martedì 13 ottobre 2015

Valeria Malknecht

Lo scorso 12 settembre il nostro Vescovo ha guidato una folta rappresentanza dei fedeli della Diocesi di Taranto in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, in occasione dell’apertura dell’anno pastorale.

Questo cammino, così come la sua meta, sono stati densi di significato, specie se si considera che a breve avrà inizio l’anno giubilare dedicato alla Misericordia del Padre.
Non a caso il tema centrale dell’omelia tenuta dal nostro “Pastore” è stato proprio quello della Divina Misericordia, cui sono stati collegati gli attualissimi temi della famiglia e della cura del creato.

La riflessione di Monsignor Santoro ha preso le mosse dal Vangelo e, per la precisione, dalla domanda che Gesù rivolge ai propri discepoli “e voi chi dite che io sia?”.
Questo interrogativo è quanto mai attuale, tanto che è lo stesso Vescovo a porre a noi la stessa domanda.

«Allora carissimi fratelli e sorelle venuti qui in pellegrinaggio dalla Madonna delle Grazie e da San Pio: vogliamo seguire noi stessi o Gesù? Il Signore ha bisogno della nostra risposta; ha voluto aver bisogno della nostra risposta. Chi ci salva è LUI? chi ci perdona è Lui. La sua risurrezione vince il tempo e la storia; vince la mia vita. La sua misericordia dura in eterno, non viene mai meno. Il cambiamento della nostra vita è possibile a partire dal riconoscimento di Cristo come il vincitore della storia. E questa è la fede, che è innanzitutto dono di Dio. Ma senza il nostro sì non c’è la fede».

Venendo, poi, al tema centrale della Divina Misericordia, Monsignor Santoro ci ha ricordato il vero significato della parabola del figliol prodigo. Perché la misericordia di Dio si esprime non tanto attraverso il perdono, bensì attraverso la felicità di riabbracciare e ritrovare un figlio che si pensava perduto.

«… Oggi è Pietro, che per il magistero di papa Francesco ci chiede di allargare gli stipiti e alzare i frontali della Chiesa perché la Misericordia di Dio possa correre come nel racconto della parabola del Padre misericordioso, incontro ad ogni uomo che vuole ritornare a Lui. Il termine misericordia conserva una ricchezza di significati che fioriscono man mano in tutta la Scrittura, per descrivere l’amore gratuito e paterno di Dio. 


La misericordia è l’atteggiamento tipico di Dio, che non comporta solo il perdono, ma anche la conoscenza della sua bontà, tenerezza, fedeltà, costanza nella bontà e nell’amore. In alcuni casi misericordia di Dio si può tradurre con la gentilezza di Dio. È nella parabola della misericordia per eccellenza, quella del Figliol Prodigo, che scopriamo l’identikit di Dio. Nell’enciclica Dives in Misericordia di Giovanni Paolo II, documento un po’ dimenticato, che per questo Giubileo è opportuno riprendere in mano così viene descritto il Padre: « Il padre del figliol prodigo è fedele alla sua paternità, fedele a quell’amore che da sempre elargiva al proprio figlio. 

Tale fedeltà si esprime nella parabola non soltanto con la prontezza immediata nell’accoglierlo in casa, quando ritorna dopo aver sperperato il patrimonio: essa si esprime ancor più pienamente con quella gioia, con quella festosità cosi generosa nei confronti del dissipatore dopo il ritorno, che è tale da suscitare l’opposizione e l’invidia del fratello maggiore, il quale non si era mai allontanato dal padre e non ne aveva abbandonato la casa». (Dives in misericordia 6)»

E quella stessa misericordia, prosegue il nostro Vescovo, deve essere da esempio agli uomini che devono praticarla con costanza e gratuità. Deve essere un bisogno del fedele riceverla ma, dall’altra parte, deve essere soprattutto un dono del confessore. Per questo il nostro Vescovo, sul punto, ha fatto riferimento alla missione dei sacerdoti, che devono essere buoni confessori e bravi ascoltatori che non devono risparmiarsi nel praticare il perdono e nel suscitare la gioia del ritorno del figlio fra le braccia del padre.
«Non ci può essere Anno della Misericordia senza bravi confessori, che siano pronti ad ascoltare e gioiscano nel curare le ferite e nel fasciare le piaghe dei cuori spezzati. La Porta santa del Giubileo in realtà è il confessionale, esperienza sacramentale da riscoprire quando non proprio da scoprire, come luogo di gioia, di una nuova partenza, di una nuova vita. È dalla gioia essenziale del confessionale che riprende splendente la propria veste battesimale, e mi auguro che sia dedicato maggior tempo alle confessioni, non importa se a discapito di altre attività pastorali».

Quindi, l’omelia di Monsignor Santoro si è conclusa con l’augurio che gli uomini sappiano custodire le famiglie ed il creato. Quindi la nostra stessa vita, la nostra terra.

«In un mondo complesso come il nostro non dobbiamo temere di annunciare la bellezza della famiglia e aprire per essa spazi di confronto e di dialogo, che accolga sfide e le differenze…la Custodia del creato... L’amore del creato si impara dalle piccole cose, si parte dal rispetto per l’ambiente in cui viviamo. Le indicazioni per quest’anno pastorale ce le suggerisce il Papa ed il vostro vescovo le riprende; sono tre, essenziali e particolarmente impegnative: Misericordia, Famiglia, Custodia del creato. Il filo che le unisce è labbraccio della Misericordia e costituiranno il punto di riferimento di tutte le iniziative pastorali e sociali. Non ve ne venite con altre processioni, santi e reliquie. Al centro delle nostre attenzioni ci siano il Crocifisso, la Madonna della Salute e i poveri.

L’anno del Giubileo sarà caratterizzato da appuntamenti diocesani e vicariali curati da un comitato straordinario. Seguiremo la linea di semplicità ed essenzialità che il papa ha chiesto, senza strafare, punteremo al cuore dell’annuncio della misericordia tenendo presenti le opere di misericordia corporali e spirituali che trovate nel ricordino del nostro pellegrinaggio. Un buon inizio a tutti!».