martedì 18 novembre 2014

Luciachiara Palumbo

Ero in spiaggia con un caldo torrido, sdraiata sul lettino…

Ora ci vorrebbe con un bel libro in mano, una bella bibita fresca, occhiali da sole e la musica dell'altoparlante… Ma no, troppo scontato.

In pieno luglio con gli occhi chiusi e le cuffie nelle orecchie mi lasciavo cullare dalla meravigliosa Elegia. Con le mani come al solito avevo iniziato a dirigere la mia banda ideale e aprendo gli occhi avevo visto i miei ridere a crepapelle.

In effetti se qualcuno mi avesse visto mi avrebbe preso per pazza ma la mia famiglia ormai lo sa non sono folle, sono semplicemente Luciachiara. 

Nella noia di una di quelle giornate di mare che non finiscono mai, dopo aver scritto un articolo per la Titolare, avevo sentito il bisogno di rivivere quei momenti intensi che mi sembravano così tanto distanti. Rivivere poi, cosa che facevo ogni santo giorno nel tragitto per andare al lido, ascoltando la fantastica Christus di Rizzola.

Ormai mamma lo sapeva, era un appuntamento quotidiano a cui non potevamo mancare e aveva finito anche lei col fischiettarla insieme a me. Penso sia uno spettacolo unico guardarmi mentre "vivo" una marcia, soprattutto se è l'ultima che ho citato. 

Inizio ad agitarmi, a parlare a ruota libera, faccio progetti, racconto annedoti e poi all'improvviso, nel momento più intenso, piango. Oh si povera mamma, pensava di essersi salvata nel non avere un figlio maschio e invece peggio di peggio. 
Io e le marce funebri siamo diventati un tutt'uno, non riesco a starne senza. I miei genitori conoscono così il rimedio alle mie paure, alla mia tristezza e a ogni tipo di malessere. Sono diventati complici della mia follia allo stato puro. 

Da cosa lo si può notare? Un semplicissimo esempio. Gli ultimi giorni d'estate ho deciso di fare una bella vacanza in ospedale e quando mi hanno portato al pronto soccorso e tremavo come una foglia per la paura delle analisi del sangue, mamma ha preso il cellulare e ha preparato Jone, la mia preferita. 

Così mentre una zanzara un po' più grande del solito mi tirava il sangue io sorridevo beata vedendo Gesù Morto e l'Addolorata nazzicare davanti a me. 

E non è finita qui… Nella stanza di questo albergo di lusso la signora del letto accanto mi aveva iniziato a chiedere mille informazioni sulla Pasqua tarantina e aveva finito con "Come camminano quegli incappucciati? 

Scesa dal letto, in pigiama e con il mio bordone particolare che terminava con una flebo mi sono messa a nazzicare. Non c'era più l'ospedale, la paura del dolore, la preoccupazione di quello che mi stava accadendo… 

Lì sulla mia spalla c'era la mia bellissima Mamma e io mi stavo facendo largo su via D'Aquino con la gente accalcata ai bordi delle strade… 

Eravamo solo io e Lei, nulla mi faceva più paura