lunedì 21 dicembre 2015

Valeria Malknecht

“…Apritemi le porte della giustizia, entreremo a rendere grazie al Signore. È questa la porta del Signore: per essa entriamo per ottenere misericordia e perdono…”

Lo scorso 12 dicembre anche la Diocesi di Taranto ha dato ufficialmente il via al proprio anno giubilare straordinario, fortemente desiderato da Papa Francesco e dedicato alla Misericordia del Padre.
Mons. Filippo Santoro, proprio come ha fatto il Papa qualche giorno prima in San Pietro, ha aperto i battenti della nostra Porta Santa, affidando ancora una volta al Signore la città di Taranto ed il suo popolo ed invocando su tutti i fedeli il dono del perdono del Padre.
La cattedrale dedicata a Maria S.S. Assunta, ma conosciuta ed amata da tutti i Tarantini come Cattedrale di San Cataldo, patrono della città, ha accolto il suo popolo penitente ed ha spalancato a lui la porta della salvezza proprio come un padre apre le proprie braccia quando scorge il proprio figlio che ritorna.

Il Giubileo nasce dalla tradizione ebraica come l’anno del riposo della terra.
Ogni 50 anni, il suono del corno di un ariete, annunciava al mondo che tutto doveva fermarsi, perfino le guerre.
Invero, la storia cristiana ci dice che il significato del Giubileo è collegato al messaggio dell’Indulgenza.
Tutti i pellegrini che avessero visitato e pregato con animo penitente nella basilica di San Pietro in Roma, avrebbero ottenuto il perdono dei peccati.
Inizialmente quest’anno santo in cui poteva ottenersi l’indulgenza Plenaria cadeva ogni 100 anni, per poi essere ridotto fino ai giorni nostri ad un intervallo temporale di 25 anni.
Al di là del rispetto di questa scadenza, per così dire “ordinaria”, molti papi (come appunto quello attuale),hanno anche indetto anni santi “straordinari”, ognuno con un proprio tema e messaggio.
Pio XI indisse il Giubileo straordinario della Redenzione nel 1933,  sottolineando l’importanza della pace.
L’amato Papa San Giovanni Paolo II, invece, istituì un anno santo straordinario nel 1983, in occasione del 1950° anniversario dalla morte e resurrezione di Gesù: fu il Giubileo dedicato alla Redenzione.


E veniamo ai giorni nostri, quando lo scorso 13 marzo 2015 Papa Francesco annunziò che l’8 dicembre 2015  - a 50 anni dalla fine del Concilio Vaticano II - avrebbe avuto inizio l’anno santo straordinario dedicato alla Misericordia e che si concluderà il prossimo 20 novembre 2016.

Il significato di questo Giubileo va oltre il messaggio del “semplice” perdono.
In questo anno santo Papa Francesco chiede all’uomo di riconoscersi debole e fragile agli occhi del Padre, di chiedere il perdono e di praticarlo a propria volta verso gli altri.
Ma esorta anche a dimostrare la bellezza della Misericorsia con le opere, iniziando proprio dalle periferie, intese sia come “zone marginali, abbandonate”, che come “cuori ed anime soli”. Le così dette periferie esistenziali.
Ed è proprio Papa Francesco a darci l’esempio.
Non è un caso che la prima porta Santa di questo Giubileo della Misericordia sia stata aperta in un paesino dell’Africa. Una periferia, appunto, del mondo.
Il messaggio della Misericordia parte dall’apertura di una semplice porta di legno, in mezzo ad un popolo che vive di niente ma che all’ingresso del Papa sorride, canta e fa festa.

Anche nella nostra Diocesi, l’apertura della Porta Santa deve essere il segno di una misericordia chiesta ed ottenuta sì con il cuore, ma che sia anche praticata con le opere.
Durante l’omelia, infatti, il Vescovo Filippo ha ricordato di aver deciso di destinare all’accoglienza dei migranti il monastero Gesù Sacerdote delle Carmelitane Scalze, edificio vicino al seminario di Poggio Galeso.
Così come l’arcidiocesi, resta impegnata nella costruzione della Casa dell’Accoglienza di Palazzo Santacroce, alle spalle del Duomo.

Anche Taranto, dunque, accoglie e mette in pratica il  messaggio del Santo Padre.
Donarsi e donare. Chiedere perdono e perdonare.
Con gioia.
La stessa gioia d’animo che si prova quando ci si riconcilia con il proprio padre, il proprio compagno, il proprio fratello ed il proprio amico.
Lo stesso sentimento di pienezza che si prova quando si dona qualcosa di sé agli altri: un sorriso, il proprio tempo, il proprio servizio, il proprio pasto, il proprio vestito.