mercoledì 8 aprile 2015

Luciachiara Palumbo 

Si pensa che una donna non possa provare le emozioni dei confratelli e non sappia cosa si nasconde sotto quel cappuccio bianco. 

Forse anche io in fondo ne ero convinta nonostante provassi, chiudendo gli occhi, a immaginare i sentimenti che animano tutti voi che partecipate come protagonisti allo spettacolo di fede più bello che esista. Ma l'immaginazione è divenuta realtà in una settimana santa come questa, in una settimana santa che a tutti noi indistintamente ci ha donato un qualcosa che sicuramente ci ha spinto a riflettere sempre di più sull'amore di Quell'uomo che nell'antico borgo oscillava salutando la sua vecchia casa.

Un vortice di emozioni quindi, un surplus di brividi che si nascondevano nella mia anima incappucciata. Anche io avevo il mio compagno fedele, anche noi siamo stati una posta, una semplice posta di tutti i nostri riti. Stanchi, distrutti, doloranti e con gli occhi che si chiudevano abbiamo percorso le vie di Cristo e lo abbiamo accompagnato finchè abbiamo potuto non lasciandolo mai solo. Ci teneva svegli la voglia di amarlo, la voglia costante di continuare a vedere quel sangue che fioccava sotto la corona di spine, la voglia di arrivare alla fine per conficcare i nostri occhi nel suo sguardo e dire "Ci vediamo l'anno prossimo".

Le nostre mani strette sulla mano ruvida della cascata e gli sguardi rivolti in alto per cercare i suoi occhi instauravano un legame sempre nuovo tra il Suo immutato amore per noi ed il nostro. Come potevano allora le lacrime non scivolare sulle guance mentre la bellissima Mamma rivestita di antico si faceva strada tra la folla e pareva piegarsi per toccare il velo del suo Diletto esanime. Eravamo stesi ai suoi piedi, imploravamo perdono per quest'anno passato tra ansie e dolori, per quest'anno in cui le nuove emozioni avevano scavalcato quel bellissimo silenzio di preghiera e di dialogo con Dio che ci rende forti, coraggiosi, felici. 

Nascosti nella calca abbiamo nazzicato, abbiamo retto il ritmo dei passi di Gesù e solo così abbiamo fatto scivolare il sonno via dai nostri occhi arrossati. Solo all'ultimo, alle sei di mattina di sabato quando ho capito che per quest'anno non potevo dare di più sono rientrata in casa ma non volevo lasciare il mio compagno da solo mentre vedeva andare via la nostra prima settimana santa insieme. Ed allora ci siamo accontentati di un divano e di studio cento. 

Il troppo freddo preso mi aveva stremato e sentivo il corpo stanco, terribilmente stanco. Le ultime note erano soffocate dai nostri singhiozzi e le mani strette fortissimo hanno ascoltato quei tre colpi che hanno aperto una pagina di dolore e tristezza. 

Ho racimolato le forze e mi sono alzata in piedi, mi sono affiancata alla sua spalla e gli ho detto "l'ultima marcia insieme". Sullo sfondo di A Domenico Lemma anche noi siamo rientrati col cuore in Chiesa e negli schemi della normalità. Quegli ultimi suoni hanno accompagnato l'abbraccio finale che caratterizza tutti i confratelli al termine della processione. 

Nelle braccia strette vi erano i ricordi dei quaranta giorni di attesa che hanno reso la Quaresima particolarmente bella e vi erano le prospettive per l'anno che verrà molto probabilmente ancora più intenso emotivamente… 

Quando poi le braccia si sono staccate è bastato un semplice sguardo per capire che il conto alla rovescia era iniziato…