Antonino Russo
Il Martirologio Romano riporta la celebrazione della Beata Elisabetta della Trinità al 9 novembre. Viene invece onorata come memoria dall'Ordine Carmelitano Scalzo l’8 novembre.
La bibliografia riferita a questa beata è davvero corposa: parliamo di una contemporanea di quell’altra grande colonna dell’ascesi carmelitana che fu santa Teresa del Bambino Gesù di Lisieux.
Elisabetta Catez (o Sabeth come la chiamavano gli amici) nacque nel campo militare di Avor a Bourges (Francia) il 18 luglio 1880, poi trasferita con la famiglia prima ad Auxonne e poi a Digione, dove nell’ottobre 1887 rimase orfana del papà.
Dovette “vincersi per amore” ovvero fu attirata da Cristo a cominciare dalla Prima Comunione: “senza attendere mi legai a Lui con il voto di verginità; non ci dicemmo nulla, ma ci donammo l’uno all’altra in un amore tanto forte, che la risoluzione d’essere tutta sua divenne per me ancor più definitiva”.
Sentì risuonare nel suo spirito la parola ‘Carmelo’ per cui non ebbe altro pensiero che ritirarsi in tale sacra struttura. Trovò una forte opposizione nella madre, la quale rimasta vedova così giovane, aveva riposto nella figlia e nelle sue capacità musicali (aveva ricevuto dei premi eccellendo nel suonare il pianoforte), di avere un aiuto nella vita, pertanto si dimostrò contraria alla vocazione di Elisabetta proibendole di frequentare il Carmelo di Digione, anzi proponendogli – senza successo - il matrimonio con un buon giovane.
Il 2 agosto 1901 Elisabetta entrò nel Carmelo di Digione e l’8 dicembre ne vestì l’abito, dopo un fervoroso anno di noviziato, l’11 gennaio 1903 pronunciò i voti, prendendo il nome di Elisabetta della Trinità.
Si preparò così alla vita monastica, insegnando il catechismo ai piccoli della parrocchia, soccorrendo i poveri più abbandonati, in comunione stretta con la Trinità e con la Madonna.
Colpita dal morbo di Addison, Suor Elisabetta della Trinità accettava tutto con il sorriso e l’abbandono alla volontà di Dio: “Poiché mi è quasi impossibile impormi altre sofferenze, devo pure persuadermi che la sofferenza fisica e corporale non è che un mezzo, prezioso del resto, per arrivare alla mortificazione interiore e al pieno distacco da sé stessi. Aiutami Gesù, mia vita, mio amore, mio Sposo”.
Nonostante le sofferenze parlava comunque di gioia. Il 1° novembre 1906 parve giunta l’ultima ora: “Tutto passa! Alla sera della vita resta solo l’amore. Bisogna fare tutto per amore…”, poi per nove giorni si prostrò in uno stato precomatoso; in un ritornare momentaneo della coscienza, fu udita mormorare: “Vado alla luce, all’amore, alla vita”. Morì il mattino del 9 novembre 1906, a soli 26 anni.
Come s. Teresa del Bambino Gesù anche Elisabetta della Trinità fu una grande mistica, che seppe penetrare in intima comunione con i suoi “TRE” come Elisabetta si esprimeva familiarmente parlando della SS. Trinità, perno della sua vita carmelitana.
Papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata il 25 novembre 1984.
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Autore: Antonino Russo
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mercoledì 18 novembre 2015