lunedì 10 marzo 2014

Antonino Russo

Tra i simboli della processione del Venerdì Santo, il “Cristo all’orto” raffigura l’episodio del Vangelo di Luca (22, 43-44), unica testimonianza dell’agonia di Gesù al Getsemani:
“Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra”
Partendo da questa immagine ci spostiamo a quella dell’articolo scritto a Febbraio del 1990 da Emanuele G. Vozza.



GLI ANGELI RAPPRESENTANO “LA VIA CRUCIS” DEL SIGNORE


Camminando per Roma, vicino al Vaticano, ad un tratto si scorge Castel S. Angelo, quindi sul torrione di esso si distingue un Angelo, anzi un Arcangelo, da cui viene la denominazione, in seguito, sia del mausoleo che del ponte, che congiunge le due rive del Tevere.

Secondo una leggenda, un Angelo apparve in questo punto, nell’atto di ringuainare la spada della giustizia, sulla sommità del Castello, nel 590 a papa Gregorio Magno durante una solenne processione. Così, all’apparizione dell’Angelo coincise, poco tempo dopo, con la fine di una spaventosa pestilenza, che allora gravava violentemente su Roma e causava fatalmente tante e tante vittime.

Tuttavia, non è l’Angelo di Castel S. Angelo che si vuole ricordare ma gli Angeli di Ponte Sant’Angelo, sembrano quasi testimoniare a tutti gli uomini, che passano per questa strada “la via Crucis” del Signore.

Così, Giulio Rospigliosi, che fu elevato al soglio pontificio il 20 giugno 1667 con il nome di Clemente XI, fu colto dal desiderio di offrire a Roma, in forma imperitura, la più sacra rappresentazione storica della cristianità.

Allora, l’arista a cui fu demandato l’incarico di realizzare in marmo questa impresa meravigliosa, fu il più grande dell’epoca, Gian Lorenzo Bernini, anche se lo stesso Clemente IX fu a lui vicino, sempre prodigo in quanto a preziosi consigli.

Dunque, la scena si svolge sulle spallette del Ponte S. Angelo, che andrebbe forse più propriamente chiamato il Ponte degli Angeli, con scrupolosa fedeltà al racconto del Vangelo. 
In esse, sui basamenti si vedono i versi, che ricordano le parole profetiche riferite dall’Antico Testamento, mentre al di sopra di essi si levano gli Angeli, che mostrano con gli emblemi evidenti “la via Crucis” del Signore nei suoi momenti cruciali.

Quindi in questa opera meravigliosa di Gian Lorenzo Bernini, gli Angeli diventano quasi degli interpreti splendidi e stupendi, nella rappresentazione della tragedia, che ricordano quotidianamente a tutti gli uomini.
Però la morte improvvisamente colse Clemente IX il 9 Dicembre 1669 senza che potesse vedere realizzato il suo desiderio tanto ambito: ma il suo successore, Clemente X, che portò a compimento il ponte S. Angelo, provvide che rimanesse a sua memoria con una iscrizione evocatrice sopra lo stemma del precedente pontefice.
Dunque, la più sacra rappresentazione storica della cristianità si distende oggi, quasi come una preghiera silenziosa verso il Signore, a distanza di oltre tre secoli, più che mai fulgidamente sotto il cielo terso di Roma.

Dall’ingresso di Ponte S. Angelo, si guardano le due statue dei principi della Chiesa, S. Pietro e S. Paolo, poi con andamento alternato nel percorso, tra destra e sinistra, si scorgono le statue degli Angeli, che sembrano quasi testimoniare “la via Crucis” del Signore.

Quindi, il primo Angelo innalza la colonna della flagellazione, “Tronus meus in columna”, il secondo Angelo considera le corde del flagrum “Flagella paratus sum”, il terzo Angelo conserva la corona di spine, ““In aerumna mea dum configitur spina”.
Poi il quarto Angelo spiega il velo della Veronica, “Respice faciem Christi tui”, il quinto Angelo guarda i dadi da gioco, “Super vestem meam miserunt sortem”.
Poi, il sesto Angelo ricorda i chiodi della crocifissione, “Aspiciant ad me quem confixerunt”, il settimo Angelo contempla il titolo con l’iscrizione I.N.R.I., “Regnavit a ligno Deus”, l’ottavo Angelo rievoca la croce della Redenzione, “Cuius principatus super humerum eius”.
Poi il nono Angelo mostra la canna con la spugna, “Potaverunt me aceto”, il decimo Angelo rialza la lancia con la punta, “Vulnerasti cor meum”.


Allora, le umane creature alate appaiono, splendide e stupende, di una beltade quasi celestiale, con le ricercate vesti sconvolte dalla tempesta della più grande tragedia di ogni luogo e di ogni tempo.
Però, sembrano forse pensare e ricordare e pregare, così da indurre tutti gli uomini che passano per questa strada, anche solamente ad un istante di meditazione.
“Oh! Voi tutti che passate per la via, fermatevi , guardate e considerate se vi è un dolore simile al mio” (Lam. 1,12) 
Emanuele G. Vozza