mercoledì 14 maggio 2014



Luciachiara Palumbo


Non la pioggia, non il freddo hanno fermato i nostri riti. Taranto si è svegliata, sorridendo, Giovedì Santo mattina nonostante quei nuvoloni coprissero il cielo. 

Dopo un anno di letargo, la città con un grosso sbadiglio ha iniziato a muoversi. E così passeggiando per le vie del centro si osservavano coloro che collocavano quei fantastici cordoni verdi ai lati, coloro che pulivano le strade e persone, grandi e piccini, intente a guardare le locandine affisse alle vetrine dei negozi. 

Mamma chi sono i perdoni?", una bimba chiedeva alla madre. Nasce spontanea una smorfia di felicità perche si nota come anche i bambini partecipino alle nostre tradizioni e come i genitori si preoccupino di tramandarle. All'ora di pranzo vuoto, silenzio e pace, tre elementi preparatori per il gran fervore che ci sarà dopo. 

Dalle 15, dal rumore del portone della Chiesa del Carmine che si apre, tutto ha inizio. La bellezza della nostra città, le luci dei lampioni nella notte e quel poco di sole, che ogni tanto spunta da qualche nuvola durante il giorno, sono una costante essenziale per la nostra Settimana Santa. 

Non è solo l'enorme teatro che ci ospita a rendere emozionante il tutto ma è anche e soprattutto l'affetto e il calore che i cittadini riservano all'evento e ai turisti, che curiosi vogliono assaporare uno stralcio di storia pugliese, uno stralcio di storia cristiana. I mille colori degli ombrelli assiepati alle transenne, i tantissimi cappucci calati sulla testa per sconfiggere quella crudele pioggia, manifestano che un rito come questo non può essere solo folklore ma anche amore, fede e devozione. 

Una tradizione svuotata del suo senso più profondo non può accogliere così tante persone, non può destare lo spavento e la preoccupazione di tutti nel momento in cui si assiste esterrefatti all'indietreggiare del troccolante sulla soglia della porta… E se il clima ha bloccato molta gente giovedi e venerdì, quando sabato mattina il sole è spuntato in tutto il suo splendore, piazza Carmine era un bagno di folla, che a stento lasciava spazio ai confratelli e consorelle partecipanti alla processione. 

Ma è questo il bello dei nostri riti, essere abbracciati dal chiasso, dal pianto e dalla commozione di una città che implora e supplica quel Gesù morto e quella Mamma Addolorata perché ci sia pace, perché ci sia gioia in un mondo di dolore e sofferenza. E quando così bruscamente ci viene chiuso il portone alle spalle…. non c'è più nulla. Quel silenzio e quel vuoto mostrano una terra a lutto per la morte della Vita e un'attesa per la Resurrezione di un popolo.