Lo scorso 22 marzo, Va Domenica di Quaresima, Dominica Prima in Passione Domini, nella nostra chiesa sono state svelate e benedette due nuove lapidi commemorative, entrambe legate alle celebrazioni giubilari del 250mo anniversario della donazione delle statue di Gesù Morto e dell’Addolorata, dalla famiglia Calò al nostro sodalizio.
La prima lapide si trova al di sopra del sacello dedicato alla Vergine Addolorata. Il testo è il seguente:
XXI MAIUS MMXIV
AD LIMINA BEATI PETRI APOSTOLI IN VATICANO
SVMMVS ROMANVS PONTIFEX F.R.
FRANCISCVS P.P.
SACRVM SIMVLACRVM
DEIPARAE VIRGINIS PERDOLENTIS
IN ANNO JVBILAEO CCL AB CONFRATERNITATE EO DONATA
A N.H. FRANCISCO ANTONIO CALO’,
MORE CANONICO
CORONAVIT AC VENERAVIT.
A.P.R.M. SODALES POSVERUNT
Questa la traduzione:
Il 21 maggio 2014
Presso le dimore di San Pietro in Vaticano
Il Sommo Pontefice felicemente regnante
Francesco P.P.
Incoronò canonicamente e venerò
La sacra immagine
Della Beatissima Vergine Addolorata
Nell’Anno giubilare 250mo dalla donazione alla Confraternita
Da parte di don Francesco Antonio Calò.
A perpetuo ricordo
I Confratelli posero
La seconda lapide si trova esattamente di fronte alla prima, sulla parete opposta della navata. Questo il testo:
N.H. FRANCISCVS ANTONIVS CALO’
IV APRILIS MDCCLXV
IESV MORTVI DEIPARAEQVE VIRGINIS PERDOLENTIS
ILLIS IPSIS SIMVLACRIS PARATIS
A N.H. DIDACO PATRVO SVO MAGNO
HANC CONFRATERNITATEM
VIRGINIS CARMELI COLLATAM DONAVIT
ANNO IVBILAEO CCL AB DONATIONE
AD PERPETVAM REI MEMORIAM,
PHILIPPO SANTORO ANTISTITE
MARCO GAERARDO CORRECTORE
ET ANTONELLO PAPALIA PRIORE,
SODALES POSVERVNT
IV APRILIS MMXV
La traduzione è la seguente:
Don Francesco Antonio Calò
Il 4 aprile del 1765
Donò quegli stessi simulacri
di Gesù Morto e della Beatissima Vergine Addolorata
fatti realizzare
da don Diego, fratello di suo nonno
a questa Confraternita
consacrata alla Madonna del Carmine
Nell’anno giubilare 250mo dalla donazione
a perpetuo ricordo
Quando Flippo Santoro era Vescovo
Marco Gerardo era Padre Spirituale
E Antonello Papalia era Priore
i Confratelli posero
4 APRILE 2015
Le lapidi sono state realizzate in marmo bianco di Carrara; la scritta è scolpita ed è colorata di “rosso cardinale”.
Latino o volgare
In fase di progettazione si è dovuto anzitutto scegliere se proporre un testo in lingua latina o in volgare. Nella scelta non è stato possibile utilizzare il criterio dell’uniformità rispetto alle altre lapidi presenti nella nostra chiesa: nel corso degli anni infatti, gli amministratori che nel tempo si sono succeduti hanno operato scelte diverse. E così, per esempio, la grande lapide commemorativa dedicata al padre spirituale mons. Raffaele Rossi, in seguito vescovo di Acerenza e Matera, è scritta in latino; la piccola lapide dedicata invece al Santo papa Giovanni Paolo II che la sera del 28 ottobre 1989 sostò in preghiera nella nostra chiesa, è scritta in volgare. Per le lapidi del nostro Giubileo è stata scelta la lingua latina per il carattere immobile ed eternante che una lingua come il latino ha, per il fatto di essere sottratta all’uso quotidiano, e quindi non suscettibile di slittamenti semantici o di registri espressivi. Un testo in italiano, col passare degli anni, sarebbe stato esposto al rischio di fraintendimenti, tanto lessicali quanto retorici. Del resto è il motivo per il quale, per 19 secoli, la Chiesa occidentale, per la liturgia, per l’insegnamento teologico e, non in ultimo, per la memoria, ha costantemente utilizzato la lingua latina, nei registri medio e sublime, riservando alla sola omiletica, alla catechesi e alla missio ad gentes, l’uso delle lingue vernacole.
La redazione del testo
Per la realizzazione di entrambe le lapidi, sono state esaminate diverse bozze di testo. Entrambe rispettano i canoni stilistici e le consuetudini linguistiche delle lapidi poste in edifici di culto. E così per indicare il sagrato della Basilica di San Pietro, dove si è svolta l’udienza generale nel corso della quale Papa Francesco ha coronato la nostra Addolorata, è stato utilizzato il termine LIMEN. Ma si tratta dello stesso termine utilizzato tradizionalmente per indicare più in generale la “casa” del Papa, posta sulla Tomba dell’Apostolo Pietro. L’espressione “ad limina” identifica infatti la visita che ogni cinque anni i Vescovi di tutto il mondo devono rendere al Papa, nella di lui casa.
Come in tutte le lapidi romane, il nome del sovrano Pontefice è seguito dalla doppia “P”, variamente interpretata dagli esperti di epigrafia cristiana, come “Pater Patruum” o “Primus Pontifex”, rispettivamente Padre di tutti i Vescovi, e Pontefice Massimo.
Da notare inoltre i due aggettivi che, quasi in un iperbato, accompagnano il sostantivo Virgo: Deipara e Perdolens. Il primo indica il carattere divino della singolarissima santità di Maria. Si sarebbe semplicemente potuto scrivere “Beatissima” o “Sancta”. L’uso di “Deipara” però, è una evidente citazione di un’altra lapide: quella posta sulla facciata della nostra chiesa che ricorda la costruzione della stessa facciata nel 1937.
DEIPARAE VIRGINI
SUB TITVLO CARMELI
EIVSDEM CONFRATERNITAS
PIETATIS CAVSA
MAIORVMQUE VOTA EXPLENS
A.D. MCMXXXVII
(Dedicato alla Beatissima Vergine/ sotto il titolo del Carmelo/ la Confraternita col medesimo titolo/ per devozione/ e adempiendo i desideri degli antenati/ nell'anno del Signore 1937)
Il secondo aggettivo è “Perdolens”, tradotto in “Addolorata”. Nella primitiva bozza era stato utilizzato l’aggettivo “Dolorosa”, familiare un po’ a tutti i devoti dell’Addolorata per il suo utilizzo massivo nelle pie pratiche e nella liturgia in lingua latina, a partire almeno dalla famosa sequenza “Stabat Mater Dolorosa”, datata al XIII secolo e attribuita, anche se non univocamente, al Beato Jacopone da Todi. Si è infine optato per l’uso dell’aggettivo “Perdolens” su indicazione del Padre Spirituale il quale ha opportunamente fatto notare come nella bolla di concessione del nostro Anno Giubilare, il competente ufficio delle Penitenzieria Apostolica indica l’Addolorata con l’espressione “Maria Perdolens”. È risultato quanto mai opportuno quindi, anche in questo caso, optare per una citazione.
La redazione del testo della seconda lapide è stata notevolmente più laboriosa. La prima bozza presentava una fedele traduzione in latino di un passo del testo della donazione delle due statue redatto a suo tempo dal notaio: era il punto in cui si specificavano i motivi per cui don Francescantonio Calò aveva deciso di donare le statue, e con esse l’onore e l’onere di organizzare la processione del Venerdì Santo, alla nostra Confraternita. Bello… ma decisamente troppo lungo per una lapide commemorativa, indipendentemente dalla disponibilità di spazio! Il testo è stato quindi ridimensionato, avendo però cura di lasciare almeno il nome di “Didaco” – Diego Calò – il nobile, d’animo e di giustizia, al quale si deve l’inizio stesso della nostra processione, con la realizzazione dei due simulacri.
La datazione
Chiunque si trovi a comporre oggi un testo in latino, e si trovi a dover indicare in esso una data, deve scegliere fra la datazione di tipo moderno – giorno, mese, anno – e quella tradizionale– Kalendae, idi, nonae, etc. – in uso presso i Romani.
Nella seconda ipotesi nel date delle nostre lapidi sarebbero risultate scritte rispettivamente nel modo seguente:
- A.D. XII. KAL. IVN., cioè 12 giorni prima delle “calende di giugno”, quindi 21 maggio
- PRIDIE NONAS APRILES, cioè il giorno prima delle “none” di aprile, quindi 4 aprile.
Si è infine preferita la datazione nella forma “moderna”… che poi tanto moderna non è. Da uno studio comparativo, risulta infatti che nei contesti religiosi, sia letterari sia epigrafici, a partire dal 1582 si registra la preferenza a datare, anche in lingua latina, non più col metodo romano, ma col sistema al quale ancora oggi siamo abituati: giorno, mese, anno. Il 1582 è l’anno in cui papa Gregorio XIII, con la bolla “inter gravissimas” introduceva la riforma del calendario di Giulio Cesare, col “recupero” dei dieci giorni indebitamente accumulati nei secoli, e non rispondenti al calendario astronomico. Si passò quell’anno dal 4 ottobre al 15 ottobre, riportando l’armonia fra i cicli stagionali e il computo del calendario; quella riforma, col nome di “Calendario gregoriano”, è tutt’ora in vigore nella maggior parte dei paesi del mondo, non solo di tradizione cattolica. L’utilizzo quindi, per le nostre lapidi, della datazione con la numerazione romana, avrebbe rischiato di apparire come un inutile esercizio di culturismo classicista.
Nel rispetto dei canoni epigrafici, tanto pagani quanto cristiani, all’anno numerico – 2015 – si accompagnano i tre ablativi assoluti con i nomi delle persone che ricoprono le cariche di riferimento istituzionale in quello stesso anno: quello dell’Arcivescovo – “Antistes” è il termine utilizzato nella liturgia in latino – Filippo Santoro, del Padre Spirituale – “Corrector” è il termine utilizzato tradizionalmente nei documenti in latino – Marco Gerardo, del Priore Antonello Papalia.