro della processione, nella prima mattina di sabato Santo. Lasciamo la parola al cronista: “Ore 5,30 di ieri sabato santo. La processione dei Misteri lascia via Anfiteatro e imbocca via Massari. Il troccolante è cambiato: non è più il giovanissimo Pasquale Caso, ma Oronzo Papalia che fino a quel momento ha portato la Croce dei Misteri. I due si scambiano il simbolo e la processione continua verso piazza Giovanni XXIII. La troccola viene agitata furiosamente; il suo caratteristico rumore si abbatte agghiacciante nella piazza, i balconi si aprono, la gente assonnata si affaccia. Il sole è già alto nel cielo. Il nuovo troccolante pare non abbia alcuna intenzione di rientrare in chiesa. Si blocca e attende l’ultima marcia funebre. Viene eseguita Christus di Marincola. Tutti pensano che al suono di quelle note la processione debba finalmente entrare in chiesa, dopo una notte calma ma gelida. Ma come fanno a stare ancora in piedi? Se lo chiedono i tanti tarantini ed i turisti che affollano (a quell’ora!) la piazza. E i musicanti? Sono letteralmente distrutti. Manca un quarto d’ora alle 6, il sole è abbagliante, qualche rondine comincia a sfrecciare nella piazza. La processione è ferma. Ecco la banda ha finito, ma il troccolante è ancora lì, dietro il portone chiuso del tempio: deve compire un antichissimo rituale. Deve infatti bussare al portone e chiedere di poter entrare con le statue ed i confratelli infreddoliti. Ancora una marcia funebre: il trio di Chopin. Le macchine fotografiche sono tutte pronte per scattare e così le cineprese. Oronzo Papalia, il troccolante, alza la lunga mazza bianca e bussa per due volte al portone che finalmente si spalanca. Entra. E con lui entrano anche il Gonfalone, la Croce dei Misteri, qualche altra statua, sono le 6 e 10. Ogni tanto da via D’Aquino passa qualche bus dell’Amat. Trasporta per lo più operai che si recano al lavoro; i bus rallentano ed i lavoratori si alzano, danno uno sguardo di meraviglia alla piazza, si fanno il segno della Croce. Poi tutte le altre statue, una dietro l’altra, varcano la soglia del tempio del Carmine. Sono le sette meno 10 quando il portone si richiude alle spalle dell’Addolorata”.

A leggere questa cronaca sembrerebbe che quindi il 1979 sia l’anno in cui nacque (anche se l’articolo parla di antichissimo rituale) il gesto della “bussata” da parte del troccolante, ma se invece ci rifacciamo a quanto qualche anno dopo lo stesso Nicola Caputo scrisse, non in veste di giornalista bensì di autore, in una edizione successiva della sua famosa “L’anima incappucciata” leggiamo come invece tale usanza fosse stata introdotta due anni prima, nel 1977 anno di cui abbiamo già scritto. Scrive Caputo: “era il 1977 e quell’anno Papalia reggeva la Croce dei Misteri. Giunto in piazza Carmine chiese al portatore della Troccola, il compianto Raffaele Solito di scambiare con lui il simbolo. Troccola in mano quindi Oronzo Papalia si diresse verso il portone della chiesa (che era al solito spalancato) e pregò il sacrestano di richiuderlo. Cosa che il sacrestano fece, forse senza neppure capire perché. Il troccolante si avvicinò allora all’ingesso, salì lentamente l’unico scalino, alzò con la mano sinistra la mazza e colpì per tre volte il massiccio legno scuro del portone. Il sacrestano, al di là di quel portone, dovette pensare a un troccolante con le traveggole. Alla “bussata” comunque rispose come tutti sono soliti rispondere, aprendo cioè il portone e facendo entrare, al “suono” della troccola, il primo portatore della processione”. In ogni caso, grazie ad una intuizione di “Ronzino” Papalia, nacque uno dei momenti più suggestivi della processione dei Misteri, ma più in generale di tutta la nostra settimana Santa.

Un momento importante per i fedeli, amato da chi ha voglia irrefrenabile di battere le mani e subito dopo scappare via, odiato e amato dai confratelli. Odiato proprio per quegli applausi fuori contesto e nello stesso tempo amato perché i pensieri che tutti insieme si affollano nella mente sia di chi è a piedi nudi che di chi non lo è, sia di chi è sotto le sdanghe che di chi è su un marciapiedi, sono tanti e molteplici. Un momento importante, perché sei consapevole che con quei tre colpi di mazza (nell’articolo si parla di due, nel libro di tre) con i quali il troccolante chiede asilo per se e per il mesto corteo, rappresentano un momento fondamentale per la tua vita, per la tua famiglia, per il tuo essere cristiano. Le lacrime che rigano molti volti, sono solo uno dei molteplici modi in cui si manifestano tali stati d’animo.

Da sottolineare, leggendo l’articolo, lo scorrere cronologico del tempo. La processione che arriva all’angolo tra via Anfiteatro e via Massari alle 5,30; alle 5,45 il troccolante e già in direzione del portone; alle 6,10 sono entrate Troccola, Gonfalone, Croce dei Misteri e “qualche statua” (quindi almeno una e cioè Cristo all’orto); alle 6,50 tutta la processione è rientrata. Altri tempi, altri orari.

Abbiamo accennato alla prima opera da scrittore di Nicola Caputo. Proprio sfogliando il Corriere di quei giorni troviamo la pubblicità de “L’anima incappucciata”. Edito l’anno precedente da una piccola casa editrice (ristampato successivamente più volte da altro editore), presentava a differenza della più nota copertina rossa con al centro la foto di un confratello durante una sosta di riposo, una copertina nera senza alcuna immagine. Prima di una lunga serie di opere dello stesso cronista che scriveva in quegli anni sul Corriere tanto di settimana Santa quanto di altro. 


E proprio grazie a quel primo libro di Caputo, che mai avrebbe immaginato in quegli anni che un giorno sarebbe stato eletto Priore della Confraternita del Carmine, e a tutta una serie di altre iniziative culturali che fiorirono in città che in quel periodo e in tutto il decennio successivo, che si cominciò a sviluppare un interesse, una passione, un amore nei confronti dei nostri riti. Ci fu un avvicinarsi, in particolare di giovani e di chi non per tradizione di famiglia, ma per una esigenza propria, sentiva il bisogno, la voglia, l’interesse di vestire un abito. Un amore, una passione, una comunanza di intenti che da allora non si è mai sopita e che “a Dio piacendo” speriamo non debba mai subire flessioni.