martedì 11 novembre 2014

Umberto De Angelis


L’estate scorsa ho avuto l’opportunità di trascorrere qualche giorno di vacanza a Siviglia e oltre ad ammirare l’imponente Cattedrale, i tanti monumenti e la bella città, ho cercato informazioni dirette da chi vive in città e segue i riti della Semana Santa.

Avevo già letto l’articolo del 30 Gennaio 2014 “I nostri Riti..chi ha influenzato chi..” di Antonello Battista, che ha ben circostanziato l’origine storica e volevo cercare qualche testimonianza diretta.

Molto spesso infatti abbiamo sentito che i nostri Riti della Settimana Santa hanno origine da quelli spagnoli. Concordo con la tesi di Antonello che nella disputa fra diretta derivazione spagnola e completa indipendenza dei nostri riti da quelli iberici, ci possa esser una “terza via” che in un certo senso tiene conto dell’una e dell’altra.
Abito di rito 


Senza scendere in un’approfondita analisi storica, ma solo considerando che dal trattato di pace di Cateau-Cambrésis (2/3 aprile 1559) e fino alla fine della “guerra di successione spagnola” (combattuta dopo la morte di Carlo II di Spagna -1700), che si concluse nel 1713 con il trattato di Pace di Utrecht, nel sud Italia c’era stata la dominazione spagnola, è plausibile che ci sia stata una certa influenza culturale spagnola nei primi Riti tarantini di cui abbiamo memoria storica, se non altro per alcune analogie di simboli e di organizzazione.

La datazione dei primi riti si inquadra proprio nel periodo finale della dominazione spagnola durata più di 150 anni, come si può leggere nell’articolo di Mattia Giorno sulla famiglia Calò - “I Calò la famiglia della donazione” del 31 Marzo 2014: “… bisogna ora far riferimento a Don Diego, fratello del nonno di Francesco Antonio, e reale padre della processione dei Misteri. Forse, (Nicola Caputo, “Il cammino del silenzio”), fu nel 1703, anno in cui giunse a Taranto una terribile carestia, che Don Diego, spinto da animo cattolico, decise di far costruire a Napoli le due statue, convinto che per il tramite della penitenza e della devozione la città si sarebbe potuta riprendere dalla brutta pestilenza. …” La richiesta di costruire due statue probabilmente si deve essere ispirata alla “tradizione” del tempo che prevedeva anche in Spagna nelle processioni pasquali la presenza di due statue: una raffigurante Gesù e l’altra raffigurante la Madonna.

Con gli occhi del confratello ho voluto osservare quali analogie possano essere rimaste dei riti attualmente svolti nella nostra Settimana Santa e nella Semana Santa di Siviglia.

Il mio interlocutore è stato un ristoratore italiano che vive da 25 anni a Siviglia e che segue con attenzione i riti. A parte le sue informazioni, sono andato in una hermandad (confraternita) di Siviglia fra le più importanti, quella della Madonna della Speranza Macarena che ha sede nella Basilica della Macarena ed ha anche un suo museo sui riti della Semana Santa.

La Semana Santa a Siviglia è uno degli appuntamenti religiosi più solenni che vive la città. Questi Riti si svolgono fin dal XII secolo e oggi, in virtù anche di una grande attività pubblicitaria nei circuiti turistici, attraggono più di un milione di persone da ogni parte d’Europa per il “clima” che si vive in città nella settimana e che precede la Pasqua.

Nella Semana Santa ci sono circa 60 confraternite che portano in processione le immagini relative alla Passione di Cristo.

Ogni giorno dalla Domenica delle Palme, statue e raffigurazioni sceniche sacre sfilano in lunghe processioni per le vie della città, partendo dalla chiesa dove ha sede la confraternita (cofradia/hermandad) lungo la Avenida de la Constitucion fino all’arrivo nella Cattedrale di Santa Maria della Sede, la più grande cattedrale gotica al mondo, Patrimonio dell’Umanità UNESCO insieme alla Giralda (il Campanile della Cattedrale).

Ogni processione organizzata da una confraternita porta solitamente due “pasos”, raffigurazioni della Passione di Cristo, uno dedicato a Gesù e l’altro alla Madonna. Questo può essere proprio un riferimento di cui molti parlano e a cui abbiamo accennato, relativo all’inizio dei nostri Riti nelle processioni della famiglia Calò con le statue di Gesù Morto e dell’Addolorata.

La processione è in genere aperta dal labaro della confraternita o dal gonfalone (quello della Macarena è nero con stemma centrale, la tipologia è simile a quella della nostra preocessione). I confratelli vestiti con abito di rito sono chiamati: “nazarenos” e indossano le scarpe, in testa hanno il “capirote” (il cappuccio con la punta alta e dritta) e i “penitentes” che in genere portano le croci (come i nostri crociferi) e sono a piedi nudi. I confratelli, molti dei quali portano grandi ceri, precedono le statue o le scene della passione che poggiano su grandi basi ondeggianti sorrette dai “costaleros” che sostengono a spalla le “andas” (quelle che noi chiamiamo “sdanghe”).
La Madonna del Carmine di Siviglia

 La differenza con le nostre “sdanghe” è data dal numero e dalla posizione; per le nostre statue sono due “sdanghe” e corrono longitudinalmente alla base, mentre le “andas” sono più numerose e sono poste trasversalmente alle grande base. Ogni “costaleros” poggia l’andas dietro il collo e sulla spalla, per proteggersi la parte del collo e della spalla su cui poggia il legno indossa un cappuccio cilindrico calzato in testa, arrotolato alla base per fare spessore e tenuto dietro il collo. 

Per ogni “andas” ci sono fino a 6-8 “costaleros” affiancati e in totale per portare un gruppo scenico pesante ci possono essere anche 36-48 costaleros. Contrariamente ai nostri portatori i “costaleros” si trovano sotto la base e non si vedono, si alternano frequentemente perché i pesi sono rilevanti. La conduzione e l’orientamento del gruppo statuario è regolata dal “capataz” che si trova all’esterno davanti al paso, che impartisce gli ordini a voce o con segnali cadenzati ottenuti mediante dei battenti in metallo posti sulla base. Considerando le storiche influenze spagnole, esiste anche nel nostro dialetto il termine “capataz” a cui è associato il significato di capo o caposquadra.

Questa scenografia in movimento e il corteo sono accompagnati dalla musica delle bande e dei tamburi che scandiscono le processioni, suonando marce molto belle dalla riconoscibilissima melodia spagnola andalusa.

Le processioni si susseguono durante tutta la settimana ma i giorni più intensi sono quelli di Giovedì, Venerdì e Sabato Santo.

Il Venerdì Santo, nella notte dopo il Giovedì alcune tra le confradias più illustri di Siviglia, tra cui la più antica El Silencio, sfilano con veri e propri capolavori dell’antica arte scultoria: le statue della Macarena (il giudizio di Pilato e la Madonna della Macarena), di Jesús del Gran Poder (Ecce Homo che porta la croce), della Esperanza de Triana (terza caduta di Gesù) e il Cristo de Los Gitanos (Gesù in cammino con la croce) attraversano un fiume di persone raccolte nelle strade, munite di ceri, croci e turiboli per bruciare l’incenso.
La preparazione dei Costaleros 


La sera del Venerdì Santo si conclude con la confradias della Hermandad del Cachorro, che porta in spalla il mistero dell’agonia di Cristo sulla croce. Nonostante il corteo di ogni congregazione parta dalla propria chiesa per seguire un percorso prestabilito, tutte devono comunque attraversare un tratto comune la “carrera official”, che inizia in Calle Campana e termina con l’arrivo alla Cattedrale, per poi rientrare alla Chiesa di provenienza, seguendo un itinerario differente da quello dell’andata. Il tutto in un’atmosfera resa ancora più solenne dall’accompagnamento delle “saetas”, motivi flamenchi che la gente canta dai balconi delle case, che scandiscono i riti e rendono omaggio alle immagini sacre.

Il Sabato Santo sono cinque le hermandades che marciano verso la Cattedrale per la benedizione delle immagini sacre. In tutte queste processioni il Cristo è raffigurato morto e la Vergine vestita a lutto. La musica scompare quasi totalmente: il silenzio e il lutto dominano tra strade e piazze al passaggio dei “pasos”. Spiccano le donne con i costumi tradizionali e le voci dei bambini che additano “la Canina”, ovvero “lo scheletro”, un paso realizzato nel XVII secolo che raffigura la morte, appartenente alla Confraternita del Santo Sepolcro (Santo Entierro).

Terminata la sfilata della Canina non ci si deve stupire che la gente s’infili ridente e gioiosa nei locali e nelle friggitorie per assaporare una buona “cerveza de barril” (birra in botte) o un “tinto de verano” (cocktail a base di vino) con “pescaito frito” (frittura di pesce), “pavias de bacalao” (merluzzo fritto), “atun encebollado” (stufato di tonno)”. Tutto ciò avviene nella certezza che ognuno ha che l’indomani ci sarà la Resurrezione.

Quello che rimarcava il mio interlocutore è che oltre alla parte religiosa comunque presente, la Semana Santa è, o è diventata nel tempo, sempre più la partecipazione ad una festa popolare nella quale si può assistere anche a danze, canti, spettacoli improvvisati e intrattenersi nei bar-rosticcerie che restano aperti tutta la notte.

La Domenica di Pasqua l’unica confraternita ad attraversare il profumo d’incenso della carrera oficial è l’Hermandad de la Resurreccion con i “pasos” del Cristo Risorto e della Madonna dell’Aurora, a chiusura della Semana Santa.

Dell’organizzazione dei riti della Semana Santa se ne occupa il Consiglio Generale delle Fratellanze e delle Confraternite, che si incarica di definire in ogni dettaglio le processioni con le autorità pubbliche. I membri del Consiglio sono eletti ogni quattro anni dai Confratelli Anziani delle distinte Fratellanze.
La Macarena 


Durante la visita al museo della Macarena ho potuto vedere come alcuni dei simboli portati in processione sono molto simili a quelli delle nostre processioni come: il labaro, il gonfalone, la croce, le mazze con i fregi in argento. Gli abiti sono ben curati e sono composti essenzialmente da un camice lungo con bottoni (simili a quelli delle nostre mozzette, sopra una mantella lunga (come quella dei cavalieri), con lo stemma della confraternita sul lato ed infine il grande cappuccio, dalla punta alta e tesa, che si allarga sulle spalle e continua anteriormente e posteriormente fino all’altezza del bacino. Nella processione ci sono anche personaggi vestiti da antichi romani muniti di lancia e scudo. Molto imponenti sono i “pasos” e stimando il peso dalle dimensioni, si comprende come sia necessario utilizzare molti portatori. Ricchissima è la collezione dei mantelli lavorati e ricamati in oro, utilizzati per vestire al Madonna, come anche i fanali in oro e argento, i candelabri e tutti gli altri paramenti sacri.

A conclusione della visita ho trovato conferme al mio pensiero, che sicuramente alle origini i Riti possano essere derivati dalla tradizione in uso nel 1700 ispirata a quella spagnola, ma nel tempo i nostri riti si siano completamente distaccati mantenendo predominante l’aspetto di fede, di preghiera e di devozione, che si perpetua nella tradizione, ma che guarda sempre alla Passione di Cristo come momento di rinascita dell’uomo verso la Vera Vita in Comunione con Lui.


FOTO GALLERIA PERSONALE UMBERTO DE ANGELIS