venerdì 14 novembre 2014

Simone Russo 


E’ con questa frase che il nostro padre spirituale don Marco Gerardo teneva desta l’attenzione dei novizi in un giovedì sera di circa due anni fa. 

Rimasi molto colpito da quell’affermazione che diventò immediatamente il fondamento del mio spirito di confratello. Nei giorni successivi, pensavo come spesso l’attenzione della gente ricada maggiormente sui confratelli che si vestono e si incolonnano in processione, trascurando coloro che lavorano allacremente prima, durante e dopo lo svolgimento delle stesse per assicurarsi che tutto vada nel verso giusto.

Non nego che anche io facevo parte di quella categoria di persone, fino a quando un giorno non accadde qualcosa che cambiò la mia visione radicalmente. 

Mancavano pochi giorni alla Domenica delle Palme ed essendo la mia prima Settimana Santa da confratello scalpitavo per la tanto attesa prima volta con “i piedi a terra“ quando ricevo la convocazione ad una riunione con il priore. 

Ero stato chiamato a collaborare con il consiglio durante la processione dei Misteri occupandomi della banda collocata dietro la Sacra Sindone. Apparentemente nulla di speciale, dovevo solo accertarmi che i bandisti non avessero problemi durante il percorso e fare da tramite tra i portatori ed il maestro per le marce da eseguire. 

Al termine della riunione il priore si congedò dicendo a tutti :“Quella spilla che portate in petto, non vuol dire che siete diventati importanti a discapito di altri, ma vuol dire che siete investiti di un compito importantissimo ovvero essere al servizio della Confraternita”, riprendendo ciò che aveva detto don Marco sullo spirito di servizio disinteressato durante quell’incontro di noviziato. 

Dopo il pellegrinaggio tra i vicoli della città vecchia in un Giovedì Santo insolitamente freddo e piovoso, cominciò questa seconda esperienza totalmente diversa. Una notte difficile e faticosa, ma alla fine della quale mi sentivo felicissimo e soddisfatto per come ero riuscito a gestire la situazione per quello che mi competeva. 
La stanchezza mascherava un po’ l’emozione, detti il via al maestro per l’ultima marcia, lo salutai augurandogli buona Pasqua e seguendo la Sacra Sindone rientrai in Chiesa per un meritato riposo accompagnato dalle ultime note di “A Domenico Lemma”.

Quest’anno ho potuto capire veramente come è difficile organizzare la nostra Processione, quanto lavoro c’è dietro quel corteo penitenziale così amato da tutta la città e quanto sia importante l’esistenza di persone che credono fermamente nel valore del “…Servire la Confraternita e non servirsi di Essa…” perché è soprattutto grazie a loro che possiamo portare avanti la tradizione con l’ordine ed il decoro che da sempre ci contraddistingue e che per sempre ci contraddistinguerà.